La sentenza per la morte della giovane Provvidenza Grassi coinciderà col sesto anniversario del ritrovamento. Procura invoca 9 assoluzioni
Sarà emessa a sei anni esatti dal ritrovamento dei resti del suo corpo la sentenza per la morte di Provvidenza Grassi, per tutti Provvy, scomparsa da casa nel luglio 2013 e rintracciata cadavere sei mesi dopo, sotto il viadotto Bordonaro.
A costargli la vita, stabilì l’inchiesta, un tragico incidente stradale. Sotto accusa 12 tra tecnici e vertici del Cas. Il giorno del verdetto è stato fissato per il 23 gennaio prossimo, e proprio la notte tra il 22 e il 23 gennaio 2014 i carabinieri individuarono la sua Fiat 600, ai piedi di un pilone dell’autostrada.
Alla fine del processo, tirate le fila del lungo dibattimento che ha visto le difese scontrarsi con la Procura soprattutto sulle consulenze tecniche, il Pubblico Ministero ha avanzato le proprie richieste ai Giudici della I sezione Penale del Tribunale. Omicidio colposo e omissioni d’atti d’ufficio i reati contestati, a vario titolo, ai 12 imputati.
Soltanto per 3 di loro l’Accusa vuole la condanna: 1 anno e mezzo per Maurizio Trainiti, 2 anni e mezzo per Gaspare Sceusa, 2 anni per Lelio Frisone. Il Pm Roberto Conte ha poi sollecitato l’assoluzione per non aver commesso il fatto per Antonino Gazzara, Patrizia Valenti, Antonino Minardi, Matteo Zapparata, Anna Rosa Corsello e Calogero Beringheri; Benedetto Dragotta, Mario Pizzino. Ha infine invocato il non doversi procedere per Felice Siracusa, incapace di stare al processo.
Il giudice ha poi ascoltato i difensori, gli avvocati Alberto Gullino, Valter Militi, Cristina Arena, Eugenio Passalaqua, Giuseppe Pustorino, Giovanni Calamoneri, Domenico Pustorino, Andrea Florio e Roberta Mauro e ha fissato l’udienza finale per la fine del mese.
Stando alle richieste dell’Accusa, sembra non aver retto l’accusa di omicidio colposo, quanto meno per i vertici del Cas, che finirono nel mirino per il pessimo stato di manutenzione del viadotto.
I consulenti tecnici avevano infatti scoperto che la ragazza aveva perso il controllo del mezzo e anziché proteggerla il guard rayl deformato aveva finito per fare da “trampolino”.
L’auto è volata giù per diversi metri, e la giovane non è riuscita a liberarsi dalle lamiere, spegnendosi lentamente, tra atroci sofferenze, senza riuscire a chiedere aiuto.
L’accusa di omissione di atti d’ufficio riguarda l’omessa vigilanza sul tratto di autostrada.
Nel processo si sono costituite parti civili la famiglia di Provvy, che all’epoca aveva 27 anni e lavorava in un negozio di casalinghi in via La Farina, il marito Giacomo Zinna e Fabio Lo Schiavo, il giovane legato alla ragazza negli ultimi tempi.