Le conversazioni intercettate in carcere dopo l'arresto dei primi corrieri hanno svelato che dietro lo spaccio c'era Gaetano Mauro, astro nascente del clan di Giostra
Sono state le conversazioni in carcere di due corrieri a mettere gli investigatori sulle tracce degli spacciatori di Giostra coinvolti nella retata Festa in Maschera e a far capire che dietro c’era un pezzo da 90 del clan del rione, Gaetano Mauro.
Il 26 settembre 2018 i due erano stati fermati dopo un rifornimento di hashish a Rosarno. Tornando a Messina, i corrieri erano stati intercettati e arrestati. Intercettandoli dietro le sbarre, la Guardia di Finanza di Messina ha scoperto che quel giorno con loro c’era anche una “staffetta”, composta dallo stesso Mauro, Giacomo Lo Presti e Domenico Sottile.
A quel punto sono stati messi sotto controllo anche i loro telefoni e cimici audio e video sono state piazzate intorno a casa di Mauro, di cui già si conosceva lo spessore criminale (leggi qui I DETTAGLI)
E’ così che i finanzieri sono arrivati alla casa di Mauro, in via Appenini, che era diventata un vero e proprio supermarket della droga attivo 24 ore su 24. La droga era nascosta in una baracca accanto, nel sottotetto, e ad occuparsi del reperimento, con i rifornimenti a Catania e in Calabria, e dello spaccio erano pusher reclutati da Alessio Papale, che venivano retribuiti a giornata e organizzati secondo turni precisi da Mauro, così che il “supermarket” potesse essere attivo tutto il giorno.
Era sempre e solo Mauro ad autorizzare eventuali cambi di turno. “…Mi ha chiamato, siccome..dice…devo andare in ospedale, l’ho saputo ora, puoi andare tu? Gli ho detto io non ci sono ora…”, così uno dei pusher riferiva al capo di una telefonata ricevuta da uno dei “turnisti”, impossibilitato a prendere servizio per problemi personali, proprio come un impiegato qualunque di una comunissima attività di vendita.
Molto spesso era lo stesso Mauro a vendere la “roba”. “Mi devi dare un bel caffè”, gli scrive in chat un cliente, avvisandolo che lo sta aspettando nella casa-market di via Appennini, dove non lo ha trovato. In realtà in quella occasione si trattava di un pusher a sua volta, probabilmente con altri spacciatori alle sue “dipendenze”, che Mauro poi redarguisce perché gli deve del denaro. “..Io lavoro per guadagnare quattro, cinquecento euro la settimana! Capisci? Nono ho quella forza di guadagnare mille euro al giorno! Capisci? Io con tre persone lavoro, non è che ho tremila persone (…) ne ho tre, non li posso pressare“.
I clienti del gruppo di Mauro erano tantissimi, quasi tutti residenti nella zona o nelle aree limitrofe a Giostra. La maggior parte di loro, spiegano i finanzieri che li hanno ripresi ad entrare e uscire dalla casa di Mauro, erano giovanissimi.
A costare al gruppo l’arresto è stato anche il gps della società con cui era assicurata la Fiat 500, utilizzata dai corrieri per i rifornimenti insieme ad un’Audi Q5, che ha aiutato gli investigatori a tracciare i loro movimenti e bloccarli proprio al ritorno dai viaggi con la droga in auto.
“Loro si arricchiscono e noi restiamo sempre poveri. Sei stato bravo perché sei andato? Non è così che si diventa uomini!”. Così il padre di uno dei ragazzi arrestato al ritorno da un rifornimento redarguisce il figlio in cella, facendo capire a chi ascoltava che tutti in famiglia sapevano che “dietro” c’era una organizzazione più grossa.
Quella del clan Galli di Giostra appunto, dove Mauro ormai è un astro nascente, tanto che un parente diretto dell’ex boss Luigi Galli gli dice, in una conversazione intercettata: “…lo sanno che tu comandi anche me”.