Talpe in Procura, assolti a Messina finanziere e poliziotto

Talpe in Procura, assolti a Messina finanziere e poliziotto

Alessandra Serio

Talpe in Procura, assolti a Messina finanziere e poliziotto

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mercoledì 13 Gennaio 2021 - 19:44

Cadono le accuse per un finanziere e un poliziotto a Messina accusati di fuga di notizie in favore di un investigatore privato

Cadono in appello le accuse che erano rimaste in piedi per un finanziere e un poliziotto coinvolti nell’inchiesta bis battezzata “Operazione 342” sull’attività di alcuni investigatori privati e le presunte loro talpe tra le forze dell’Ordine e a Palazzo di Giustizia a Messina.

Oggi la Corte d’Appello (presidente Blatti) ha rivisto la sentenza di primo grado del maggio 2019 e assolto il luogotenente della Guardia di Finanza Francesco Giusti, imputato di rivelazione di segreto d’ufficio, rifiuto di atto di ufficio e di favoreggiamento. Assolti anche il poliziotto allora in servizio alle Volanti, Natale Lavina e l’investigatore privato Antonino Brigandì.

Accusa di calunni prescritta invece per Maria D’Angelo, prescritta anche quella di rifiuto di atti d’ufficio per il finanziere. Per lui rimane in piedi solo una condanna residua ad un anno e 2 mesi.

Sono state accolte dai giudici, quindi, le tesi degli avvocati Salvatore Silvestro e Nino Cacia, mentre la parte civile è stata assistita dall’avvocato Corrado Rizzo.

L’indagine venne fuori nel 2016, mentre la Polizia verificava l’operato di un altro investigatore privato e quando già al finanziere erano state contestate una serie di violazioni. Dopo un primo processo, la Procura chiese il vaglio anche per altre accuse legate ad ulteriori episodi poco chiari, avvenuti tra il 2012 e il 2013, emersi con le intercettazioni telefoniche.

Alla signora viene contestata la calunnia. ad esempio, perché separandosi dal marito lo avrebbe incolpato di fatti mai avvenuti e nella denuncia alla Finanza il luogotenente aveva operato in maniera non regolare, omettendo il sequestro di un arma.

Giusti era anche indagato per aver chiesto e avuto informazioni da alcuni colleghi, poi girate ad uno degli stessi indagati. Al poliziotto Lavina veniva contestato l’accesso indebito al sistema Cedir – ossia la banca dati delle forze dell’Ordine, per reperire dati poi forniti all’investigatore privato Brigandì.

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