Reggio Calabria. ‘Ndrangheta, duro colpo alla cosca Barreca, 28 persone arrestate VIDEO

Reggio Calabria. ‘Ndrangheta, duro colpo alla cosca Barreca, 28 persone arrestate VIDEO

Dario Rondinella

Reggio Calabria. ‘Ndrangheta, duro colpo alla cosca Barreca, 28 persone arrestate VIDEO

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martedì 16 Febbraio 2021 - 14:32

L'inchiesta ha avuto origine dalle indagini avviate all'indomani della scarcerazione di Filippo Barreca, boss della cosca operante nel quartiere di Pellaro e Bocale

Questa mattina, tra Reggio Calabria, oltre che nelle province di Cosenza, Milano, Varese, Como, Livorno, Firenze, Udine, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, nell’ambito dell’operazione denominata “Metameria”, hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale del capoluogo – sezione GIP – nei confronti di 28 persone, ritenute responsabili – in particolare – di associazione di tipo mafioso, estorsioni, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni e valori aggravato dall’agevolazione mafiosa .

LE INDAGINI

Il provvedimento è l’esito di una complessa attività investigativa, avviata dal 2018 dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria, diretta dai Sostituti Procuratori DDA Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Giovanni Calamita, che ha consentito di acclarare la radicata e attuale operatività di capi e gregari delle principali associazioni per delinquere di tipo mafioso operanti nel territorio del “mandamento” centro. In particolare, le indagini hanno avuto origine dalle evidenze investigative merse all’indomani dalla modifica della condizione detentiva, dal carcere ai domiciliari del capo ed organizzatore storico dell’articolazione territoriale di ‘ndrangheta, nota come cosca Barreca, operante nel quartiere Pellaro, Bocale ed aree limitrofe del quadrante sud di Reggio Calabria.

Questi ritornato sul proprio territorio, forte della fama criminale e della capacità assoggettante derivante dal suo storico ruolo di capo del locale di Pellaro, ribadiva il suo ruolo di vertice della consorteria mafiosa assumendo la responsabilità e di coordinamento del gruppo per la finalizzazione delle attività illecite, curando anche i rapporti con gli imprenditori collusi, ordinando atti intimidatori e ritorsioni in danno di commercianti ed imprenditori inadempienti alle richieste estorsive, occupandosi del mantenimento degli appartenenti alla cosca in stato di detenzione, impartendo ordini e dando indicazioni operative agli altri associati sfruttando la solidale complicità ed il supporto logistico per eludere le prescrizioni connesse alla sua condizione di detenuto domiciliare, pianificando l’esecuzione, le esazioni e la distribuzione dei proventi estorsivi agli altri associati, personalmente o delegando i relativi compiti ai sodali.

Nello specifico sono stati censiti rapporti di cointeressenza criminale della ‘ndrangheta di Pellaro con i rappresentati di vertice di tutte le maggiori articolazioni della ‘ndrangheta reggina quali i Labate e gli Arcoti Condello e De Stefano, oltre a quelli delle articolazioni di ‘ndrangheta di Santa Caterina e dei Ficara-Latella di Croce Valanidi. Rilevante, nella dinamica dei rapporti endomafiosi è il tracciato del profilo che è emersa appartenere ad un esponente dei De Stefano, il quale, faceva valere il proprio ruolo di capo dell’articolazione di ndrangheta territorialmente riferibile alla zona di Archi ma soprattutto apice di una struttura di livello più elevato rispetto alle altre articolazioni di ‘ndrangheta cittadine, sia nel suo intervento per “aggiustare” l’estorsione e quindi per mediare tra i rappresentanti della cosca Barreca e le persone offese per la determinazione di importi, tempi e modalità di versamento delle somme di denaro.

È in tale contesto che il narrato del collaboratore Maurizio De Carlo Maurizio si inserisce a confermare le evidenze investigative acquisite nell’ambito dell’attività di indagine. Le investigazioni effettuate sono proseguite a seguito di ulteriore delega d’indagine emessa dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina. L’attività di indagine è consistita prevalentemente nel fornire riscontro alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia.

Le investigazioni, originate dal suddetto quadro dichiarativo ed espletate mediante attività tecnica di intercettazione telefonica ed ambientale, hanno avuto ad oggetto l’accertamento dell’attuale assetto organizzativo e la perdurante operatività della potente articolazione della ‘ndrangheta di Archi, la cosca Condello. Più nello specifico, sono stati svolti mirati ed approfonditi accertamenti su alcuni dei settori economici cui la suddetta organizzazione criminale rivolge i propri interessi, garantiti anche dall’operato di taluni imprenditori, i quali hanno fornito un concreto ed essenziale contributo al rafforzamento ed accrescimento economico della cosca.

L’attento monitoraggio investigativo ha consentito peraltro di acquisire gravi indizi di colpevolezza comprovanti il reato di trasferimento fraudolento di valori, realizzato attraverso la fittizia intestazione di alcune aziende e/o rami d’azienda, governate in maniera occulta dalla cosca Condello. In particolare, è emersa la vicenda che riguarda l’alienazione del parco automezzi della Leonia S.p.A. in liquidazione, condizionato dagli interessi mafiosi della cosca Condello e De Stefano. E’ emerso inoltre il coinvolgimento di un altro imprenditore, operante nel settore turistico alberghiero nel comune di Scalea e zone limitrofe, i cui approfondimenti investigativi hanno permesso di disvelare duraturi e costanti rapporti economici – criminali con esponenti della cosca Condello.

L’attività nel suo complesso ha consentito di porre sotto sequestro 8 imprese operanti nei settori dell’edilizia ed impianti elettrici, officine meccaniche per mezzi pesanti, pulizie, autospurgo, gestioni lidi e strutture ricettive, riparazione autoveicoli, i cui beni strumentali hanno un valore complessivo di circa 6 milioni di euro, oltre a un esponenziale impatto sulla libera economia. Ad esito dell’attività di esecuzione 25, dei 28 arrestati, sono stati destinatari della misura cautelare in carcere e 3 presso i rispettivi domicili, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

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