Il debito cattivo ed il Piano di riequilbrio che ha avuto l'ok della Commissione. La riflessione di Carlo Callegari
Il debito del comune di Messina, come quello di tantissimi altri comuni italiani, ha le credenziali per guadagnarsi il titolo di debito cattivo. La categoria economica, resa popolare dal presidente Draghi e più che mai attuale per i criteri di spesa dei finanziamenti europei, si attaglia alle spese improduttive, che rientrando nei bilanci come deficit, diventano debito che alimenta debito.
Il debito cattivo
Sono spese improduttive, perché consumano ricchezza senza creare strutture e innovazioni necessarie al miglioramento di vita della collettività( si possono citare opere utili per la città ottenute dal debito?), mentre per malvagia ironia elargiscono guadagni, redditi e influenza a ceti parassitari senz’altra abilità che il maneggio sotto l’ala protettiva di poteri complici. E la questione politicamente rilevante è proprio il nesso tra l’economia basata sul debito e l’arretratezza di una società corporativa, degnamente rappresentata nelle istituzioni da sodali altrettanto avidi e cinici. Chi nel 2013 sostenne la candidatura a sindaco di Accorinti, aveva il solo obiettivo programmatico della dichiarazione di dissesto, come atto formalmente amministrativo ma sostanzialmente politico, perché, se realizzato, avrebbe fatto luce sui meccanismi e i manovratori del fallimento della città e potuto porre le condizioni per emergere dalle macerie della nostra storia, idealmente riconnettendosi ai protagonisti delle giornate di marzo del 1947, di cui ogni anno, mostrando di non averne inteso lo spirito, si celebra la sconsacrata normalizzazione con la storia successiva della città.
Il riequilibrio ingiusto
Così, dopo i tentativi maldestri della giunta Accorinti- Signorino , l’abile sindaco De Luca, cui si deve riconoscere la coerenza e la franchezza di rivendicare le proprie idee rispetto alle imposture mistiche del carismatico predecessore, si accinge ad annunciare di aver compiuto la facile missione del riequilibrio ingiusto. Missione facile, perché tutte le maggioranze governative, affette dal peccato d’origine del debito pubblico nazionale, ne agevolano il percorso con normative costituzionalmente illegittime, come quella vantata dalla giunta Accorinti di “spalmare” come una crema il debito in 30 anni, bocciata dalla Corte dei Conti; riequilibrio ingiusto, perché gravato sul cittadino, in tal modo gabbato due volte, prima dal debito,poi dal pagamento del debito.
L’impoverimento di Messina
Infatti, ammesso l’ inoppugnabile impoverimento della città,non si comprende da quale fondo segreto si siano tratti i soldi per onorare i debiti, se risanare un debito vuol dire pagarlo. Magari, istruiti dal capitolo dedicato al debito del libro di Nina Lo Presti e Luigi Sturniolo “Assolto per non aver compreso il fatto”, si può ipotizzare che i piccoli creditori, posti di fronte al dilemma di ricevere una parte del credito o niente,abbiano accettato, o meglio ceduto al ricatto, e anche che i grandi creditori abbiano pattuito di rinunciare a qualcosa in cambio di vantaggi perpetui. Ma al di la delle ipotesi, verificabili da qualsiasi volenteroso cronista, resta la combinazione della carenza dei servizi e dell’aumento delle tariffe a far sospettare che il conto salato sia stato presentato al cittadino ignaro. I cantori del successo amministrativo,se non vogliono restare confinati nella partigianeria, dovrebbero impegnarsi a convincere della loro soddisfazione, per poterla onestamente condividere, gli scettici, ma con argomenti razionali, quali quelli cui sono improntati i criteri di spesa della Commissione europea, per evitare che gli Stati membri finanzino progetti improduttivi,aprendo il baratro del debito cattivo.
Carlo Callegari dirigente nazionale del Partito animalista italiano