Le organizzazioni partecipano ad un bando della fondazione Telecom Italia per la conoscenza dei cosiddetti “beni culturali invisibili”. La chiesa è di proprietà del Fondo edifici di culto e sono stati fatti interventi manutentivi di recente. Il Monastero adiacente, invece, è di proprietà di un privato e avrebbe bisogno di interventi di restauro
920 anni di storia. La chiesa normanna di Santa Maria di Mili è stata costruita nel 1092, un bene preziosissimo per la città ma negato e abbandonato all’incuria. La chiesa è di proprietà del Fondo edifici di culto e nel 2006 è stata oggetto degli ultimi restauri. Il Monastero adiacente, invece, è di proprietà di un privato ed è inagibile.
La Fondazione Telecom Italia ha avviato un progetto per la conoscenza dei cosiddetti “beni culturali invisibili”, beni che potrebbero diventare, con un opportuno progetto di valorizzazione, un elemento attrattivo per l’economia e il turismo locale. “Portiamo alla luce i beni invisibili” è il titolo dato all’iniziativa. Sono 70 i video inviati alla Fondazione, solo i primi due verranno premiati con una cifra simbolica. Tra questi, tre riguardano la provincia di Messina: l’abbazia dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò di Casalvecchio, Villa De Pasquale e l’abbazia di Mili nel capoluogo. Nel maggio 2011 Villa De Pasquale ha ricevuto 837mila euro dai fondi Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale), nulla invece per l’abbazia di Mili.
Quattro associazioni messinesi (Piattaforma creativa, Jonio Messina Sud, Giosef Messina e Lag Proteggiamo la natura) partecipano al progetto con un video proprio sull’Abbazia di Mili. “Abbiamo presentato questo video – dichiara Ivan Tornesi, presidente di Giosef Messina – al concorso della fondazione Telecom Italia per mettere un nuovo tassello su un percorso intrapreso da qualche anno, con l’organizzazione di sit in e denunce sullo stato di abbandono per far conoscere alla cittadinanza e valorizzare la chiesa normanna. Negli anni, abbiamo messo in atto delle forme di pressione per far muovere le istituzioni competenti, finora con scarsi risultati, ma non ci fermiamo”.
“Abbiamo scelto l’abbazia di Mili – afferma Sebastiano Busà, di Lag Proteggiamo la Natura – perché è uno dei beni più preziosi e antichi della città. La nostra associazione se ne occupa dal 1975 e da allora sono stati effettuati interventi solo sulla chiesa e mai sul Monastero. Tra l’altro, nonostante la chiesa sia ora in buone condizioni è comunque chiusa al pubblico poiché la scalinata d’accesso è inagibile. Si può sistemarla con una spesa irrisoria, tra i 2 e i 3mila euro, lo abbiamo chiesto più volte al Comune ma senza mai avere riscontro. Partecipando a questo concorso speriamo di vincere anche per renderla agibile a nostre spese. Aprire la chiesa è l’obiettivo primario ma il nostro progetto è più ampio e riguarda anche il monastero poiché le due strutture vanno di pari passo. Stiamo realizzando un video con importanti personalità accademiche e organizzeremo anche altri eventi per far conoscere sempre più questo gioiello negato alla città”.
Delle 4 associazioni, la capofila è Piattaforma Creativa, presieduta da Davide Rizzo: “La nostra associazione lavora da qualche tempo sul patrimonio culturale della città ed è costituita da professionisti che operano nel campo della conservazione dei beni culturali e della storia dell’arte. Il nostro obiettivo è che in città si abbia coscienza di questo patrimonio. Per l’abbazia di Mili, in particolare, non possiamo permettere che vada perduta una struttura medievale. Conosciamo tutti la situazione di crisi del Comune di Messina. Noi siamo convinti che dalla crisi se ne venga fuori con la cultura, che dev’essere la chiave di volta per uno sviluppo sostenibile a partire dalla storia. Vogliamo che quel luogo torni fruibile, che diventi un’attrazione culturale per la città e i turisti, e questo significa anche la creazione di nuovi posti di lavoro. Stiamo lottando per superare i problemi burocratici e siamo riusciti a fare qualche piccolo passo in avanti. Il monastero è di proprietà privata, ma è stato lasciato in condizioni disastrate, tanto che adesso servirà una somma cospicua per restaurarlo. La Regione aveva fatto una proposta d’acquisto ma non è stata accettata. Il Ministero dell’Interno ha autorizzato la Soprintendenza ad agire in danno per il possibile crollo di una struttura addossata alla chiesa, che potrebbe anche danneggiare quanto realizzato con soldi pubblici. Abbiamo anche ottenuto un’autorizzazione per entrare nella Chiesa e realizzare un documentario che serva ancor più a far conoscere la situazione ai cittadini e a sensibilizzare le istituzioni. Ma organizzeremo anche un progetto didattico nelle scuole e ancora altri eventi, perseguiremo il nostro obiettivo fino alla fine. Adesso auspichiamo un pronto intervento della Soprintendenza e magari, chissà, dopo averlo posto all’attenzione della Fondazione Telecom Italia, anche da parte loro visto che talvolta elargiscono somme proprio per il recupero dei beni abbandonati”.
E l’associazione Piattaforma Creativa ha partecipato anche al piano strategico Messina 2020, “ma il Comune non ci ha dato ascolto – prosegue Davide Rizzo -. Avevamo presentato un progetto sul sistema culturale della città e sul recupero della fabbrica Sanderson, una riconversione a fini creativi che facesse emergere la storia unica nel suo genere della produzione agrumaria. La creatività rientra nei punti dell’agenda dell’Unione Europea 2013-2020, tramite il progetto Smilies, che promuove la cooperazione territoriale europea, al quale partecipa la Regione Siciliana. Vorremmo dare un’immagine diversa della città. Messina può diventare un punto di riferimento del turismo siciliano”.
(Marco Ipsale)