Cade l'accusa di essere al vertice della famiglia mafiosa più potente in città per Alfredo Trovato, oggi al 41 bis
Cade l’accusa di essere un boss del clan di Mangialupi per Alfredo Trovato, rinchiuso al carcere duro proprio perché condannato come capo promotore di uno dei più importanti gruppi criminali di Messina.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha rivisto la sentenza di secondo grado dell’operazione Dominio, dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato quel verdetto – emesso a Messina nel 2019 – affidando ai giudici calabresi il compito di ricelebrare il processo di primo grado.
A Reggio i giudici hanno rivisto “al ribasso” tutte le condanne, ma il ribaltone più clamoroso è il verdetto per Trovato, difeso dall’avvocato Salvatore Silvestro, che nel 2019 era stato condannato a 16 anni e mesi ed ora invece vede scendere la pena ad un anno e 4 mesi.
Sconti di pena – tra i 15 giorni e i 2 mesi, anche per Domenico La Valle (3 anni in primo grado), Paolo De Domenico (9 anni), Salvatore Trovato (9 anni e mezzo), Davide Romeo (2 anni), Francesco Laganà (6 anni e 4 mesi) – le condanne tra parentesi sono quelle del 2019. Impegnati nelle difese anche gli avvocati Tancredi Traclò e Antonello Scordo.
La retata della Guardia di Finanza è scattata nel marzo 2017: conti correnti e immobili ammontanti a quasi 10 milioni di euro complessivi sequestrati, 21 arresti, mentre gli indagati in totale erano 32.
Le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia – insieme al PM Maria Pellegrino c’era la collega Liliana Todaro, avevano fatto emergere nuovi assetti nella cosca e il ruolo di Domenico La Valle il quale, approfittando della disgregazione della cosca storica, era riuscito ad assumere il controllo totale delle attività di zona, costituendo il punto di riferimento imprenditoriale del quartiere.
Per fare questo, La Valle si era avvalso di una fitta rete di collaboratori mettendo “le mani” soprattutto nel campo delle slot machine e delle scommesse online.