I soggetti coinvolti sono stati posti ai domiciliari. Apposti i sigilli anche a quote azionarie e patrimonio aziendale di 3 società
Tre arresti e sequestro beni da 5,3 milioni di euro da parte dei finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria.
Reati contestati
I soggetti coinvolti nell’operazione evocativamente denominata Great Failure sono stati posti agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta aggravata, estorsione aggravata, omessa dichiarazione, occultamento o distruzione di documenti contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Le misure cautelari nei confronti dei reggini C.A. e C.A.C. e del messicano M.I.F.V. sono state disposte dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria Diletta Gobbo su richiesta della Procura, nelle persone del procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e del pm Andrea Sodani.
Sei gli indagati complessivamente.
Sequestro
Apposti i sigilli a quote e patrimonio aziendale di tre società del settore della distribuzione attive a Reggio città e alle disponibilità economiche e patrimoniali degli indagati, per un totale che sfiora i 5 milioni 300mila euro.
Debiti mai onorati
Le indagini – eseguite dalla Compagnia reggina delle Fiamme gialle e coordinate dalla Procura di Reggio – hanno identificato un gruppo criminoso composto dai 3 arrestati, che, in concorso con altri, contraeva debiti verso fornitori, lavoratori, Erario senza pagarli. Questo accadeva in maniera studiata, sistematica, per mezzo d’apposite società “schermo” intestate a prestanome, spesso scelti fra gli stessi dipendenti.
I responsabili onoravano i propri debiti solo inizialmente e si tutelavano dalle azioni creditorie attraverso contratti simulati che consentivano loro di occultare la reale proprietà dei beni aziendali.
Una volta fatte fallire le aziende ormai “smascherate”, i soggetti coinvolti costituivano nuove realtà aziendali, in assoluta continuità con le precedenti (stesso oggetto sociale, stesse sedi, stessi dipendenti), ove facevano confluire le risorse patrimoniali fraudolentemente celate.
Dipendenti “sotto schiaffo”
I dipendenti, poi, subivano e stavano perennemente “sotto schiaffo”. Ecco perché la contestazione delle condotte estorsive: i lavoratori ricevevano retribuzioni inferiori rispetto a quelle indicate in busta-paga. Se non si fossero adeguati, sarebbero stati licenziati.