L’ex consigliera comunale del Partito democratico: già dopo un paio di mesi ho capito che non si sarebbe instaurato il giusto dialogo con Falcomatà
REGGIO CALABRIA – Nel corso dell’analisi del voto svolta (non solo) dal Laboratorio politico Patto civico, ha avuto luogo anche un’amarissima, per certi versi sorprendente esternazione dell’ex consigliera comunale del Partito democratico Paola Serranò.
A nessuno era sfuggito che un oncologo palliativista così esperto fosse rimasto sostanzialmente ai margini della “macchina” amministrativa di Palazzo San Giorgio. Per dire, pur essendo fra le pochissime donne del centrosinistra, mai le era stato proposto un posto da assessore.
A distanza di qualche tempo, e dopo la scelta della Serranò di non ricandidarsi nel settembre 2020, emerge qualche elemento in più sull’accaduto.
Uppercut alla Bruni…
«La parte etica della vita mi pare che sia stata messa un po’ da parte. Ad esempio, con la scelta di Amalia Bruni di non aggregarsi al gruppo consiliare del Partito democratico ma, piuttosto, d’entrare nel Gruppo misto di Palazzo Campanella – argomenta Paola Serranò –. Esiste un senso di responsabilità, nel senso etimologico: non c’è solo la necessità di “rispondere” a qualcuno sotteso in qualche parola ma anche res pondus, cioè l’esigenza di “portare il peso”, il peso ad esempio di certe scelte, ecco la responsabilità verso gli altri.
Una professionista e collega come la Bruni, una candidata civica, non può non aver avvertito il disagio di prendere le distanze dalla coalizione che l’aveva supportata un paio di settimane appena dopo il voto. Come fa a non aver pensato ciò che ha scatenato dentro di me o dentro altri una decisione del genere, che ha deluso tantissime persone? Forse, una scelta del genere sarebbe stata più facile da digerire se adottata solo fra qualche mese».
…poi diretto a Falcomatà
Ma dopo una lunga parentesi sulle Regionali e sulla scelta della Bruni, Paola Serranò produce riflessioni anche diverse.
«Dobbiamo capirlo: senza la parte etica, senza mettersi al servizio degli altri, a che servirebbe la vita? La nostra vita non servirebbe, se non in rapporto con gli altri. E questo vale pure nella vita politica».
Ecco che si apre, un po’ a sorpresa, il capitolo riguardante Palazzo San Giorgio… «Nella mia piccola esperienza in Consiglio comunale, ho potuto constatare personalmente che dimostrare coerenza nei Valori non paga. Ero all’interno di una maggioranza di centrosinistra: eppure, dopo neanche due mesi di mandato consiliare, avevo già capito chiaramente che sarebbe stato molto difficile lavorare in piena sinergia col sindaco Falcomatà. Perché? Perché è stato lui per primo a mettersi molto in disparte nei miei confronti, a distanziarsi.
Io in cinque anni, non mi vergogno di dirlo pubblicamente e al microfono – risuona lo sfogo di Paola Serranò -, non ho avuto il piacere di stare due minuti con lui da solo, per chiacchierare, per dire: “Cosa vogliamo fare della città?”. Sì, poi ho avuto anche la presidenza di una Commissione consiliare, ho messo in piedi dei progetti che spero tanto proseguano… Ma il significato è che se non si rema tutti dalla stessa parte, che sia in ballo la nostra città o la nostra regione, sarà sempre difficile ottenere risultati».