L'allarme del sindacato
“I recenti allagamenti e le alluvioni che hanno colpito le provincie di Catania e Siracusa delle scorse settimane, tagliando di fatto in due il nostro territorio ed isolato per giorni intere frazioni sono l’ennesima conferma dell’urgenza di un reale investimento nella messa in sicurezza del territorio. Questa urgenza è ancora più pressante in un territorio che è stato teatro della tragedia dell’ottobre 2009, dei 37 morti e della devastazione del comune di Scaletta Zanclea, e delle frazioni messinesi di Giampilieri Superiore, Giampilieri Marina, Altolia, Molino, Santo Stefano di Briga, Briga Superiore e Pezzolo. Da lì un rosario di disastri: nel 2010 le alluvioni che hanno colpito i comuni di San Fratello, Sant’Angelo di Brolo, Gioiosa Marea e Raccuja; nel novembre 2011 quelle nel territorio tra Saponara a Barcellona Pozzo di Gotto e, ancora, nel Settembre 2015, i fiumi di fango hanno invaso Taormina e Giardini Naxos, come nel mese di ottobre 2015 accaduto a Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto”.
Lo dice il segretario della Fillea Cgil di Messina, Mario Mancini.
“Del resto, Messina e la sua Provincia detengono in Sicilia il triste primato per il rischio idrogeologico potenziale, sia per il contesto geologico – orografico, sia per le caratteristiche climatiche, a cui aggiungere cementificazioni selvagge e assetti urbanistici segnati dalle speculazioni edilizie. Nessuno, pertanto dovrebbe più nutrire dubbi sull’importanza di una corretta prevenzione e di un’attenta valutazione dei rischi idrogeologici che riguardano la nostra Provincia, dove – ancora oggi – vengono disattesi i più elementari criteri volti al rispetto del deflusso naturale delle acque superficiali e, in maniera ancora più grave, in corrispondenza degli agglomerati urbani. A tali disastri, in gran parte, contribuiscono i mancati interventi di salvaguardia e di messa in sicurezza del territorio, la presenza di edifici che riducono le sezioni utili al deflusso delle acque (o addirittura sbarrano i tracciati dei vari corsi d’acqua) fino ad arrivare alla trasformazione di torrenti in strade di ambito urbano. Così come rilevantissimi sono gli effetti dati dall’assenza di continuità idraulica monte-valle dei corsi d’acqua, dalla presenza di strade che stravolgono radicalmente le geometrie dei vari corsi d’acqua o – ancora peggio – di strade che si sviluppano lungo i corsi d’acqua pre-esistenti, quali fiumare o torrenti. Ancora più allarmante è la condizione di pericolosità che grava sugli attraversamenti delle nostre autostrade, sulle strade provinciali e comunali extraurbane: proprio nei giorni scorsi sono bastate poche giornate di pioggia per assistere a cedimenti dei terreni sovrastanti che hanno tagliato in due la costa Jonica, replicando, per fortuna in modo meno grave, quanto accaduto ad ottobre 2015 sull’autostrada A18 all’altezza di Letojanni”.
“Alla luce di quanto finora rappresentato, riteniamo non più procrastinabile una seria quanto concreta riflessione politica ed amministrativa sulla necessità di destinare tutte le risorse del Fesr agli interventi di messa in sicurezza del territorio, alla manutenzione ordinarie e straordinarie dei vari corsi d’acqua e delle nostre vie di comunicazione, che porterebbero ad un duplice vantaggio: la tutela dell’incolumità pubblica ed l’ulteriore opportunità di lavoro per le maestranze locali, appositamente formate per l’utilizzo di nuovi materiali in una filiera delle costruzioni riqualificata ed eco-sostenibile. La vera modernità, soprattutto in un territorio come questo, non passa da mega opere inutili e da altre colate di cemento, ma dal riconoscimento delle esigenze sociali – a partire da quelle abitative – e della fragilità del territorio che le circonda”.