In vista della messa in scena 26, 28 e 30 novembre il Barbiere di Tiezzi si presenta agli studenti
Dopo 27 anni, torna al Teatro Vittorio Emanuele “Il Barbiere di Siviglia” di Federico Tiezzi. In vista della messa in scena (venerdì 26 e martedì 30 novembre alle 21, domenica 28 novembre alle 17,30), la Sala Sinopoli del Teatro si è gremita di giovani. Agli studenti del DAMS del professore Dario Tomasello sono stati svelati la storia, i retroscena e i segreti della famosa produzione dell’Ente Teatro di Messina che, nel 1994, ottenne il successo nei più importanti teatri italiani (tra gli altri, Treviso e Venezia, a La Fenice) e che torna, oggi, finalmente, a casa.
“Non un’operazione museale”
Torna proprio con la stessa regia, lo stesso allestimento, la stessa scenografia. A raccontarlo, insieme al Direttore Artistico Matteo Pappalardo, sono il regista Federico Tiezzi, il regista collaboratore Francesco Torrigiani e lo scenografo Pierpaolo Bisleri.
“Questa non è, però, un’operazione museale” – precisa Pappalardo – e non sembra che siano passati quasi trent’anni per Il Barbiere. Siamo orgogliosi di rimettere in scena una produzione di grande successo, ma l’opera è vivificata, è piena di novità (tra cui la presenza dell’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele), ha ancora tantissimo da dire”.
L’opera stessa nasce come un atto in qualche modo provocatorio e rivoluzionario: Gioachino Rossini, infatti, proponendo il suo Barbiere di Siviglia nel 1815, sembrò sfidare il maestro Giovanni Paisiello, cui apparteneva la prima versione dell’opera, prendendosi numerosi fischi alla prima, ma raggiungendo, poi, un clamoroso trionfo che oscurò quello di Paisiello.
E lo stesso carattere di vivacità, rischio e novità vuole rispettare la regia di Tiezzi. “Rimessa in scena non è il termine più corretto – specifica Torrigiani – ogni giorno è una nuova prima. Portare nello stesso teatro la stessa opera, con lo stesso allestimento, significa stravolgerlo ogni giorno con il contemporaneo, stravolgere il consueto con il nuovo”. E prosegue Tiezzi: “Già nel 1994 l’opera era molto moderna, per questo motivo, ancor di più oggi, voglio un teatro che guardi al domani”.
Ad offrire vivacità e freschezza all’opera è, anche, il suo cast interamente giovane, capace di dare piena forma e forza al libretto, capolavoro di ritmo, rapidità e scioltezza di Cesare Sterbini, tratto dal testo di Pierre Beaumarchais. “Ci tengo ci sia mobilità del corpo e della testa nella mia narrazione. Rispetto al cast di trent’anni fa, questo è molto più effervescente, vi è un maggiore impianto di prosa, una più completa interazione tra i personaggi e uno stile diverso della recitazione” spiega Tiezzi.
I nuclei tematici
Nell’intrigo farsesco, comico e tragico si incontrano. “La comicità de Il Barbiere non ha nulla a che vedere con la risata grassa, si confronta con qualcosa di acuto, di spigoloso, di tagliente” dichiara Torrigiani. Il Barbiere del Teatro di Messina supera la sua identificazione come semplice opera buffa; i suoi personaggi sono sì comici, ma solo apparentemente, dietro il riso e l’allegria si cela una riflessione profonda su particolari nuclei tematici.
Tiezzi ha voluto metterne in luce principalmente tre. Il denaro è il primo, motore di ogni cosa; si parla di un denaro inteso come prodotto dell’intelligenza dell’essere umano, denaro guadagnato dalla forza dell’ingegno quando si pensa a Figaro, ma anche quando si pensa ad un aristocratico come il Conte d’Almaviva non è mai denaro sperperato, è speso per far andare le cose come dovrebbero.
Il secondo è quello del metateatro. “Il Barbiere di Siviglia” è teatro nel teatro, tanto per la sua struttura, che inizio e fine dell’opera sveleranno, portando in scena la macchina teatrale e il suo funzionamento e infrangendo la quarta di parete; ma anche grazie a Figaro stesso, vero regista dell’intero intreccio.
Il terzo è lo sguardo; tutta la narrazione è caratterizzata dallo spiarsi reciproco dei personaggi e non solo. Lo spettatore stesso si troverà parte di questo gioco, protagonista, anche lui, dell’azione drammaturgica. Tutti si guardano di nascosto attraverso le veneziane, il Conte si traveste, Don Bartolo investiga continuamente sulla vita di Rosina, Figaro supervisiona ogni cosa.
Un tema speciale è, poi, incarnato dalla figura di Rosina; la protagonista rappresenta la donna emergente, dai tratti fortemente goldoniani. Rosina emerge, finalmente, nella sua completezza e questo, per quei tempi, fu rivoluzionario. Rosina non è più funzionale a niente, non è moglie, sorella, figlia, è indipendente e vuole ricercare la sua felicità.
Spazio metafisico
A dare a queste tematiche spessore, intensità drammatica e pienezza di senso è, ovviamente, la musica, capace di cambiare tutte le carte in tavola, ma “se la musica esiste nel tempo – afferma Tiezzi – il teatro esiste nello spazio”. Fondamentale è, infatti, per questo Barbiere lo spazio, uno spazio che è geometria, totalmente astratto, quasi metafisico. Calato il sipario, sin dall’inizio l’atmosfera richiama quella di Giorgio De Chirico, le sue Piazze d’Italia. Bisleri, che ha realizzato questa scenografia unica, racconta ai ragazzi: “Mi sono ispirato all’architetto Ricardo Bofill, capace di trasformare un vecchio cementificio nella sua splendida casa-ufficio e anche al pittore Marc Chagall che ha destrutturato completamente quello che una sedia può essere ai nostri occhi, cambiando la sua funzione in maniera anti-realistica. Così abbiamo fatto noi, io e Federico [Tiezzi] siamo accomunati dalla formazione e la passione per l’arte contemporanea, perciò nei nostri spettacoli ci sarà sempre questo sguardo verso l’arte. Abbiamo qui destrutturato tutte le attrezzature, lo stile classico spagnolo, riconvertendo lo spazio in qualcosa di metafisico e contemporaneo”.
Ogni scelta stilistica per la realizzazione del Barbiere è stata, quindi, finalizzata da una parte a rendere visibile e tangibile il testo per lo spettatore, dall’altra ad offrirgli la possibilità di proiettare su di esso la propria realtà. Agli studenti del DAMS è stato affidato, infatti, il compito di portare su quel palco il loro presente, di guardare a quei personaggi con i loro occhi e di intrecciare alla loro storia la propria. Come solo nel grande Teatro si può fare.