La riflessione di Giovanni Frazzica
A Hong Kong è stata rimossa la statua commemorativa della strage di Tienanmen, una notizia che non riguarda solo i cinesi, ma il mondo intero. Lo scorso quattro dicembre Papa Francesco, parlando da Atene, aveva detto: “La democrazia arretra, qui è nata la democrazia, la culla, millenni dopo, è diventata una grande casa di popoli democratici: mi riferisco all’Unione Europea e al sogno di pace e fraternità che rappresenta. Non si può, tuttavia, che constatare con preoccupazione come oggi, non solo nel Continente europeo, si registri un arretramento della Democrazia, che richiede invece la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza. È complessa, mentre l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti”.
Secondo Francesco, “in diverse società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo, stanchezza e malcontento portano a una sorta di scetticismo democratico”. Quasi a dare conferma alle preoccupazioni del Pontefice giunge quindi la notizia della rimozione della statua commemorativa di Tienanmen. La scultura dell’artista danese Jens Galschiot, era nel campus universitario dal 1997. Alta otto metri, mostra 50 volti e corpi accatastati l’uno sull’altro. Dopo oltre venti anni, scompare quindi dall’università di Hong Kong il monumento dedicato agli studenti pro-democrazia di Pechino che era uno degli ultimi simboli della repressione delle proteste della primavera del 1989 rimasti a Hong Kong, nota come il “pilastro della vergogna”. Galschiot si è detto completamente scioccato dalla notizia della rimozione dell’opera che aveva donato alla Hong Kong Alliance in Support of Patriotic Democratic Movements of China, Organizzazione che fino al 2019 aveva organizzato la commemorazione delle vittime della strage, l’unica tenuta su suolo cinese, in seguito vietata ufficialmente per motivazioni sanitarie contro la diffusione del Covid.
Questo è un nuovo capitolo della repressione di Pechino sulla città, sottoposta dal giugno dello scorso anno a una legge sulla ‘sicurezza nazionale’ che ha costretto molti gruppi pro-democrazia a sciogliersi. La rimozione della statua, in piena notte, è stata vista come un atto di “codardia”, condannata anche da uno dei più noti sopravvissuti della strage di piazza Tienanmen, Wang Dan, come “un tentativo di spazzare via la storia e i ricordi scritti con il sangue”. In un luogo lontano, un episodio simbolico come, l’occultamento di una statua importante, diventa ulteriore motivo di presa di coscienza di quanto invasiva possa essere l’azione del potere assoluto in tutte le latitudini che, non solo non concede ossigeno alle organizzazioni democratiche, ma, talvolta, tende anche a cancellare i segni della memoria della Democrazia, il sistema politico che teme maggiormente, perché, nel confronto, appare più equo e capace di determinare giuste rappresentanze.
di Giovanni Frazzica