Le indagini scattano nel 2009 quando il direttore della Banca Agricola Popolare di Ragusa denunciò in Questura le vittima di minacce anonime trovate nella buca delle lettere, culminate nell’incendio della sua auto
Si divide in due tronconi il processo Gran Bazar, scaturito dal blitz antiusura della Polizia del 19 dicembre scorso. In quattro hanno scelto l’abbreviato condizionato, ammesso dai giudici della II sezione penale. Sentenza più vicina, quindi per Giuseppe Mazzù, ex agente penitenziario in pensione, Giuseppe Ilacqua, magazziniere dell’Acr Messina, Domenico Trentin e Salvatore La Camera. Proseguono nel giudizio ordinario Tindaro Patti, Giuseppe Camarda, l’esponente del clan di Barcellona, Carmelo Vito Foti e Nicola Tavilla.
Le indagini scattano nel 2009 quando il direttore della Banca Agricola Popolare di Ragusa denunciò in Questura le vittima di minacce anonime trovate nella buca delle lettere, culminate nell’incendio della sua auto. Dalle indagini si scopre che lo stesso direttore nei mesi precedenti le intimidazioni aveva messo fine a un vorticoso giro di assegni per quasi 500mila euro al mese messo in piedi da quattro imprenditori. Assegni da 10 e 15mila euro ciascuno che passavano di azienda in azienda. Una sequela che però non è passata inosservata al direttore della Banca Agricola Popolare di Ragusa. Le indagini hanno permesso di scoprire che gli stessi imprenditori non avendo più la possibilità di ottenere credito dalle banche si erano rivolti a degli strozzini.