Guerra in Ucraina, in 45 nella Locride: ci sono anche Ivan, Tanya e i loro 6 figli

Guerra in Ucraina, in 45 nella Locride: ci sono anche Ivan, Tanya e i loro 6 figli

Mario Meliado

Guerra in Ucraina, in 45 nella Locride: ci sono anche Ivan, Tanya e i loro 6 figli

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domenica 27 Marzo 2022 - 06:55

Un gruppo di 15 sfollati ha trovato posto a Siderno, in seno all'operazione-accoglienza promossa dalla Curia di Locri-Gerace e dalla fondazione Santa Marta

SIDERNO – Civili uccisi, città come Mariupol praticamente rase al suolo, orrore dappertutto. Questo il frutto orrendo dell’invasione da parte della Russia nei confronti della “sorella” Ucraina.
In questo contesto, è scattata a vari livelli la “macchina” dell’accoglienza di chi fugge dalla guerra. E un ruolo del tutto particolare, com’è normale, ce l’hanno le Istituzioni: in Calabria, l’Unità regionale di crisi fa sapere che fin qui sono stati poco meno di duemila i profughi ucraini accolti tra il Pollino e lo Stretto.

Diocesi Locri-Gerace in azione

Ma non ci sono soltanto lo Stato e le sue articolazioni territoriali; anzi.
La Chiesa un po’ in tutto il territorio del Paese si sta facendo promotrice di raccolte di fondi, d’ogni tipo di aiuto possa risultare utile – dalle derrate a lunga conservazione agli indumenti, passando per il cibo per bambini -, di supporto per accogliere il più ampio numero possibile di fratelli ucraini in difficoltà.
Proprio questo ha fortemente voluto la Diocesi di Locri-Gerace (vescovo, monsignor Francesco Oliva) che, in unico afflato con la Fondazione Santa Marta, ha spronato i fedeli a dare una mano
per una missione molto particolare ai confini dell’Ucraina. E i cittadini della Locride hanno risposto molto bene.

La missione a Vyšné Nemecké

Così, una decina di giorni fa una delegazione composta dal vicario della Diocesi don Piero Romeo, il parroco di Siderno Superiore don Giuseppe Alfano, il medico Veneranda Morelli, la psicologa Rosita Mesiti e due volontarie ucraine, Maria Patkiv e Maria Zabihajeva, nelle vesti d’interpreti, ha raggiunto Vyšné Nemecké, minuscola località slovacca – nota anche come Felsőnémeti, nome ungherese della città – al confine con l’Ucraina, precisamente con Užhorod. Da lì, la delegazione della Diocesi locrese è tornata in Italia con 45 profughi ucraini.

Quasi tutti sono adesso di stanza nella Locride («Alcuni li abbiamo lasciati a Bologna e in altre città, praticamente loro stessi ci hanno chiesto ‘un passaggio’ lì dove stavano altri amici o parenti», spiega il parroco di San Nicola di Bari).
Ardore, Bruzzano, Locri, Riace e Siderno (in particolare, Siderno Superiore) i centri interessati, che hanno accolto gli sfollati. Mete: strutture d’accoglienza, naturalmente, ma anche scuole o edifici già adibiti ad abitazione di religiosi.

Braccia aperte per chi era in fuga dalla guerra

«Abbiamo portato nella nostra Diocesi i casi più disperati – spiega don Alfano -. Parecchi avevano qualche parente o qualche amico da queste parti, sì; ma non tutti. Alcuni non sapevano assolutamente dove andare. Noi ci siam messi lì con questo cartello con scritto, in ucraino, Ucraina, Italia: Calabria, Locride, e alcuni hanno semplicemente chiesto di poter venire con noi».

Un progetto reso possibile fondamentalmente dalla «generosità della nostra gente, dei nostri parrocchiani – rimarca il parroco -. Abbiamo chiesto un aiuto che non è venuto meno, già quando con don Piero e il gruppo missionario, della Pastorale familiare e della Fondazione “Santa Marta” abbiamo risposto alla chiamata che abbiamo sentito nel cuore, prendendo due pullman per andare in Slovacchia. Non sapevamo cosa avremmo concretamente potuto fare o quante persone avremmo potuto salvare dall’inferno della guerra, ma ci siamo detti: “Anche uno solo, pur di portarlo qui”, per rispondere alla chiamata del Vangelo».

«Vogliono tornare a casa prima possibile»

Don Giuseppe Alfano, parroco di Siderno Superiore
don Giuseppe Alfano, parroco di Siderno Superiore

Come sono state individuate, prescelte le persone che poi sono state accolte in Italia? «Intanto, va detto che molti ucraini cercano di non allontanarsi troppo, perché sperano che la guerra finisca presto e di poter così tornare in patria, nelle loro case. Un aiuto importantissimo – spiega don Giuseppe – ce l’hanno fornito le due interpreti, peraltro persone che da tempo stanno qui; così come don Lubomir, sacerdote ucraino che è stato nella nostra Diocesi a lungo e ora è di stanza in Belgio. Per gli aspetti burocratici? Non ci siamo affidati a nessun altro che alla Divina Provvidenza, ma eravamo certi che il Signore non ci avrebbe abbandonato…».
Certo però, oggi è difficile dire questo soggiorno nella Locride quanto durerà: a parte l’immediato la parrocchia, la Diocesi locrese come riusciranno a fronteggiare le necessità che l’accoglienza comporta? «Intanto, speriamo che anche lo Stato contribuisca. Noi, finché ci riusciremo, staremo accanto a queste persone in tutto e per tutto: abbiamo aperto per loro un grande palazzo a quattro piani, ogni famiglia ha un suo appartamento e tutti i comfort che non mancano nelle nostre famiglie. Fin dal primo giorno, hanno iniziato a cucinare e a provvedere da soli alle proprie esigenze. Il futuro? Difficile che restino per sempre, il loro più grande desiderio è tornare a casa prima possibile».

«Vivere accanto a una chiesa ci aiuta molto»

Natalya, una degli ucraini accolti a Siderno Superiore

Natalya, in arrivo da Leopoli, ribadisce la gratitudine al parroco di Siderno Superiore: «Sono stati molto accoglienti. Certo non avrei mai immaginato di vivere a fianco di una chiesa: questo ci aiuta molto moralmente, a fronteggiare l’orrore infinito della guerra. In Ucraina sono rimasti mio marito e tanti nipoti e altri parenti: purtroppo, hanno paura anche d’uscir di casa».

Papà Ivan e i suoi bambini

Ivan, uno dei profughi ucraini accolti a Siderno Superiore

Colpisce, vedere tra gli sfollati giunti in quest’antico borgo medievale anche un uomo di 34 anni: il pensiero va al divieto di lasciare l’Ucraina per gli uomini fra i 18 e i 60 anni. Ma Ivan non s’è nascosto, non ha violato alcuna legge: «Abbiamo 6 bambini e non potevo abbandonare la mia famiglia: la legge ucraina in questi casi consente di non restare a combattere, ma d’assistere i figli. Siamo arrivati in Slovacchia, poi siamo entrati in contatto con don Giuseppe… e ora siamo qui. In Ucraina sono rimasti molti amici e alcuni parenti. Come vedo il futuro nostro e dei nostri sei figli? In qualche modo si farà… I bambini andranno a scuola, sicuramente anche il meraviglioso popolo italiano ci darà una mano e faremo di tutto per riuscire ad andare avanti».

Tanya, una dei profughi ucraini accolti a Siderno Superiore

Gli fa eco la moglie Tanya, 31 anni: «Io spero tanto che i bambini possano crescere bene, andare a scuola e imparare, e di riuscire a trovare un lavoro per mandare avanti la famiglia. Però spero anche, un giorno non troppo lontano, di tornare nel mio Paese in pace e tranquillità e contribuire a ricostruirlo… Avevamo una casa tutta nostra, un lavoro. Ma davvero non potevamo restare: ogni giorno, sentivamo le sirene che annunciavano i bombardamenti. Avendo qui qualche parente, con Ivan abbiamo deciso di proteggere i nostri bambini scappando da lì».

«Mia figlia era già qui, le ho portato i bimbi»

Lydia, una dei profughi ucraini accolti a Siderno Superiore

Lydia arriva da Stryj, città di 57mila abitanti nelle vicinanze di Leopoli, e aveva una figlia già da queste parti, in Italia. «Ma mio marito e mio figlio sono rimasti in Ucraina a combattere e questo mi preoccupa moltissimo: la situazione è tragica, lì – spiega al cronista -. Al terzo giorno di guerra, visto che mia figlia era già qui, ho chiesto di portarle i bambini».
Ma complessivamente, come vede la questione dell’accoglienza degli sfollati ucraini che, tra i 7 e i 10 milioni, ovviamente premono alle porte del resto d’Europa? «In Italia e nel resto d’Europa credo che non sarà un problema, rispetto alla popolazione del continente noi profughi non siamo poi tanti – afferma Lydia -. E qui in Italia sia don Giuseppe sia tutti gli altri ci hanno riservato un’accoglienza meravigliosa. Il nostro cruccio è chi è rimasto in Ucraina a combattere… Quanto tempo resteremo qui? Nessuno sa quanto durerà questa guerra né come finirà. Certo, vorrei tanto che i Paesi della Nato e gli Stati Uniti aiutassero a far finire questa guerra e a far smettere i russi di rovinare le infrastrutture, le città, le case del mio Paese».

In fuga da bombe e mitragliatrici

Nessuno di questi profughi ha episodi di sapore bellico da raccontare, per fortuna. Peraltro, non tutti hanno voglia di parlare «Una di queste donne, una giovane madre che preferisce stare in silenzio – aggiunge don Giuseppe Alfano – ha guidato per quattro giorni di fila, anche di notte, pur d’arrivare prima possibile ai confini della Slovacchia. Natalya ci ha raccontato che per tre notti ha dormito in un bunker antiaereo… Vero è che parecchi di loro non sono stati sotto le bombe o sotto il fuoco delle mitragliatrici ma, per paura, sono fuggiti prima, cercando di mettersi in salvo. Ma è vero pure che i loro affetti più cari sono rimasti lì».

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