Il Sappe, sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria, precisa che i dati forniti dalla Uil sono incompleti poiché non tengono in considerazione il fatto che un intero reparto su tre piani con annessa sezione differenziata, che in passato riusciva ad ospitare oltre 180 reclusi, è da anni inagibile e in fase di ristrutturazione. I posti letto in totale non sono attualmente 322 ma 140, con un limite di tolleranza fino a 170, ed una presenza di 260 detenuti
Al contrario dei dati forniti dalla Uil, al carcere di Messina c’è un’alta percentuale di sovraffollamento. A precisarlo è il Sappe, sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria.
La statistica della Uil, infatti, non tiene conto del fatto che – scrive il sindacato – “un intero reparto su tre piani con annessa sezione differenziata, che in passato riusciva ad ospitare oltre 180 reclusi, è ormai da anni inagibile ed in fase di ristrutturazione; il reparto femminile anch’esso da alcuni mesi è stato dichiarato inagibile, mentre una piccola sezione che dovrebbe ospitare i detenuti nella fase successiva all’arresto è in attesa di riapertura. La chiusura dei reparti sopra menzionati ha determinato a tutt’oggi una sottrazione di almeno 170 posti letto per cui l’attuale capienza regolamentare è sensibilmente diminuita rispetto ai dati forniti dal dipartimento che fanno riferimento alla struttura a pieno regime. Quindi, l’attuale capienza regolamentare potrebbe essere facilmente stimata in circa 140 posti con una tolleranza sino a 170 per cui, considerato che nel dato fornito si contano al 31 dicembre 2013 circa 260 detenuti, è di tutta evidenza che al carcere di Messina vi è un sovraffollamento di oltre l’80%”.
Il sovraffollamento è uno dei principali problemi che caratterizza il sistema penitenziario, “le cui conseguenze ricadono spesso proprio sul personale di Polizia Penitenziaria – a cui va il plauso del sindacato per il lavoro quotidianamente svolto – per le enormi difficoltà che caratterizzano le giornate di un istituto penitenziario”.
Il sindacato sottolinea infine i 20 tentativi di suicidio sventati nel 2013, proprio dalla polizia penitenziaria, “nonostante una cronica carenza di personale che costringe gli operatori a turni massacranti e spesso anche alla rinuncia dei diritti soggettivi”.