In copertina c'è scritto "i loro ideali avrebbero reso eterno quell'amore. L'antifascismo e la libertà". Ma oggi come la libertà e il pluralismo informativo convivono?
Giorni di grande fermento e (rispolverata) di forti ideali comuni sono stati quelli appena vissuti dalla città dello Stretto. La presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della consegna del premio internazionale Bonino-Pulejo, e della presentazione del libro “Icaro, il volo su Roma” (Rizzoli) di Giovanni Grasso – Consigliere per la stampa e la comunicazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Direttore dell’ufficio stampa della Presidenza della Repubblica – ne sono stati sicuramente i fomentatori.
L’antifascismo che non conoscevamo
Con “Icaro, il volo su Roma” la parola chiave di questa ventata di consapevolezza sociale è stata libertà. Perché questo è quello per cui vive e in cui crede il protagonista del romanzo storico: Lauro De Bosis. L’eclettico Lauro De Bosis. Poeta, intellettuale, un dandy degli anni ’20, che se in un primo momento aveva avuto delle simpatie per il Regime Fascista, dopo il delitto Matteotti fonda una società segreta – Alleanza Nazionale – che ha il compito di distribuire segretamente volantini contro il Regime. Si conferma uno dei pionieri dell’antifascismo.
Ma il protagonista non è solo lui: nel 1928 vola a Roma l’attrice teatrale americana Ruth Draper, donna indipendente, schiva, totalmente devota alla sua carriera.
“E che cos’era, se non l’assenza di libertà, la scarsa consapevolezza dei propri diritti, la condizione d’inferiorità della donna, il perbenismo ipocrita, il rifiuto del confronto e la paura della diversità, a tenere lo spirito italiano imprigionato nella gabbia della dittatura, lontano anni luce dalla modernità e dal progresso?”
dal libro “Icaro, il volo su Roma” (Rizzoli, 2021)
Si incontrano ad una movimentata serata a teatro – clichè? Eppure è andata realmente così – e tra loro nasce un amore inaspettato, folgorante, travolgente nonostante i 17 anni di differenza. Ma ciò che rende questo amore forte e indissolubile è l’amore per l’antifascismo, e la lotta al fascismo. L’obiettivo di ridonare libertà sociale alla comunità, a se stessi, è il fulcro dell’impresa che De Bosis vuole portare a termine sulla Capitale: un volo in solitaria, breve ma di impatto, che progetta da anni con lo scopo di lanciare quattrocentomila volantini contro il Regime sui luoghi simbolo del fascismo. Ci pensate? Quattrocentomila volantini, che l’autore ha spiegato essere piccoli e leggeri come metà di un pacchetto di sigarette, agli inizi degli anni ’30 per non far spegnere la fiamma della consapevolezza comune.
“Cosa ho io di speciale?”
dal libro “Icaro, il volo su Roma” (Rizzoli, 2021)
“La fortuna degli audaci… Auguri per la tua guerra! Morte ai fascisti!”
“Non è la mia guerra. È la guerra di tutti.”
La morale di un popolo, l’ideale di libertà, quella libertà individuale che ha il sacrosanto diritto di essere rivendicata per migliorare e rafforzare la libertà sociale, tasto dolente di ogni forma di governo. Sì, perché è impossibile mettere tutti d’accordo, ognuno pretende la propria libertà nelle sue forme per essere pienamente soddisfatto dell’operato di chi “occupa la poltrona”. Il tassello che incastra tutto armoniosamente è quello che rappresenta la cura, il rispetto, il desiderio e la consapevolezza che un singolo, insieme ad altri singoli, crea unità al fine di regalare e regalarsi una pacifica esistenza nel luogo in cui vive.
E oggi come si comunica in libertà?
Appena ho saputo dell’incontro con l’autore Giovanni Grasso – che si può dire impersonifichi la comunicazione del nostro Capo di Stato – e conoscendo il romanzo, ho pensato a come la realtà sia cambiata e come sia rimasta identica a quel periodo, sotto certi aspetti. E sarà stato lo spirito rivoluzionario che ancora continua un po’ a fermentare a 25 anni per giovani leve (si spera) come me, ho pensato a come la libertà di manifestazione del pensiero nella nostra società sia fortemente influenzata dal mezzo attraverso cui comunichiamo maggiormente. E questa libertà come ci fa sentire? Siamo consapevoli del potere e delle responsabilità che derivano da quell’arnese che abbiamo sempre con noi? Quante libertà ci siamo presi e ci prendiamo grazie ai mezzi di comunicazione? Ma soprattutto come le istituzioni si sono adattate ai cambiamenti della loro comunità? A questo mi ha risposto proprio il portavoce del Capo (dello Stato) “La comunicazione è un settore in continua evoluzione, naturalmente le evoluzioni risultano sempre più ravvicinate e spesso rivoluzionanti. Chi fa comunicazione deve riuscire a stare al passo con le grandi novità, e le istituzioni devono saper convivere con i tempi veloci e rispondere alle esigenze della comunità. Soprattutto non è sempre essere presente su una piattaforma, ma come utilizzarla, come saper entrare nel meccanismo informativo. È un lavoro ed un processo al quale tutti siamo – volenti o nolenti – chiamati.”
Sì, ma il pluralismo informativo?
La figura del giornalista, in questa rivoluzione comunicativa, si ritrova a fare il funambolo, tra rispettare la deontologia della professione, interessando il lettore e la necessità di campare rispondendo alle incertezze circolanti. Allora mi sono chiesta come il mondo della comunicazione in Italia sia stato tutelato (più di altri Paesi, ricordo che siamo tra i pochi ad avere un ordine professionale) ma allo stesso tempo dimenticato, soprattutto quando la concentrazione economica ha un peso che supera il diritto costituzionalizzato della libertà di stampa quanto margine rimane al pluralismo informativo. Qui mi risponde Antonio Ivan Bellantoni, giornalista e portavoce parlamentare che ha curato e condotto l’incontro “Tutti coloro che lavorano nella comunicazione a livello istituzionale hanno bene in testa che la realtà non contempla in Italia un concetto di pluralismo normale, anche di meritocrazia. Stentiamo a renderlo concreto. Siamo l’unico paese in cui la tecnica di informazione è inquinata dalla costante ricerca del potere, e di sottostare al potere senza la reale necessità: siamo in democrazia e non in dittatura, non abbiamo motivo di andare dietro i politici, eppure. Questo meccanismo distrugge il pluralismo informativo, la possibilità economica dei giornalisti, e purtroppo se ci trasferiamo nell’aspetto commerciale dell’informazione, lì valgono i numeri: le aziende editoriali per sopravvivere devono seguire gli azionisti più forti ed il loro volere. Succede spesso che per la presenza di tale azionista una notizia che lo riguarda non può essere pubblicata. E così si rimane impantanati. È necessaria una regolazione del pluralismo, soprattutto rispettando le politiche europee sulla concorrenza. Allora lì, in quel momento, potremo ritrovare l’equilibrio”.
E se un gesto come quello di De Bosis diventa leggenda, per noi è ancora avanguardia.