Alla sbarra i rampolli del clan di Barcellona, condannati in appello. Ecco il dettaglio
MESSINA – Reggono al vaglio dei giudici di secondo grado le ipotesi della magistratura contro i “rampolli” dei barcellonesi, coinvolti nell’inchiesta Dinastia. In primo grado, un anno fa, erano state 42 le condanne in abbreviato per la “mafia 2.0” e lo spaccio tra Barcellona e Milazzo
Oggi la Corte d’appello di Messina ha rivisto diverse condanne, disponendo parecchie prescrizioni, assoluzioni parziali e totali e intervenendo in particolare sulle contestazioni relative agli episodi di spaccio di droga, ma conferma la gran parte condanne, pur con “sconti di pena per tutti”.
Ecco il verdetto
Scende a 9 anni e 4 mesi la condanna per Francesco Anania e Salvatore Bucolo; 10 anni per Antonino Recupero, Daniele Bertolami, Salvatore Felice Chillari e Carmelo Cannistrà; 5 anni per Pietro Bonfiglio, Fabio Crea, Carmelo Driacchio e Vincenzo Gullotti; 3 anni ad Alessandro Calderone; 4 anni a Dylan Seby Caliri; 10 anni e mezzo a Pietro Caliri; 2 anni e mezzo per Carmelo Chiofalo; 4 anni e 8 mesi per Carmelo Vito Foti, Salvo Di Mauro e Rosaria De Gaetano; 13 anni per Giovanni Fiore; 8 anni e 8 mesi per Vito Vincenzo Gallo; 1 anno e 4 mesi per Mattia Giardina; 2 anni a Francesco Iannello e Samuele Marino; 9 anni per Salvatore Laudani; 4 anni e mezzo per Mattia Jesus Piccolo; 8 anni e mezzo a Gjergj Preci; 8 anni e 1 mese a Giuseppe Puliafito; 15 anni e 4 mesi per Giuseppe Puliafito; 4 anni a Carmelo Quattrocchi; 12 anni e 2 mesi a Giuseppe Scalia; 3 anni e 4 mesi a Carmelo Tindaro Scordino; 6 anni e 8 mesi per Antonino Signorello; 4 anni e 4 mesi per Sergio Spada; 8 anni e 4 mesi per Andrea Villini.
Scagionati del tutto Francesco Scarpaci, Massimiliano Munafò e Claudio Febo.
Condanne confermata in toto per Giovanni Crinò, Bernardo Mendolia, Lucia Bilardo, Lorenzo Mazzù, Santo Tindaro Scordino.
I condannati dovranno risarcire le spese alle associazioni antiracket che erano parti civili, le sigle Addio Pizzo e Andrea Agosta.
La droga corre sui social
59 gli arresti dei Carabinieri, dopo l’inchiesta sulle nuove leve della mafia del Longano che estorcevano le attività economiche a tappeto e che si sono rituffati nella droga quando la crisi ha ridotto gli introiti del pizzo. Documentati diversi rifornimenti a Messina, in particolare a Giostra.
I pusher piazzavano le dosi tra Barcellona, Terme e Milazzo a giovani e meno giovani acquirenti che per non lasciare tracce ordinavano attraverso i social, su internet. A confermare i sospetti degli investigatori messinesi sul grosso giro di droga che aveva ripreso a circolare sulla zona tirrenica del messinese è stato Alessio Alesci, passato alla collaborazione con la giustizia.