Memorabile concerto ieri sera al Teatro Antico. Tra musica, sorrisi e impegno, arriva anche una dichiarazione di matrimonio...
di Gianluca Santisi
TAORMINA – Scherza, gioca col pubblico, canta, parla e racconta. Diverte e si diverte. Ma i suoi testi arrivano dritti in pancia, costringendoti a fare i conti con te stesso e con la realtà, spesso non bella, che ti circonda. Giuseppe Attardi, eccellente critico musicale, l’ha definito l’ultimo dei cantautori. Un’iperbole, la sua, ma non tanto distante dalla verità. Perché se la chiave degli artisti veri è quella di saper “leggere” la società e restituirtela sotto forma poetica, pochi al giorno d’oggi sono in grado di farlo con la stessa lucidità e (l’apparente) semplicità di Dario Brunori. Che si parli di politica, di razzismo, della perdita dei propri cari, del potere della musica o di sentimenti universali come l’amore. La sua Brunori Sas ieri sera ha fatto tappa al Teatro Antico di Taormina, per l’unica data siciliana del tour estivo. Un evento non sold out (ma comunque con un notevole colpo d’occhio e tanto, tanto calore), prodotto da Vivo Concerti, ben organizzato e promosso da Giuseppe Rapisarda Management.
“Io avrei voluto suonare nel parcheggio di un centro commerciale ma mi hanno dato questo posto qui. Bello sì – scherza Brunori – ma qualche ritocchino servirebbe. Che so, un cappotto termico, un 110…”. In uno scenario unico al mondo, magico, Brunori canta e tra un brano e l’altro parla. Di sé e degli altri. Di noi. La baia di Naxos sullo sfondo e uno spicchio di luna in cielo. Si fa serio quando invita a riscoprire il fanciullino pascoliano ormai sepolto nel nostro animo (“forse tante cose brutte non accadrebbero…”), indossa i panni di Padre Brunori quando dà il via libera alla dichiarazione di matrimonio di un amico tra il pubblico (e la benedice nel “nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Sas”), si diverte persino a twerkare durante un brano (“Sono l’Elettra Lamborghini del cantautorato!”). Bravissimi i musicisti che lo accompagnano sul palco (“l’Orchestra Sasadei”), ricca e lunga la scaletta: 21 brani per quasi due ore di musica. Ecco, a voler fare un appunto da estimatore di vecchia data, spiace per i pochi brani eseguiti dai suoi primi tre album, la “trilogia dei volumi” (e nessuno tratto dal Vol. 2), mentre sono stati gli ultimi due, “Cip!” e “A casa tutto bene”, a farla da padrone. Una scelta legata probabilmente agli effetti della pandemia, che negli ultimi anni ha frenato la presentazione live dei brani di più recente produzione. Momento memorabile, tra le tante emozioni della serata, una “Kurt Cobain” da brividi al piano, che ha spinto il pubblico prima ad un interminabile applauso e poi ad una standing ovation. Strameritata.