“Umanità Nova”. Anarchismo, rivoluzione e il dovere della memoria

“Umanità Nova”. Anarchismo, rivoluzione e il dovere della memoria

Emanuela Giorgianni

“Umanità Nova”. Anarchismo, rivoluzione e il dovere della memoria

mercoledì 24 Agosto 2022 - 07:10

Al Cortile Teatro Festival, i Moti di Reggio del ‘70 sono i protagonisti dell’ultima fatica della compagnia Carullo-Minasi, con la drammaturgia di Fabio Pisano

Gli anni ‘70, l’Italia difficile del tempo, la nostra Storia, i conflitti generazionali, 5 giovani, l’anarchia, la lotta per la libertà, la forza della rivoluzione ma la perdita di un’occasione, l’imposta dimenticanza e il dovere della memoria.

Una storia di vita, di morte e di desideri. Questo, e non solo, è “Umanità nova, cronaca di una mancata rivoluzione”, della compagnia Carullo-Minasi, in coproduzione con Sciara Teatro. Il Cortile Teatro Festival porta in scena all’Area Iris il primo studio (cui seguirà il secondo), interpretato da Giuseppe Carullo, con la drammaturgia di Fabio Pisano e la regia di Cristiana Minasi.

Umanità Nova. I due studi

Umanità Nova è stato un settimanale anarchico, nato negli anni ’20 del Novecento. Non poteva essere più azzeccato il titolo per uno spettacolo che racconta l’anarchia, in maniera libera e critica, con protagonisti coloro i quali hanno lottato, durante i Moti di Reggio del ’70, per restituire una “nuova umanità”. Sono i cinque anarchici della Baracca su cui troppo a lungo è stato imposto il silenzio. I giovanissimi Gianni Aricò, la fidanzata Annelise Borth detta “Muki”, Angelo Casile, Franco Scordo e Luigi Lo Celso.

Lo spettacolo procede per studi, offrendo voci, linguaggi e punti di vista diversi. Nel primo studio un inedito Carullo, in scena senza Minasi, dà volto e voce ad un giovane. Dà voce alla sua vita tra due malattie diverse e in realtà simili: la poliomielite e l’anarchismo; ai suoi conflitti con il papà; ai suoi sogni e ideali e all’Italia del suo tempo. Solo a narrazione inoltrata scopriamo che questo giovane altri non è che uno dei cinque anarchici: Angelo Casile. Angelo, allora, circondato da 4 sedie vuote, ci parla dei suo compagni, del loro lavoro e del loro terribile incidente, su cui si soffermerà, poi, il secondo studio.

I cinque giovani avevano portato avanti una contro-inchiesta, raccolto fatti, trovato collegamenti, rivelato i ruoli oscuri e i fili nascosti che orientavano i moti. Avevano, così, compilato un dossier di denuncia sulla rivolta e sulla Strage di Gioia Tauro da consegnare alla redazione di Umanità Nova a Roma. Un dossier che forse avrebbe cambiato l’Italia, ma che non arrivò mai a destinazione. I cinque giovani persero la vita in un misterioso incidente sull’autostrada del Sole, a pochi chilometri dal loro obiettivo. E il dossier? Sparito.

La ricerca della verità

Ma, se la loro battaglia è stata negata, la loro rivoluzione stroncata, lo spettacolo vuole, invece, anche per loro e in loro nome, donarla una nuova umanità, dimostrarla possibile.

Un anno intero di studio, analisi e ricerca della Compagnia per descrivere questo periodo così difficile per l’Italia, costituito da tante zone d’ombra e uomini senza volto; per smettere di ignorare una storia che ha fatto la Storia, ma troppo si è cercato di mettere da parte, far dimenticare.

Cosa discrimina un evento dall’essere storia o dal restare oblio? È la domanda che si pone la drammaturgia, approfondendo i fatti, seguendo gli eventi, da Reggio a Milano.

La verità non è mai cercata ma sempre costruita” afferma Casila. “Umanitá Nova”, invece, vuole proprio fare il contrario: non pretende di costruire una Verità, assoluta o definitiva, ma dà valore alla sua ricerca, alla necessità di ricomporre ciò che è accaduto, facendosi essa stessa Storia, una storia che, come direbbe Benedetto Croce, “non è mai giustiziera, ma sempre giustificatrice”.

Il testo di Pisano, la regia di Minasi e l’interpretazione di Carullo lavorano in simbiosi per uno stesso obbiettivo: dar voce a ciò su cui, troppo a lungo, è stato imposto il silenzio, offrendo diverse sfaccettature, con chiarezza e profondità, ma senza mai alcun giudizio. Restituirci una Storia, la nostra, necessaria perché unico specchio di ciò che siamo, che possiamo o che non dobbiamo essere.

Narrare è resistere

La compagnia Carullo- Minasi, pur nella diversità delle tematiche trattate, conferma sempre la sua visione del teatro come processo formativo tanto per chi assiste quanto per chi crea. Qui, ci tengono a precisare nelle note di regia, il valore del raccontare è ancora maggiore; qui, come scrive Luis Sepulveda: “Narrare è resistere”. E la drammaturgia di Pisano lo fa con precisione e rigore, è brillante e inattaccabile, pur trattando un tema estremamente delicato.

Un incontro fortuito fra i tre che rende la loro opera capace di mostrare realtà pesanti senza mai appesantire, angosciare, annoiare. Si ride e ci si diverte, i tempi sono scanditi dalla attenta scelta musicale, dai The Byrds a David Bowie, passando dai Rolling Stones e Barry McGuire; Carullo (che è nato proprio a Reggio Calabria) cattura con la sua mimica, le sue espressioni, i suoi cambi di tonalità e intenzione e i suoi estremi meta teatrali.

Scelta coraggiosa il finale, sospeso, forse un po’ troppo. La repentina interruzione della narrazione, nel momento in cui viene raggiunto il suo centro focale, priva un po’ di intensità il racconto, lo indebolisce ma alimenta, al tempo stesso, l’attesa del prossimo capitolo, genera curiosità e spinge alla ricerca personale di dettagli sulla storia. Umanità Nova colpisce ed emoziona il pubblico, che agli applausi si alza in piedi. 

Allo spettacolo collaborano Fabio Cuzzola, Giovanna La Maestra e Massimo Ortalli; la consulenza musicale è di Alessandro Calzavara, assistente alla regia Sergio Runci.

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