“No al business dei migranti a Messina”. D’Uva e Zafarana contro il Cara a Bisconte

“No al business dei migranti a Messina”. D’Uva e Zafarana contro il Cara a Bisconte

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“No al business dei migranti a Messina”. D’Uva e Zafarana contro il Cara a Bisconte

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domenica 04 Gennaio 2015 - 09:04

I deputati del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva e Valentina Zafarana bocciano la decisione del Ministero dell’Interno di rendere agibili i plessi non utilizzati dell’ex caserma Bisconte per costituire un nuovo Cara a Messina. I 5 Stelle chiedono all’amministrazione comunale e alle forze politiche cittadine una netta presa di posizione contro questo progetto

I migranti rendono più della droga”. Questa frase, tristemente celebre, che emerge dalle intercettazioni dell’inchiesta di corruzione e mafia, “Roma Capitale”, fotografa bene quello che viene chiamato “il business dell’accoglienza”, per anni denunciato – invano – da giornalisti, attivisti e associazioni. Gli atti della stessa inchiesta interessano direttamente gli appalti e i finanziamenti destinati ai centri di prima accoglienza, primo tra tutti quello di Mineo – provincia di Catania – il più grande Cara – centro di accoglienza richiedenti asilo – d’Europa. Nonostante tutto, però, il Ministero non sembra voler rinunciare alla politica d’accoglienza emergenziale e securitaria di cui i centri come i Cara sono una tipica espressione, stanziando 3 mila euro per la ristrutturazione dei plessi in disuso dell’ex Caserma di Bisconte, a Messina, per realizzare un nuovo cento per rifugiati.

Contro l’ipotesi di istituire un Cara a Messina si schierano il parlamentare nazionale alla Camera Francesco D’Uva e la deputata all’Ars Valentina Zafarana, entrambi messinesi eletti in quota Movimento 5 Stelle. I deputati 5 Stelle auspicano, inoltre, un cambiamento di rotta nelle politiche regionali e nazionali sull’immigrazione e l’accoglienza, alla luce del sistema malato messo in luce dall’inchiesta romana. “Malgrado gli scandali dell’inchiesta Mafia Capitale abbiano messo in evidenza come certe modalità di accoglienza siano a rischio di infiltrazioni criminali – affermano i due parlamentari messinesi – pare non vi sia da parte del ministero dell’Interno nessuna volontà di correggere il tiro in funzione di soluzioni diverse per l’accoglienza dei migranti. Come ribadito dagli operatori del settore e dalle associazioni che da sempre sono a fianco dei richiedenti asilo, come sul fronte cittadino, il circolo Arci Thomas Sankara e la Rete Antirazzista Messinese, una terza via virtuosa rispetto alla militarizzazione esiste ed è quella dello Sprar che prevede un’accoglienza diffusa e gestita con un coinvolgimento diretto degli enti locali e dello stesso associazionismo territoriale. Cara, Cie – Centri di identificazione ed espulsione – e affini, altro non sono che mostri pensati per un elevato numero di migranti, atti ad alimentare un vero e proprio mercato oligopolistico di enti gestori attrezzati per fronteggiare un volume di affari cospicuo e blandito con più o meno successo dal malaffare”.

Sebbene anche il sistema degli Sprar – il sistema per richiedenti asilo e rifugiati gestito dall’Anci e generalmente classificato come forma di seconda accoglienza rispetto alla prima accoglienza dei centri ministeriali – necessiti di controlli attenti e rigorosi, l’idea di fondo, che consiste nell’accoglienza di piccoli gruppi di persone, è sicuramente più a misura d’uomo di quella massiva e militarizzata tipica dei Cara, per non parlare di quella direttamente detentiva dei Cie.

Attualmente un plesso dell’ex Caserma Gasparro di Bisconte è stato adibito, su volontà ministeriale, a centro di primissima accoglienza – CPA – che affianca la tendopoli del PalaNebiolo, per un totale di 200 posti. Gli altri edifici della struttura sono chiusi in quanto, al momento, inagibili. Il sopralluogo effettuato a Novembre da Francesco D’Uva e Valentina Zafarana ha rilevato condizioni di vita non idonee per l’accoglienza di 200 persone, con spazi troppo stretti nelle tre camerate con i letti a castello ammassati a distanza di pochi centimetri l’uno dall’altro e mancanza di privacy – le docce riservate alle donne sono divise solo da un pannello da quelle per gli uomini.

“La visita all’ala agibile dell’ex Caserma Gasparro – racconta Francesco D’Uva – ha evidenziato come pur in assenza di carenze strutturali di rilievo, gli spazi della stessa fossero tutt’altro che adatti ad una permanenza di medio-lungo periodo dignitosa”. Oltre alla non idoneità strutturale, spicca la difficoltà di gestione di un centro destinato ad accogliere centinaia di persone – se a Mineo, per un massimo di 2.000 posti si è arrivati a oltre 4,000 persone, è legittimo ipotizzare che a Bisconte, per un massimo di disponibilità di 400/600 posti si possa tranquillamente sfiorare il migliaio – situato in un popoloso quartiere del centro cittadino. Commenta Valentina Zafarana: “La vicenda del Cara di Mineo ci dovrebbe mettere in guardia rispetto all’opportunità di allocare questi centri militarizzati di accoglienza nelle zone economicamente depresse come purtroppo gran parte del territorio siciliano. L’esasperazione degli ospiti, comunque privati almeno in parte della propria libertà, costituisce una minaccia per l’innescarsi di tensioni sociali, nonché per l’inasprirsi di fin troppo prevedibili conati di neorazzismo da crisi economica”. Un esempio sintomatico, inoltre, è quello del centro di Pozzallo, dove spicca come simili modalità di gestione dell’accoglienza minaccino anche i più elementari processi di integrazione.

Insomma, un problema complesso che non può e non deve essere costantemente gestito solo dalle logiche emergenziali e di ordine pubblico. Per trovare una soluzione complessiva, oltre a modalità d’accoglienza più umane e rispettose della dignità dovuta ad ogni singola persona, è necessario anche l’impegno degli altri paesi comunitari. Il primo passo è, dunque, quello di modificare la cosiddetta “direttiva Dublino” – arrivata alla III edizione – che impone ai migranti di fare domanda d’asilo nel paese in cui è avvenuta l’identificazione. Una norma che lede la libertà di movimento e di scelta degli individui e penalizza i paesi di frontiera e di sbarco, primo tra tutti, ovviamente, l’Italia. Per questo D’Uva propone la creazione di un “diritto d’asilo europeo, atto a coinvolgere tutti i paesi dell’Unione nella gestione dell’emergenza dei richiedenti asilo”.

Ci auguriamo – concludono i parlamentari 5 Stelle – che assieme all’associazionismo virtuoso nel nostro territorio, le altre forze politiche e la stessa amministrazione comunale prendano una posizione netta di opposizione a questo progetto tutt’altro che virtuoso che ancora una volta lascia inascoltati gli appelli dei volontari, degli operatori, di coloro che si trovano giornalmente impegnati nella cura dei richiedenti asilo, in favore di approcci gravidi di potenziale malaffare, odio e tensioni sociali”.

Eleonora Corace

2 commenti

  1. Dopo aver partecipato all’abolizione del reato di immigrazione clandestina consentendo ai negrieri di arricchirsi con il commercio di esseri umani cosa pretendono ora?
    Sono dei politicanti di bassissimo livello!

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  2. Dopo aver partecipato all’abolizione del reato di immigrazione clandestina consentendo ai negrieri di arricchirsi con il commercio di esseri umani cosa pretendono ora?
    Sono dei politicanti di bassissimo livello!

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