Da Villella & C. l'esortazione a Bonaccini, Schlein, De Micheli e Cuperlo ad adoperarsi per eliminare ogni problema, «relegandolo a un passato irripetibile»
REGGIO CALABRIA – «Infantili furbizie, deliri d’onnipotenza e false e ipocrite dichiarazioni pubbliche»: sarebbe questa la scena politica prevalente all’interno del Partito democratico calabrese, oggi, secondo il responsabile regionale della “mozione Cuperlo” Bruno Villella. Che non riesce a darsi pace: «È dal 31 gennaio scorso che si chiede di conoscere le ragioni dell’esclusione dall’anagrafe degli iscritti di dirigenti a tutti i livelli del partito calabrese. Sono stati investiti tutti gli organi congressuali e di garanzia preposti, locali regionali e nazionali».
Fin qui, nulla è bastato a fare chiarezza
A quanto pare, però, la pioggia di ricorsi non è bastata. Come non è bastata una messe di vere o presunte anomalie – dalle “non ammissioni” di big politici come Mario Oliverio o Francesco Sulla al corpo degli iscritti dèm a centri calabresi in cui il numero dei tesserati risulterebbe magicamente raddoppiato o addirittura triplicato in brevissimo tempo, a dispetto della cocente sconfitta delle ultime due Regionali di fila, fino al “caso classico” delle circa 2mila iscrizioni in una notte a Cosenza città – di cui son state corredate le diverse istanze.
Allo stesso modo, non è affatto risultata sufficiente la diffida alle Commissioni provinciali di garanzia di Cosenza e di Crotone, laddove una decina d’iscrizioni sono state “respinte al mittente” senza notificare nulla e senza spiegare nulla, almeno stando agli interessati.
Appello ai 4 candidati alla leadership nazionale
A questo punto, da Villella giunge un accoratissimo appello che guarda più in alto, molto più in alto: un appello ai quattro candidati all’incarico di segretario nazionale del Pd Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e (appunto) Gianni Cuperlo.
La questione è semplice-semplice: tra due giorni, i congressi in chiave territoriale – attualmente in pieno svolgimento – saranno conclusi. E allora, per provare a evitare benché in extremis che si consumi «lo scempio politico, pur d’impedire la partecipazione al Congresso di uomini e donne che hanno inteso rinnovare liberamente la loro iscrizione al partito, consapevoli della necessità di doversi battere nella difficile opera di cambiare profondamente il Pd», l’appello è direttamente ai quattro dirigenti «che rappresentano i semi, in termini d’aspettativa, per la rinascita del Pd. A loro ci rivolgiamo – scrivono Villella & C. – affinché con spirito unitario si facciano carico della corretta applicazione delle regole congressuali, anche in Calabria, eliminando ogni eventuale impedimento residuo, relegandolo a un passato irripetibile».
L’accusa: «Gestione spregiudicata e arrogante del potere»
La speranza formulata da chi ha presentato un ampio ventaglio di ricorsi è che le «contese sul nulla» incarnino un «ossimoro residuale» rispetto alla gemmazione di un Partito democratico realmente ‘nuovo’. Le «ambiguità che alimentano il giochetto del rimpallo delle responsabilità e gravi omissioni nell’attività di vigilanza e nell’attivazione di poteri sostitutivi delle istanze superiori» denunciate insieme all’«assoluta inadeguatezza» dei gruppi dirigenti dèm, però, non lasciano presagire nulla di buono al riguardo; o almeno, nulla di buono sul possibile avvento di una pacificazione politica interna al Pd che oggi appare lontanissima.
E allora, prosegue l’appello, «ci affidiamo alla vostra nota sensibilità politica, alla vostra cultura e formazione per il rispetto dei diritti e delle libertà, di farvi carico affinché gli organismi preposti chiariscano le ragioni che impediscono il tesseramento di militanti in Calabria».
In definitiva, se non ci sono cause ostative («come avrete modo d’accertare immediatamente», affermano i cuperliani), «si proceda all’immediata iscrizione al partito degli esclusi. Un atto riparatorio che almeno consenta di poter partecipare ai congressi» dopo il prevalere di quelli che vengono seccamente definiti «pretesti» capaci, stando a Bruno Villella e compagnia, di far «degenerare la lotta politica esclusivamente in barbarie, finalizzate alla gestione personale, spregiudicata, arrogante e assolutamente dannosa, del potere».