"Noi, 12 figli di un dio minore, raccontiamo chi siamo". Una lettera contro bugie e ingiustizie

“Noi, 12 figli di un dio minore, raccontiamo chi siamo”. Una lettera contro bugie e ingiustizie

Francesca Stornante

“Noi, 12 figli di un dio minore, raccontiamo chi siamo”. Una lettera contro bugie e ingiustizie

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giovedì 12 Marzo 2015 - 12:53

I 12 lavoratori in esubero e a rischio licenziamento hanno scritto una lunga lettera per rispondere ai tanti attacchi ricevuti in questi mesi e raccontare la storia di chi lavora da venti o trent'anni nella struttura di Montepiselli. Pesanti contestazioni alla Cisl che nei giorni scorsi beva puntato il dito contro questi 12 operatori.

Dal 31 marzo potrebbero definitivamente addio a quello che per decenni è stato il loro posto di lavoro. Per loro non c’è più spazio. Sono gli ormai famosi 12 lavoratori di Casa Serena che il nuovo bando vede in esubero. Erano in esubero anche a luglio, poi furono salvati in attesa di ricollocazione come è accaduto per altri colleghi, adesso l’incubo è ricominciato. Come se non bastasse la drammaticità di questo momento che stanno vivendo hanno dovuto incassare anche critiche da parte di alcuni colleghi e un duro colpo inferto da una organizzazione sindacale. Così hanno preso carta e penna e hanno scritto una lettera per raccontare chi sono. “I 12 figli di un dio minore”.

«Siamo 12 lavoratori, 7 donne e 5 uomini che lavorano dai 18 ai 27 anni a Casa Serena. Persone che, pur professionalmente qualificate hanno optato per svolgere il lavoro di “ausiliari” all’interno della Casa di Riposo, come richiesto dall’Amministrazione Comunale nel mese di luglio del 2014 e sono stati demansionati all’interno della struttura. Mentre i colleghi della 328 hanno fatto la libera scelta di firmare per riqualificarsi e svolgere un’altra mansione all’esterno, scelta dettata anche dal fatto di non dover rimanere a svolgere mansione di “ausiliari socio assistenziali” nel posto in cui avevano svolto mansioni superiori per lunghi anni.

In un sistema democratico, dove vige la giustizia, qualunque giudice è tenuto ad ascoltare entrambe le parti, prima di condannare gli accusati. Sino ad ora, noi siamo stati il capro espiatorio di tutte le colpe e le malefatte del passato, comprese le frustrazioni più profonde di tanti eventi negativi. Adesso, è giunta l’ora di dire la verità e come stanno i fatti, facendo ascoltare la nostra voce senza consentire più a nessuno di usarci a proprio piacimento, strumentalizzandoci e offendendoci.

Chi sono “I 12 figli di un dio minore”? Forse quelli che, hanno scelto di mettersi in gioco rimanendo sul “campo di battaglia” dopo tanti anni di lavoro prestato al servizio degli ospiti di Casa Serena? Forse quelli che, non sono stati messi in tempo al corrente dei fatti reali o non hanno optato per fuoriuscire dalla struttura dove prima svolgevano altri ruoli: amministrativi; assistente sociale; dietista; animatrice; magazziniera e giardinieri, in quanto, dal 1 agosto del 2014 hanno preso atto del loro demansionamento ed hanno svolto tutto ciò che gli venisse richiesto attraverso la pianificazione dei lavori? Forse persone preoccupate, individui di età compresa tra i 40 anni per due di loro, e tra i 50 e i 63 anni per il resto del gruppo, con qualcuno addirittura alla soglia della pensione? Forse quelli che ormai, facendo parte di un piccolo gruppo, non fanno più gola ad un grande sindacato come la Cisl che cerca di scaricarli e abbandonarli al proprio destino di disoccupati e disperati. Siamo persone distinte e umili, con una grande preoccupazione dopo quella della vita: quella del “posto di lavoro”.

Si vuole spezzare le gambe a chi si è messo in gioco per salvare il proprio posto di lavoro e il futuro dei propri figli e delle famiglie dopo 20/27 anni di sacrifici occupazionali che hanno creato uno stato perenne di precariato? Si vuole punire chi ha collaborato a qualunque “attività di ausiliare” richiesta: spazzare, lavare, spolverare, buttare la spazzatura, lavare i piatti, apparecchiare, predisporre l’office, portare i carrelli alimenti ai piani, accompagnare gli ospiti esternamente, raccogliere le loro richieste e compilare i moduli relativi, riordinare uffici, sostituire al centralino. Oppure, si vuole condannare lo “stato emotivo” di chi per fragilità non è riuscito a scendere in campo, subendo un profondo stress emotivo ormai comunemente denominato “mobbing”? Considerato l’origine di tale stress, possiamo definirlo “mobbing sindacale” che, se esasperato, porta alla violenza psicologica vera e propria. Chiediamo pubblicamente a tal proposito, a qualunque sindacato, di non infierire sui 12 lavoratori ormai provati da mesi di proroghe e incertezze, attraverso ulteriori articoli che sono divenuti soltanto sinonimo di crudeltà mentale».

Il riferimento è alla Cisl che appena due giorni fa aveva duramente criticato i 12 lavoratori che risultano in esubero a Casa Serena e che in questo momento vivono sul filo del rasoio perché non c’è alcuna notizia su quale sarà la loro ricollocazione.

«In modo rispettoso, chiaro e trasparente, si sta cercando di non arrendersi e di lottare con tutte le forze per difendere e conservare il posto di lavoro: per noi 12, questa è diventata una lotta per la sopravvivenza, senza mai far mancare agli ospiti della Casa che ci stimano e ci sostengono il massimo impegno nei loro confronti la cura, l’affetto e un profondo rispetto verso chi è più debole e necessita di vivere nel benessere e in un clima di serenità. In particolar modo, senza mai far pesare su di loro sotto qualunque aspetto, il nostro problema. Inoltre, ognuno per le proprie attitudini e capacità personali, ha affiancato e collaborato con i colleghi che, attraverso il loro patto di solidarietà, ci hanno consentito in questi mesi di continuare a prestare servizio a Casa Serena ed ai quali va il nostro ringraziamento. Purtroppo, la data del 31 marzo si fa sempre più vicina, data destinata a vederci fuori dalla struttura definitivamente».

Poi i 12 “figli di un dio minore” tirano di nuovo in ballo la Cisl e le dichiarazioni di qualche giorno fa chiaramente destinate proprio a chi oggi rischia di perdere il posto di lavoro.

«A cosa mira la Cisl? Distogliere e spostare l’obiettivo del Dipartimento e dell’Assessore ai Servizi Sociali nel trovare una ricollocazione altrettanto dignitosa per i 12? Incitare i lavoratori a scontrarsi in una battaglia tra poveri o, ancor peggio, a provocare odio e rancore, spingendoci a comportarci come belve tra di noi? 
Forse il sindacato sta cercando di scaricare su di noi le scelte, le colpe e gli errori commessi e fatti commettere ai lavoratori che, come noi, in tutti questi lunghi anni gli hanno dato fiducia. Noi che con il passare del tempo ci siamo trovati costretti a ritirare la nostra adesione e tessera, ricercando un po’ di trasparenza nl sindacato Orsa, che ha accolto tutti, indistintamente, sostenendo la nostra causa».

Alla fine l’appello che i 12 lavoratori lanciano alle Istituzioni: «Chiediamo di non sentirci più dire: “I soldi non ci sono più! Sono stati destinati altrove! Aspettiamo, vediamo! Facciamo passare il tempo!”. Tempo non ne abbiamo più. 
Per favore, consentiteci un nostro diritto inviolabile e democratico: quello di vivere dignitosamente del proprio lavoro, senza mendicare, sentirci ed essere di peso ad alcuno. Se l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro come si spiega che in modo così “antisindacale”, si possano discriminare i lavoratori non sostenendoli nel loro diritto della conservazione del posto di lavoro?
In questa nostra bella città, purtroppo, tutto è consentito: offendere, umiliare, calunniare chi non ha voce, chi è in un momento di debolezza, chi ha meno Santi in paradiso. Volete delle vittime, fare macelleria sociale, insomma che volete da noi?» si sfogano amaramente i lavoratori.

Hanno deciso però di non perdere la speranza e la ripongono in chi adesso dovrà prendere le decisioni da cui dipende il loro destino.

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