Dalle mani di "Mastru Vanni" alla passione dei figli: la storia degli artigiani Culici

Dalle mani di “Mastru Vanni” alla passione dei figli: la storia degli artigiani Culici

Giuseppe Fontana

Dalle mani di “Mastru Vanni” alla passione dei figli: la storia degli artigiani Culici

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domenica 30 Aprile 2023 - 08:28

Dal padre ai figli, la famiglia gestisce da 65 anni una falegnameria storica a Santo Stefano Briga. Ma le incognite sul futuro sono tante: "Nessun giovane vuole fare questo lavoro"

MESSINA – Recentemente Giuseppe Culici ha regalato al comico Fiorello, a margine di una puntata del suo celebre programma Viva Rai2, un intarsio, un quadro realizzato con piccoli tasselli di legno colorato, a testimonianza di un’arte antica e complessa, sempre meno frequente in Italia. Ma dietro il dono dell’artigiano messinese si nasconde un’attività di famiglia nata 65 anni fa dal talento del capostipite Giovanni, che oggi di anni ne ha 81 e che molti conoscono come “Mastru Vanni”. Poi sono arrivati Paolo e Giuseppe, i figli, a prendere le redini dell’attività, che da Santo Stefano Briga arriva in gran parte d’Italia, ma che forse pochi messinesi conosco.

Da Fiorello agli altri vip

“Non era la mia prima volta con un vip come Fiorello – racconta emozionato Giuseppe, il più giovane dei due fratelli -. In passato abbiamo fatto dei lavori, ad esempio, per Barbara De Rossi. Siamo stati anche sul set di un suo film con Massimo Boldi: un’emozione che si ripete nel tempo quindi essere accanto a Fiorello. Gli abbiamo regalato un intarsio, è un’opera realizzata con tanti pezzetti di legno che sistemati e trattati in un certo modo permette di arrivare a un particolare disegno, un quadro, una decorazione per dare valore ai mobili. Questa è un’arte che si sta un po’ perdendo ma che un tempo era molto in voga”.

La storia: “Mio padre ha 81 anni. Ha iniziato da apprendista a 5”

“Mio padre oggi ha 81 anni – continua Giuseppe, nel ripercorrere le origini dell’attività di famiglia – e ha iniziato a lavorare all’età di 5 anni. Andava a imparare il mestiere da un artigiano del paese, che tramandava la propria arte a lui e ad altri bambini. A quei tempi si usava così: mia nonna pagava il ‘mastro’, che poi quei soldi li dava a mio padre per farlo andare lì volentieri. E intanto imparava. Poi ha girato diverse aziende fino al 1958, quando ha fondato la propria. E noi siamo subentrati ormai oltre vent’anni fa. Mio fratello nel 1996 e io nel 2003”.

Cos’è cambiato? “Abbiamo modificato un po’ il modo di lavorare. Mio padre era prettamente un falegname, mentre noi ci siamo specializzati soprattutto in mobili e arredamento, infissi moderni. Abbiamo aggiunto molti macchinari e abbiamo studiato l’intarsio, una passione in cui ci siamo specializzati studiando da uno dei più bravi d’Italia, vicino Como. Ci ha trasmesso i segreti di un’arte bellissima”.

Com’è cambiata la clientela nell’era moderna

A cambiare, però, è anche la clientela. Giuseppe spiega come: “I clienti rispetto a tanti anni fa sono molto più esigenti. Spesso si affiancano ad architetti, ad esempio, quindi hanno esigenze precise su tipologie e verniciatura. Questo ci dà sempre stimoli per studiare e restare al passo coi tempi. Andiamo in giro per confrontarci con altri colleghi, in fiere e in altre città. Facciamo corsi d’aggiornamento su materiali e vernici, ad esempio. Ma restiamo artigiani: il nostro lavoro è artigianale”.

L’emozione e la passione degli artigiani

Il lavoro dell’artigiano richiede grande passione ma regala anche forti emozioni. Giuseppe ne ripercorre alcune: “Quando mio padre ci ha detto che è orgoglioso di noi mi ha molto colpito. Ogni lavoro ha emozione, se ti piace farlo. Uno a cui più legato? Premetto che ogni lavoro, indipendentemente di chi sia il cliente, è un pezzo unico e ancora oggi dopo tanti anni per me è così. Questo mi dà la stessa emozione del primo giorno. Riflettendoci c’è qualcosa di più particolare che mi è rimasto nel cuore. Abbiamo fatto 3 intarsi altri 3 metri e 10 centimetri e larghi due metri e mezzo. Sono composti da 700 tasselli e raffigurano 3 santi. La cosa bella è che li abbiamo realizzati quando c’è stata poi in paese una festa della cultura. Sono venuti in tanti a vederli: è stato molto emozionante”.

Il sogno: “Spazi per lavorare ed espositivi”

Dopo tanti anni d’attività, intanto, c’è ancora spazio per i sogni: “Mi piacerebbe che il sud e che Messina possano dare più possibilità per emergere. Spazi, ad esempio. Il nostro sogno è avere un capannone, spazio maggiore, poter fare esposizioni e dimostrare che noi artigiani del sud ci siamo, che siamo capaci di mostrare il nostro valore. Ma qui non ci aiutano e con le nostre forze nessun artigiano può fare, da solo, un passa del genere, sfidando ad esempio la burocrazia. Avere uffici, ma soprattutto un luogo in cui esporre le opere, sarebbe per noi bellissimo”.

I giovani e l’artigianato: “Nessuno vuole più farlo”

Ormai 76 anni fa, mastru Vanni ha iniziato a lavorare in questa arte, avvicinandosi a un’antica bottega. Oggi è possibile che i giovani si avvicinino all’artigianato e lo riscoprano? Per Giuseppe no: “Non ci è mai capitato onestamente. Qualcuno è venuto d’estate, ma come lavoretto, per racimolare qualcosa. Non c’è più la mentalità di voler imparare un’arte, perché servono sacrifici e tempo. Ci vogliono tanti, tanti anni e serve passione. Un vecchio falegname una volta mi ha detto: ‘Sai perché non ci sono più bravi falegnami? Perché nessuno si ferma più a guardare la propria opera’. Significa che non si può pensare solo ai soldi. Serve voglia, emozione, anche nel proprio mestiere, per arrivare a certi livelli”.

La famiglia Culici e il futuro

“Io guardo ai miei lavori e mi viene la pelle d’oca – conclude Giuseppe – ma non perché io sia bravo o meno. Ma solo perché lo faccio con amore. Per me non c’è un’opera più bella dell’altra, questo lo lascio dire ai clienti. A me piace fare questo mestiere, così come mi piace aggiornarmi e studiare. Queste realtà vanno mostrate di più, perché se no l’artigianato antico finirà per perdersi. E non parliamo solo dei falegnami, ma anche i tornitori, i calzolai, i mestieri definiti antichi”. E purtroppo l’attività della famiglia Culici non ha un futuro certo. Giuseppe spiega: “Cosa succederà tra qualche anno? Io non ho figli, mio fratello ha tre figlie che non fanno questo mestiere. Saremo costretti a chiudere, non potremo tramandare la nostra arte”.

Un commento

  1. Bravi e onesti artigiani con i quali sono onorato di avere avuto rapporti di lavoro. Mio padre frequentava la famiglia. Ricordo delle porte realizzate in massello e lamiera inserite in un arredamento da me progettato.

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