Richard Gere restituisce dignità al Festival riportandolo alla propria dimensione originaria: il cinema. Con l’inconfondibile aplomb che lo contraddistingue, l’attore statunitense ha parlato del proprio film “Time out mind” e della sua svolta indipendente. Intanto, Susan Sarandon è già a Taormina.
Un Festival delle donne e per le donne continua a raccontare storie al femminile. Il quinto giorno della manifestazione si apre con il film di Cecilia Peck, “Brave Miss World”, autentica e impietosa anatomia di uno stupro, un’opera frutto di un lavoro lungo e complesso che parla alle donne vittime di violenza, quella violenza efferata e brutale, fisica e morale. Con le donne, per le donne.
Quale omaggio migliore, dunque, del tanto atteso ospite dell’intera manifestazione, Richard Gere?
In una sala gremita di spettatrici – giornaliste, studentesse di ogni età, parrucchiere e truccatrici, autoctone e turiste – Richard Gere si presenta esattamente come te lo aspetti: fascino, misura, eleganza.
“Uno dei primi ricordi legati all’Italia è l’incontro, ai David di Donatello, con Giulietta Masina, quasi un’apparizione, per me, giovane ragazzo americano cresciuto vicino a Syracuse”. “Time out mind” è il film del quale vado più fiero, un’opera molto diversa, soprattutto sotto l’aspetto visivo, rispetto alle produzioni precedenti. C’è un lavoro complesso sulla scrittura, il cui tono è asciutto, scarno, diretto. La sceneggiatura è molto dura, così come lo è stata la realizzazione dell’intero film: un’esperienza molto forte per me, abituato ai riflettori, interpretare un invisibile per le strade della città. Lo abbiamo girato in 21 giorni – il tempo di realizzazione necessario per un indipendent movie – ed è stato mio interesse che venisse fuori l’aspetto low budget”.
Una conferenza intensa che ha restituito al Festival di Taormina la sua giusta dimensione. Il fascino e l’eleganza dell’ufficiale gentiluomo restano lì, nell’immagine di quest’uomo semplicemente impeccabile.
Giuseppina Borghese