Sono due le strade battute in cerca di una soluzione: quella dell’interlocuzione con l’Autorità portuale e le istituzioni locali, e quella del tavolo tecnico al Ministero delle Infrastrutture. Ma la vicenda presenta molti lati oscuri, e sembra lontana dal suo epilogo
Tarda ad arrivare una svolta nella vertenza dei lavoratori portuali ex “Garibaldi” . I 27 operai di Milazzo, rimasti senza lavoro a seguito della revoca delle autorizzazioni a lavorare nello scalo mamertino alla storica cooperativa “Garibaldi”, chiedono da mesi il reintegro in quello che considerano il loro porto. Attualmente, a occuparsi della movimentazione merci è la messinese COMET, del’imprenditore Ivo Blandina. I lavoratori chiedono invece che l’Autorità portuale applichi l’articolo 17 della legge 86/96, consentendo così alla cooperativa, costituita da 20 portuali su 27, di tornare a operare nello scalo.
Attualmente, la vertenza procede su due binari. Il primo è quello voluto dagli operai e dai sindacati che li rappresentano, e si basa su una trattativa con le istituzioni locali: Comune, Prefettura e la stessa Autorità. “Ai portuali interessa soltanto tornare nel luogo in cui hanno lavorato per anni” – spiega Filippo Sutera, sindacalista CUB – “e questa è una condizione imprescindibile della nostra battaglia. Una condizione propedeutica alla nostra richiesta fondamentale: l’applicazione dell’articolo 17, osteggiata dalle istituzioni con le argomentazioni più illogiche. Non c’è altra soluzione condivisibile per questa situazione”.
C’è poi un secondo binario, proposto dalla politica nazionale: quello di un’interlocuzione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. “Quanto emerso nei diversi incontri svoltisi all’Autorità portuale di Messina e al Comune di Milazzo dimostra una criticità che non può essere risolta in sede locale” – afferma il deputato PD Tommaso Currò – “e, preso atto della volontà comune di verificare nuovi percorsi in sede ministeriale, mi sono adoperato per la costituzione di un tavolo tecnico con tutte le parti interessate per trovare una soluzione che, in linea con quanto previsto dalla normativa, consenta a queste persone di poter ritornare a lavorare e ricevere un reddito per le proprie famiglie . Non si può lasciare alla discrezionalità dell’impresa portuale di turno il futuro di questi nostri concittadini che hanno pieno diritto di continuare a lavorare nel porto”. Una soluzione, quella del tavolo tecnico al ministero, condivisa dal deputato M5S Alessio Villarosa: “Il dott. Enrico Maria Pujia, rappresentante del Ministero, si è reso disponibile all’apertura di una discussione in merito alla vertenza. Chiedo quindi un nuovo incontro per poter stilare i punti definitivi da portare in discussione a Roma, e per stabilire alcune date utili da comunicare al Ministero per poter organizzare l’incontro nelle prime giornate di settembre”.
I due possibili sviluppi sembrano comunque rette parallele. “Il nostro interlocutore è l’Autorità portuale, e non il Ministero delle Infrastrutture” – spiega ancora Sutera – “abbiamo sentito parecchie promesse, ma a noi interessano solo fatti concreti. Queste vertenze fanno molto comodo ai politici, che possono farsi un po’ di pubblicità; noi, tuttavia, non abbiamo bisogno di appoggi politici per avere spazi di interlocuzione. Ogni disponibilità ad appoggiare la nostra battaglia è ben accetta, ma che non si cerchi di strumentalizzarci”.
Quali spiragli ci sono, dunque, per arrivare a una soluzione? “Nell’ultima riunione, convocata dal prefetto il 10 agosto” – conclude Sutera – “i rappresentanti della cooperativa non sono stati ammessi al tavolo tecnico. Quando poi lo stesso prefetto ha chiesto a noi sindacalisti di sospendere lo sciopero – che era stato organizzato il giorno stesso, ndr – non abbiamo accettato: noi rappresentiamo i lavoratori, e devono essere loro a prendere le decisioni. Il sindaco Giovanni Formica si è fatto garante dei prossimi incontri, nei quali speriamo di chiarire i troppi punti oscuri della vicenda. I lavoratori hanno diritto a riavere la loro dignità, e non permetteremo che questa assurda vicenda, né gli interessi di chicchessia, li privino di questo diritto”.
Giovanni Passalacqua