Lo spettacolo “Aramen & Stannum” è andato in scena al Teatro dei 3 Mestieri di Messina ed è stato apprezzato dagli spettatori
MESSINA – “Aramen & Stannum”: una produzione “Teatro Primo” andata in scena al Teatro dei 3 Mestieri il 20 e il 21 gennaio, per l’odierna convincente rassegna “Mi presento così”. Uno spettacolo tratto dallo script di Domenico Loddo, con interpretazione di Silvana Luppino e Domenico Canale, sotto la direzione di Christian Maria Parisi. Le statue celeberrime sono raccontate attraverso una potente drammaturgia che pone il focus sulla narrazione dell’impatto della scoperta, a vari e articolati livelli, in scenari mutevoli rappresentati a mezzo fantasiose combinazioni degli oggetti di scena e cambi d’abito dei due protagonisti.
“Aramen & Stannum”: sui Bronzi e il loro impatto ultracinquantennale sulle cose di casa nostra
L’emersione dalle acque dei due antichi personaggi greci è ad oggi ancora intrisa di aspetti leggendari, sin dal loro rocambolesco rinvenimento ed anche la loro appartenenza è controversa. I due corpi raffigurano Dei, Eroi o semplicemente uomini? Di sicuro ci riportano allo straordinario passato artistico della nostra civiltà, quali simboli rappresentativi di un’era di splendore. Le sculture ritrovate in maniera occasionale a Marina di Riace nel 1972, si ritiene siano di scuola Policletea ed è opinione prevalente che rappresentino guerrieri, nella specie opliti,distintisi per il loro eroico valore,nella posizione definita a chiasmo.Da lodare la magistrale resa attoriale, nel solco delle conformi intuizioni registiche, delle diverse figure, che, dall’incipt alla conclusione, hanno scandito la performance, sempre nel segno dei Bronzi: dagli stralunati musicista e attrice, alla aggressiva conduttrice di quiz con relativo strampalato concorrente, a due squallidi politicanti rappresentanti di maggioranza e opposizione, alla coppia di improbabili deità, fino alla quadratura del cerchio, con ritorno alla coppia iniziale sotto altre spoglie.
E gli interpreti hanno magnificamente cavalcato i passaggi, con autentica professionalità e innegabile verve, non risparmiandosi nella gestualità e nella mimica espressiva, che hanno sapientemente conferito valore aggiunto alla mera recitazione.
Le scene e i costumi, di fondamentale importanza nella piece, sono riferiti a Valentina Sofi.
Attraverso il mito e un percorso nei millenni si è infatti compiuto un significante viaggio semiserio che, avvalendosi di differenti quadri scenici e personaggi, è giunto ad esplorare la metafora dell’emigrazione, rigenerante per i territori.
Come ho già sostenuto la mutevolezza dei contesti è stata restituita attraverso un utilizzo, volta per volta altro, dei supporti in legno che da piedistalli hanno rimandato via via a pedane di studi televisivi per quiz o talk show, e a imbarcazioni dei viaggi della speranza, e di pochi altri oggetti simboleggianti strumenti musicali, oltre che dei modellini dei Bronzi stessi, in uno a indumenti diversificati, da impermeabili fosforescenti che hanno fatto il paio con ombrelli similari, a cravatte dorate, a tailleur paillettati, fino a palandrane raffiguranti le vesti di un Apollo e una Venere, per giungere, per sottrazione, a neri pantaloni e canottiere.
Del pari lodevole è stata l’illuminazione scenica, perfettamente resa, attribuibile a Guillermo Laurin.
In conclusione, la pièce tratteggia con padronanza encomiabile la storia di opere scultoree fra le più importanti a livello mondiale e ci conduce per mano a un superamento delle distanze, dei confini artificiosi fra culture, linguaggi e destini, per renderci parte della esistente vastità, da comprendere e veicolare, come questa rappresentazione è riuscita a fare, nel meritorio tentativo di sensibilizzazione: proprio in ciò si rintraccia l’etico fine ultimo, la “ratio” della narrazione teatrale in parola, a mio avviso, utilmente proponibile anche agli istituti scolastici.
Il numeroso pubblico, anche nella replica pomeridiana del 21 gennaio, ha mostrato convinto gradimento, con ripetuti applausi.