“Un momento di follia”, il fascino del proibito

“Un momento di follia”, il fascino del proibito

Tosi Siragusa

“Un momento di follia”, il fascino del proibito

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mercoledì 30 Marzo 2016 - 09:04

Sulla rotta della decima musa: se la tesi – non accettabile – è che non si può decidere da chi essere attratti. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Non convince l’opera cinematografica, che aspirerebbe ad essere un remake della dolce-amara commedia e strepitoso successo di Claude Berri del 1977 “Un moment d’ègarement”, che ebbe nel 1984 una riedizione americana (con “Quel giorno a Rio”) e si avvalse del manifesto realizzato da giornalista del satirico Charlie Hebdo, assassinato dai terroristi, Wolinski. Quelle che erano goffaggini, fluttuazioni e inebetimenti maschili dinanzi al desiderio, non risultano ora più credibili, anche perché lo statuto delle lolite è diverso e la donna sensuale (la cui età è aumentata) qui rappresentata mirerebbe a rendere tollerabile per il pubblico la relazione intrapresa. Non c’è anzi alcun rapporto, la liaison si interrompe quasi subito e il seduttore – sedotto passerà il resto del tempo (filmico) a resistere agli assalti della giovane ossessionata, dipinta quale ninfetta predatrice.

Nell’opera del '77 si assisteva (giustamente) ad uno shock generazionale, dove due padri della vecchia Francia erano opposti a due giovani emancipate e il seduttore attempato confessava il sentimento per la figlia al proprio amico, qui il finale consente allo spettatore di scegliere fra il ritorno alla “normalità” o l’accettazione di una passione “proibita”, in una confusione, ove i padri sembrano compagni eccitati dei figli. Peraltro, la precoce erotizzazione della giovane, mai motivata, vorrebbe essere normale e non esiste alcuna trasmissione di eredità generativa, ma solo edonistica affermazione di sé. I due amici di lunga data – dove Antoine (Francois Cluzet) è l’ingenuo della commedia dell’arte, il padre finto brontolone e intransigente, e Laurent (Vincent Cassel) quello estroverso, permissivo e cool, travolto dagli eventi – versano entrambi in crisi affettiva, il primo con una moglie sfuggente, e il secondo già divorziato e entrambi individualisti persi, trascorrono le vacanze in Corsica, con le rispettive figlie, Louna e Marie e la prima ha una cotta per l’amico di papà, mentre Marie sembra affascinata dal proprio padre. E mentre le giovani sono inebetite dai social e dalle discoteche, i padri attendono i loro ritorni discettando su esistenza e paternità. Finché accade il fattaccio e l’insolente Louna, complice il caldo e qualche bicchierino di troppo, seduce Laurent che, attratto, dimentica chi è l’adulto. L’idillio amicale allora precipita, laddove la ragazza confesserà al babbo quanto accaduto, tacendo però il nome dell’uomo, e Antoine inizierà la caccia al seduttore per vendicare l’onore (?) della fanciulla, fino alla finale e tardiva confessione di Laurent. Intanto Marie, figura più complessa, ha capito tutto immediatamente e allontana da subito la sua più cara amica, rifiutando anche il padre, che è così stretto tra l’amore per la figlia e il dolore di Louna, ma prosegue, comportandosi da vigliacco e non riuscendo, se non alla fine, a porre termine al disastro combinato.

Il lungometraggio è piuttosto storia di un’amicizia tradita, non di un amore impossibile, poiché Laurent non sembra innamorato della ragazzina, ma è caduto in tentazione in un momento di follia. Il film è stato accusato dai giornali francesi di essere sessista, poiché è la ragazzina a prendere l’iniziativa:in realtà si potrebbe dire che le giovani donne sono sempre state attratte dagli uomini più maturi, per cercare protezione, affascinate dalla loro esperienza e che, anzi, il personaggio è stato portato dai 15 anni del film originario alle soglie della maggiore età, ipocritamente, per evitare al pubblico un shock. Il prodotto finale è mediocre, dalla storia alla regia, alla fotografia, alle musiche, di Philippe Rombi e la recitazione, solo a tratti convincente, non può farcela a risollevare un vaudeville che, sostanzialmente, scivola sempre nel grottesco, laddove vorrebbe adeguare le vicende dei personaggi ai nuovi codici della commedia popolare francese, e riesce invece a restituire solo una fotografia di questi nostri tempi, ove non esistono adulti credibili. Se si vuol trovare un punto di forza è forse proprio nell’aver riprodotto un triste spaccato dei modelli odierni, ove il divario generazionale non esiste più, l’adolescenza è molto stereotipata e risponde spesso a clichè di vuoto e massificazione del nulla, e di contro i genitori, che non vogliono cessare di essere giovani, sono così presi dalle proprie problematiche affettive, da non poter più essere punto di riferimento.

Tosi Siragusa

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