Il giorno del ricordo: alle 18 Santa Messa e deposizione di una corona di fiori. I cittadini riaccendono i riflettori su Divieto e Foraggine, il "Ground zero" della tragedia che seminò morte e distruzione. L'area è più sicura rispetto al 2009. Ma occorre di più
Dieci milioni di euro di lavori in sette anni non sono ancora bastati a restituire il senso di piena sicurezza agli abitanti di Scaletta Zanclea. Ogni immagine della tragedia è scolpita nella mente di quanti continuano a vivere in quel lembo di terra schiacciato tra l’autostrada e la ferrovia, che rasenta la spiaggia. A Racinazzi, il “Ground zero” dell’alluvione che l’1 ottobre del 2009, tra Scaletta e Giampilieri, divorò trentasette vite umane, tutto appare diverso.
Il paesaggio ha cambiato volto. Non c’è più l’oratorio con il convento delle suore, una struttura del Settecento, donata dai Ruffo. Non c’è la macelleria adiacente la Statale, lato monte. E non c’è traccia del palazzo che sorgeva di rimpetto, quello sventrato dalla bomba d’acqua, soggetto di una foto che fece il giro del mondo perché, si disse, era stato costruito in mezzo al torrente. Un’accusa che gli scalettesi rigettarono con sdegno. In quel palazzo avevano trovato rifugio, tra gli altri, Santino (il macellaio) ed Eugenio Bellomo, padre e figlio. Le tracce del primo si persero per sempre quella sera. La furia dell’acqua lo travolse e lo divorò. Il figlio si salvò. Laddove c’era il palazzo ci sono le foto di Santino il macellaio e Carmelo Ricciardello, l’imprenditore di Brolo che era di passaggio e pensava di aver trovato rifugio in quel palazzo che invece si trasformò nella sua tomba. Pochi metri più in là campeggia la foto di Carmelina Cacciola, una infermiera. E’ posata laddove c’era la sua casa. Il pomeriggio di quell’1 ottobre era riuscita a tornare nella sua abitazione e parlando con una collega al telefono spiegava di essersi messa in salvo. Erano i sui ultimi istanti di vita. La bomba di acqua e fango non la risparmiò. Quei luoghi sembrano impregnati di sacralità. I fiori non mancano. Mai. Siamo alla foce del torrente Racinazzi. I segni dei lavori svolti dopo l’alluvione, lato monte, sono sotto gli occhi di tutti.
L’intera area è visibilmente più sicura rispetto a sette anni addietro. “Dal giorno della tragedia – evidenzia il vicesindaco Gabriele Avigliani – il rischio è stato mitigato. E’ stato fatto tanto. La collaborazione con la Protezione civile e il Genio civile è stata proficua. Il territorio – prosegue – è molto più sicuro rispetto al 2009”. Ma ai cittadini non basta. Denunciano “il perdurare del disagio causato dal mancato convogliamento delle acque meteoriche che, dall’autostrada, scendono nella sottostante via Roma, formando un pantano, trasportando detriti, provocando infiltrazioni ai piani bassi e gravi conseguenze per la viabilità e la sicurezza delle persone”.
Il Comitato di cittadini lamenta l’assenza delle istituzioni. Irene Falconieri, Salvatore Ausino, Vito Lopane, Francesco De Salvo e Francesco Aloisi riaccendono i riflettori anche sul torrente Divieto. Pure qui sono evidenti i segni dei lavori post alluvione. Ma anche in questo caso gli scalettesi chiedono di più. Ma cosa? “Chiediamo solo l’ordinaria amministrazione – sbotta Falconieri – e cioè che si svuoti il greto, sovralluvionato, che si è alzato di un paio di metri. Per lo più sabbia marina che potrebbe essere rigettata sull’arenile”.
Il sindaco, Gianfranco Moschella, difende la sua gente: “Hanno ragione i membri del Comitato ed io li tengo informati di tutto. Purtroppo dobbiamo fare i conti con una burocrazia incomprensibile. Non possiamo toccare la sabbia, le erbacce e così via. Sembra di lottare contro i mulini a vento. E pure a volte basterebbe poco”. Per il 18 ottobre è stata convocata una conferenza dei servizi con Ferrovie, Anas, Genio civile, Protezione civile, Forestale e Comune. Ma oggi è il giorno della memoria. Di ricordi che il tempo non riuscirà a cancellare, di feriti e corpi sepolti dalle macerie. Di case e strade devastate da un evento calamitoso senza precedenti.
GLI SFOLLATI. Solo a Scaletta si contarono 456 sfollati. A sette anni di distanza gli sfollati sono ancora una cinquantina. Alle 18 sarà celebrata una Santa Messa in suffragio delle vittime, nella chiesa dedicata alla Madonna del Carmelo. Subito dopo sarà deposta una corona d’alloro a Foraggine. Per non dimenticare.
Carmelo Caspanello