Quartetto alla maniera italiana, pregevole musica da camera nella storica Villa Pulejo

Quartetto alla maniera italiana, pregevole musica da camera nella storica Villa Pulejo

Giovanni Francio

Quartetto alla maniera italiana, pregevole musica da camera nella storica Villa Pulejo

venerdì 20 Settembre 2024 - 07:41

Un'opera rara per un'iniziativa a cura della Filarmonica Laudamo a Messina

MESSINA – Come ormai da tradizione che si sta consolidando, grazie alla collaborazione della rete «Le Dimore  del  Quartetto»  (direzione  artistica  del  violista  Simone  Gramaglia), associazione  che  tende  a  favorire la  formazione  dei giovani quartetti d’archi e, al contempo, a valorizzare il patrimonio artistico del Paese con l’utilizzo di dimore storiche, l’Associazione musicale Filarmonica Laudamo, oltre ai numerosi concerti programmati durante la stagione, ha incluso alcuni concerti estivi, presso la “Villa Pulejo”, splendida location, di fine ‘800, ove dietro i musicisti si può ammirare il superbo e imponente ficus Magnolia piantato nel 1860 in onore dello sbarco garibaldino in Sicilia. L’ultimo di questi concerti si è tenuto lunedì scorso, e ha visto protagonista il Quartetto d’archi “Alla Maniera Italiana”, già ospite della Filarmonica, composto da Giacomo Coletti e Stefano Raccagni al violino, Alessia Menin alla viola e Anna Camporini al violoncello.

Il concerto è stato preceduto da un piacevolissimo aperitivo (su prenotazione), nel giardino della Villa.

I giovani musicisti del Quartetto, specialisti nel riscoprire brani rari e poco eseguiti, hanno proposto un programma davvero particolare e insolito, soprattutto per l’esecuzione del pressoché sconosciuto Quartetto in re, Anhang 2 n. 5 di Ludwig Van Beethoven.

Il concerto è iniziato con l’esecuzione del Quartetto in do maggiore Op. 54 n. 2 di Joseph Haydn

Haydn, oltre ad essere considerato il padre della sinfonia e della forma sonata, può essere tranquillamente definito anche il padre del quartetto d’archi – ne ha composti 68 – in quanto per primo ha portato questo genere musicale a quell’evoluzione della quale saranno debitori tutti i grandi compositori successivi, a partire da Mozart e Beethoven, cioè l’equilibrio delle parti suddivise fra i quattro strumenti. Fu Joseph Haydn il primo a sviluppare la forma del quartetto d’archi ove ogni strumento ha pari dignità e dialoga con gli altri, e ciò avvenne a partire dai sei quartetti op. 20, i famosi “Quartetti del sole” così denominati da una decorazione del frontespizio di una ristampa.

Il Quartetto eseguito, che appartiene ad una serie di quartetti dedicati al violinista Johann Tost (3 quartetti op. 54 e 3 op. 55), in realtà non segue esattamente le caratteristiche sopra indicate, in quanto ha un carattere più concertante, con il primo violino chiamato spesso ad eseguire i temi principali, accompagnato dagli altri tre strumenti. Haydn, non rinuncia anche in questo piacevole brano al gusto della sorpresa, che contraddistingue spesso i suoi capolavori (l’esempio più eclatante è probabilmente rappresentato dal famoso Quartetto “degli addii”, ove nel finale i musicisti, continuando a suonare, abbandonano ad uno ad uno il palcoscenico, come invito ad avere una più consistente retribuzione). Nel primo movimento del Quartetto in do maggiore l’incipit potrebbe costituire benissimo il finale del brano, come ha efficacemente spiegato il primo violinista, che ha introdotto piacevolmente tutti i brani eseguiti. L’ultimo movimento inizia, cosa del tutto insolita per quei tempi, con un tempo lento, seguito da alcune sorprendenti e inaspettate variazioni ungheresi. Un Quartetto amabile, molto applaudito dal numeroso pubblico presente.

Dopo Haydn, i musicisti hanno eseguito “Crisantemi” elegia per quartetto d’archi, di Giacomo Puccini. Si tratta sicuramente del più riuscito e più noto dei tentativi di Puccini di cimentarsi con questo genere musicale. In unico movimento, scritto nel 1890, in occasione della morte del Duca di Savoia, è un brano lento e mesto, cantabile, i cui temi saranno ripresi dal compositore nella sua opera Manon Lescaut.

Infine, il Quartetto in re, Anhang 2 n. 5, di Ludwig Van Beethoven. Come detto, è un brano quasi sconosciuto, attribuito, dopo molte vicissitudini, alla produzione giovanile di Beethoven.

Il brano inizialmente fu attribuito a Mozart, tuttavia, sebbene alcuni fraseggi fra i due violini possano ricordare la musica del salisburghese, la partitura particolarmente impegnativa riservata al violoncello non è affatto tipica del compositore austriaco.

Ancora oggi, comunque, secondo parte della critica, l’attribuzione a Beethoven è considerata dubbia.

Si tratta di un quartetto leggero, brillante, alla maniera italiana, tanto che potrebbe essere confuso, a un primo ascolto, con un quartetto di Boccherini. In ogni caso il brano riveste un indubbio interesse storico.

Ancora più sconosciuto il bis eseguito dai giovani artisti, un movimento di un quartetto del compositore polacco Józef Elsner, già insegnante di Chopin.

Eccellente la prova del Quartetto d’archi “Alla Maniera Italiana”, seri professionisti, se pur giovani, dai quali traspare quella gioia di fare musica, quel divertirsi suonando, che riesce a coinvolgere fortemente il pubblico, assolutamente entusiasta della performance.

In chiusura il direttore artistico della Filarmonica Laudamo, Antonino Cicero, ha dato appuntamento al 5 ottobre, per la presentazione della nuova stagione musicale, la n. 104, che si preannuncia, come sempre, di grande interesse.

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