Attraverso ricostruzioni reddituali, gli investigatori della DIA hanno evidenziato l’enorme sproporzione tra i redditi dichiarati e il patrimonio acquisito da Pruiti nel corso dell’ultimo decennio. LA FOTOGALLERY DI GIOVANNI ISOLINO
Terreni agricoli in affitto, allevamento, controllo e commercializzazione della carne. Ruotavano intorno a questo i settori di influenza degli affari di Giuseppe Pruriti, il boss quarantunenne del clan mafioso di Cesarò, legatissimo alla famiglia catanese Santapaola-Ercolano.
Alle strette dipendenze del pregiudicato Salvatore Catania, vicino ai clan mafiosi della zona nebroidea, Giuseppe Pruiti è finito stamani nel provvedimento di maxi sequestro spiccato dal Tribunale di Messina – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta del direttore della Direzione Investigativa Antimafia.
Le indagini degli investigatori della DIA di Catania, in sinergia con quelli di Messina, hanno preso avvio subito dopo l’attentato al Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, concentrandosi principalmente nel settore delle truffe AGEA, dei contributi europei e delle false dichiarazioni sugli affitti dei terreni agricoli della zona dei Nebrodi.
Approfondimenti, indagini patrimoniali e accertamenti mirati che hanno permesso agli inquirenti di delineare la figura di Giuseppe Pruriti, del fratello Giovanni, nonché quella della convivente Angioletta Triscari Giacucco.
Arrestato nell’ambito dell’operazione Nitor nel 2004, Giuseppe Pruriti ha già alle spalle una condanna per associazione mafiosa ed omicidio, in quanto ritenuto il responsabile della morte di Bruno Sanfilippo Pulici, l’allevatore di Maniace ucciso il 4 giugno del 2002.
Attraverso ricostruzioni reddituali, gli investigatori della DIA hanno evidenziato l’enorme sproporzione tra i redditi dichiarati e il patrimonio acquisito da Pruriti nel corso dell’ultimo decennio. E questo nonostante gli ingenti contributi europei che la famiglia Pruriti riceveva per i terreni agricoli nella zona dei Nebrodi, finiti peraltro all’interno della maxi inchiesta Nebrodi.
In particolare è emerso come i clan mafiosi dei Nebrodi, avvalendosi della forza intimidatrice, miravano ad ottenere il controllo di terreni privati per poi accaparrarsi i contributi dell’Unione Europea. Sulla scia di questa inchiesta, che si era conclusa col fermo di polizia proprio nei confronti di Pruriti, il Tribunale ha quindi accolto la proposta del direttore della DIA di porre i sigilli a terreni, imprese, fabbricati di Cesarò e Catania, mezzi, titoli AGEA e rapporti finanziari. (Veronica Crocitti)