Confermato il carcere a vita per Antonio De Pace che strangolò la compagna Furci. Le parole del papà: "Lorena non torna ma è la fine di un incubo, ha giustizia"
Reggio Calabria – “Mia figlia non tornerà mai più, ma almeno oggi abbiamo avuto giustizia. Una giustizia che è un doppio ristoro, visti i brutti momenti che abbiamo vissuto durante il processo”. Così Enzo Quaranta commenta la sentenza della Corte d’Appello d’Assise di Reggio Calabria che conferma l’ergastolo per Antonio De Pace, l’infermiere del vibonese che a marzo del 2020 strangolò sua figlia Lorena, sua compagna, a Furci Siculo.
Parla il papà di Lorena
“Ringrazio Dio e chi ci ha aiutato in questo lungo percorso – prosegue il padre della specializzanda in Medicina al Policlinico di Messina – i nostri legali gli avvocati Giuseppe Barba e Cettina La Torre – oggi pomeriggio tornando a Favara la prima cosa che faremo è andare da Lorena, dove riposa per sempre, per dirle che ha avuto giustizia finalmente”.
I brutti momenti cui fa riferimento il padre della 27enne uccisa dal compagno nella villetta dove abitavano insieme, sono i due passaggi processuali che sembravano aprire spiragli perché il femminicida guadagnasse uno “sconto di pena”. A esplicitarlo è lui stesso: “Quando, durante il processo d’appello a Messina, era stato sollevato il problema del giudice popolare “over 65”, poi superato ma che ha rischiato di cancellare la sentenza di primo grado. E in Cassazione, quando i giudici della Suprema Corte hanno rinviato a Reggio Calabria il processo d’appello di secondo grado chiedendo di riconsiderare l’applicabilità dell’attenuante da “stress da covid”.
“In quei momenti abbiamo rivissuto un incubo, si è riaperta una ferita mai guarita del tutto. Questo incubo, almeno questo, oggi è finito”, conclude Enzo Quaranta a pochi minuti dalla lettura della sentenza.
Ergastolo a rischio
Il processo bis si è stato celebrato a Reggio Calabria proprio per decisione della Corte Cassazione che, accogliendo la richiesta del difensore di De Pace, gli avvocati Salvatore Staiano e Bruno Ganino, aveva chiesto di riconsiderare la condanna all’ergastolo (confermata in appello a Messina nel 2023) e l’eventuale concessione delle attenuanti per “stress da covid” appunto. Aderendo alle richieste della Suprema Corte, l’Accusa un mese fa ha sollecitato la condanna 24 anni per De Pace e non più al carcere a vita. Una linea che non è però passata: i giudici hanno deciso la condanna più severa.
La sentenza shock sullo stress da covid
In primo grado la Corte d’assise di Messina (presidente Micali) aveva condannato De Pace all’ergastolo spiegando nella sentenza chiaramente perché si trattasse di un femminicidio “tipico”. L’apertura alle attenuanti aveva quindi suscitato non solo l’amarezza della famiglia di Lorena ma anche i dubbi delle associazioni e centri anti violenza.
Giusto così, togli la vita noi ti togliamo la libertà per sempre.
Mi chiedo, se fosse stato stressato da Covid, perché uccidere un’altra persona?
Tutti i femminicidi ,così
come tutti gli omicidi per me ,meritano l’ ERGASTOLO,…… a chi toglie la vita, non gli si deve più nulla!!!!!
Giustizia è stata fatta! Speriamo che nel tempo non ci siano sconti premio ,ecc che riducano questa pena meritata tutta! E, soprattutto ,speriamo che anche altre vittime di femminicidio, ma anche di omicidi vari ,abbiano la stessa giustizia! Un abbraccio alla famiglia di Lorena.