La terapeuta Maria Trimarchi analizza un saggio che mette al centro la relazione madre-bambino
MESSINA – La psichiatra e psicoanalista Maria Trimarchi recensisce il libro “La cura psicoanalitica. In un intreccio interdisciplinare tra fisica quantistica, filosofia e neuroscienze” di Benedetto Genovesi (nella foto dalla sua pagina Fb), edito da Franco Angeli, Milano, ottobre 2024.
Genovesi, milazzese, è psichiatra e psicoanalista, membro ordinario della Società psicoanalitica italiana.
La centralità delle relazioni
Il libro di Genovesi riesce a mettere insieme psicoanalisi, filosofia, fisica quantistica e neuroscienze in modo semplice ma mai banale, con un tocco romantico e poetico che rende questo scritto di piacevole lettura. La citazione di Galileo Galilei messa in esergo, “le cose sono unite da legami invisibili, non si può cogliere un fiore senza turbare una stella”, ci introduce al tema e al filo conduttore del libro: l’importanza delle relazioni. Nell’introduzione Genovesi dice di voler “tracciare un percorso su vari argomenti, in un intreccio interdisciplinare”. Ci ricorda che tutto è interconnesso, che noi siamo animali sociali, che siamo in relazione con l’ambiente che ci circonda.
E il libro inizia con un’immagine che è quasi un quadro. Il cielo stellato, la luna, il mare, le isole Eolie. Il ricordo di chi non c’è più ma continua a vivere in noi, che ci piace immaginare trasformato in una stella. Legami come fili invisibili che non possono essere recisi. L’incastro magico che si crea con la persona amata che modifica le coordinate temporo spaziali. Ma anche la relazione di cura tra analista e analizzando. Perché è nella relazione che il mondo “acquisisce un senso nuovo.”
In fondo per acquisire senso, tutto deve essere in relazione. Ci fa notare Benedetto Genovesi che persino “un elettrone da solo non va da nessuna parte, perché un elettrone da solo non è da nessuna parte”. Dunque anche l’elettrone acquisisce senso solo nell’interazione.
Un viaggio che parte dal concepimento nello scambio madre-bambino
Leggendo questo libro, ho avuto la sensazione di fare un viaggio che parte dal concepimento e dai trofoblasti (tessuti cellulari che servono a nutrire l’embrione). Quest’ultimi “oltrepassano la placenta per andare nel sangue materno, al fine di impedire al sistema immunitario della madre di percepire l’embrione come un corpo estraneo e quindi dí attaccarlo”. Genovesi sottolinea l’importanza della placenta nella nascita della relazione. La placenta si occuperà di mediare la relazione intrauterina, tra madre e embrione, fungendo da polmone, fegato, reni e quindi porterà ossigeno e glucosio all’embrione da un lato, e dall’altro lato restituirà alla madre anidride carbonica e prodotti di rifiuto. Senza mai mescolare il sangue dei due”.
La funzione materna fondamentale per lo sviluppo mentale del bambino
L’autore ci ricorda che la relazione madre-bambino inizia sin dai primi mesi di gravidanza. “Già dal terzo mese di gravidanza in poi, il feto può riconoscere la voce della madre e può avvenire una sincronizzazione dei reciproci ritmi cardiaci e circadiani”. Tra madre e bambino si stabilisce una connessione intima e unica che consente alla madre di tradurre in parole e gesti ciò che il neonato le sta comunicando e dargli un senso. La capacità di holding della madre e la sua competenza nel tradurre i bisogni fisici, ma soprattutto quelli emotivi, è infatti fondamentale per la costruzione “di un senso di Sé adeguato”. Quindi, scrive Benedetto Genovesi, la funzione materna è un’attività fisiologica indispensabile per la nascita e lo sviluppo della mente del bambino ed essa dura per tutta la vita.
Il bambino nasce intanto nella mente della madre. Proseguendo il nostro viaggio, man mano che il bambino cresce e acquisisce il linguaggio e inizia a camminare e a poter esplorare il mondo, “comincia a sviluppare un primo abbozzo di pensiero verbale, cioè la possibilità di dare un nome alle sensazioni che prova. Nelle stesse aree cerebrali frontali, dalle azioni motorie nascono poi le azioni verbali. Dai gesti nascono le parole. Ovvero, nel corso dello sviluppo, a un certo punto, intervenne il pensiero verbale a inibire l’azione o scarica motoria”.
Le neuroscienze ci dicono che le prime esperienze del neonato vengono archiviate nella memoria implicita e nell’inconscio non rimosso, mentre la memoria esplicita si sviluppa pienamente a partire dal terzo-quarto anno di vita. Nei primi sguardi tra madre e bambino, attraverso la possibilità di rispecchiarsi e riconoscersi reciprocamente, può nascere un soggetto, in risposta allo sguardo di un oggetto. Scrive l’autore, “è fondamentale che si generi, attraverso un’equilibrata alternanza di match-missmatch, una buona sintonizzazione tra madre e bambino che consenta il vissuto comune. C’è bisogno di un’alternanza tra continuità e discontinuità, per dare un senso di coesione e costanza del sé e della relazione. Il Sé è un’entità multiforme e complessa che deriva dall’incontro con l’altro” .
La cura tra analista e analizzando e il vissuto comune tra madre e bambino
Fondamentale è dunque la qualità della relazione. Una buona relazione ci fa stare bene, ci rende felici. La psicoanalisi ci insegna che “senza oggetto non ci può essere soggetto. [Che] Ogni cosa nasce nella relazione. [Che] Il mondo è fatto di interazioni e di relazioni”. Ogni cosa rimane nella nostra mente e soprattutto le prime esperienze, che vengono archiviate nella memoria implicita andando a costituire il cosiddetto inconscio non rimosso. “La cura, conclude Benedetto Genovesi, sta nella relazione tra analista e analizzando”.
È necessario che madre e bambino, così come analista e analizzando, facciano esperienza di un vissuto comune. Benedetto Genovesi paragona l’analisi alla pesca col conzu, che è un particolare attrezzo che consente di arrivare a vari livelli di profondità e di prendere vari tipi di pesce anche molto diversi tra loro. Una citazione molto cara a noi analisti messinesi è quella del professore Francesco Siracusano che dice che la mamma cunza il bambino, cioè lo sistema, lo contiene ma soprattutto lo insaporisce.
Quello che colpisce di questo libro, a parte la varietà dei temi trattati, è che si percepisce che Benedetto Genovesi si è divertito a scriverlo. È un libro che stimola il lettore ad incuriosirsi dei temi trattati e a volere approfondire gli argomenti di proprio interesse.
Maria Trimarchi