Assistenza disabili, il Comune usa criteri sbagliati e chiede troppi soldi

Assistenza disabili, il Comune usa criteri sbagliati e chiede troppi soldi

Assistenza disabili, il Comune usa criteri sbagliati e chiede troppi soldi

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sabato 15 Luglio 2017 - 08:56

A segnalare tutta l'intricata vicenda legata all'obbligo di compartecipazione degli utenti sono i consiglieri comunali benedetto vacarono e Giuseppe Santalco che chiedono all'assessore Santisi di prendere subito provvedimenti per non creare ancora disagi

In questi ultimi anni il servizio di assistenza igienico-sanitaria dei disabili erogato dal Comune ha messo a dura prova le famiglie degli utenti che ne avevamo bisogno. Dal 2013, dopo la drammatica interruzione di tutti i servizi sociali durante l’era del commissario Croce, questo servizio era stato organizzato con 55 operatori e una sola assistente sociale, poi nel febbraio 2015 l’appalto è stato modificato e sono subentrati 5 infermieri ex Casa Serena e il servizio era migliorato. Poi però è arrivata la batosta: da un massimo di 63 euro di compartecipazione che venivano richiesti alle famiglie in base al vecchio ISEE, le famiglie si sono ritrovate con costi praticamente triplicati. Ciò è stato frutto della scelta dell’amministrazione comunale di adottare il decreto D’Aquino n° 8071/2003 che, come spiegava l’allora assessore al Bilancio Guido Signorino, chiariva che tale decreto prevedeva una compartecipazione del 36% degli utenti da spalmare su tutti i servizi. A spiegare tutti questi passaggi sono i consiglieri Giuseppe Santalco e Benedetto Vaccarino che hanno deciso di puntare una lente di ingrandimento sulla gestione di questo servizio e sui disagi a cui sono andati incontro gli utenti con le novità introdotte sul fronte economico.

I consiglieri, infatti, evidenziano che, a seguito della nuova applicazione, la compartecipazione al servizio è passata da 63 euro a 135 euro e fino a 338 euro. «A seguito della nuova applicazione del sistema della compartecipazione, il Dipartimento Politiche Sociali nell’aprile del 2017 inviava numerosissime raccomandate a firma del dirigente Domenico Zaccone, nelle quali non solo si richiedeva l’aumento, ma anche il pagamento retroattivo di cui l’utenza non era assolutamente al corrente. Conseguentemente circa 60 famiglie rinunciavano al servizio che veniva svolto prima a favore di 185 famiglie, successivamente a 125, ed attualmente al 118». Quindi oltre 60 famiglie hanno rinunciato all’assistenza dei propri disabili perché il costo è diventato troppo alto.

«Molte famiglie hanno chiesto chiarimenti al Dipartimento comunale che però ha solo intimato loro di pagare entro un certo numero di giorni o considerare l’ipotesi della rateizzazione, altrimenti oltre alla sospensione del servizio avrebbero proceduto legalmente come si evince dalle raccomandate inviate, e si parla di somme retroattive anche di cinquemila euro. I disabili si sono rivolti al Tribunale per i Diritti del Malato e i lavoratori attraverso il sindacato hanno manifestato il loro disappunto, lavorando sinergicamente con le associazioni attive del territorio sono riusciti ad interloquire più e più volte con l’Assessorato regionale che in una lettera inviata all’assessore Nina Santisi e al Dirigente Zaccone ha sottolineato in modo forte la propria estraneità alla faccenda, nonostante da Messina si continuasse ad affermare che questa fosse la volontà di Palermo. In particolare l’INPS con una comunicazione del 4/4/2010, chiariva le modalità di ricalcolo dell’attestazione ISEE relativamente agli eventuali trattamenti diversi da quelli percepiti in ragione delle condizioni di disabilità. Il TAR di Catania con sentenza n° 42/07 ha sostenuto che la determinazione della compartecipazione al costo delle prestazioni sociali, erogate in favore di persone con disabilità grave, debba tener conto esclusivamente delle condizioni economiche dei soli assistiti, non già dell’intero nucleo familiare cui gli stessi appartengono. Quindi chiediamo di sapere quali sono le motivazioni per cui ancora ed in maniera pervicace non si sta provvedendo a convocare le famiglie dei disabili che hanno rinunciato al servizio a causa dell’imposizione di una compartecipazione calcolata in maniera erronea» scrivono Santalco e Vaccarino. Vogliono sapere se l’amministrazione intenderò revocare le precedenti comunicazioni trasmesse agli utenti rinunciando agli arretrati in quanto non dovuti, atteso che il citato decreto D’Aquino del 2003 da tempo è stato sospeso. E invitano l’assessore Santisi e il Dipartimento Politiche Sociali a porre immediatamente ogni azione utile a far sì che gli aventi diritto, a cui inopinatamente è stata contestata una compartecipazione erroneamente calcolata, possano da subito usufruire del servizio previa presentazione di ricalcolo di attestazione ISEE.

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