Acr Messina, rischio fallimento sottovalutato. Serviva un allarme più forte

Acr Messina, rischio fallimento sottovalutato. Serviva un allarme più forte

Marco Ipsale

Acr Messina, rischio fallimento sottovalutato. Serviva un allarme più forte

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domenica 16 Luglio 2017 - 06:11

I debiti erano circa 3 milioni, compreso il milione che serviva per l’iscrizione. Ma fino all’ultimo giorno l’idea era che almeno questo scoglio fosse superabile

“Una società con debiti oltre i due milioni di euro ma tra i professionisti, quindi con un introito certo derivante dallo status, meritava di essere salvata”. Partiamo da questa frase del commiato di Franco Proto per sottolineare che il Messina non si iscrive al campionato per la terza volta in 24 anni per una cifra “ingentissima”, come la definisce lo stesso Proto, ma che, relativamente ai soldi che girano nel mondo del calcio, è invece molto bassa. Basti pensare che per costruire una squadra di serie C in grado di stare nelle parti alte della classifica serve un budget annuale di almeno 2 milioni e mezzo. Le cifre investite da Foggia e Benevento, per citare le ultime due promosse in serie B negli ultimi due anni, sono molto più elevate.

La serie C ha un valore che è andato perso e che, per essere riconquistato, necessita di investimenti. Bisogna riuscire ad iscriversi in serie D con una spesa iniziale di circa 200mila euro e poi bisogna stanziare altri soldi per allestire una squadra in grado di vincere il campionato, col rischio di arrivare a spendere in qualche anno la stessa cifra che serviva ora al Messina, senza magari, però, raggiungere l’obiettivo.

“Il Messina, per essere iscritto – prendendo un altro stralcio della lettera di Proto -, aveva bisogno di una cifra vicino al milione di euro, una mole di denaro impressionante”. Impressionante lo è solo relativamente perché, c’è da chiedersi, se anche il Messina avesse superato lo scoglio iscrizione, con quali soldi si doveva poi costruire la squadra?

Proto non ha colpe per non avere grandi possibilità di investimento. Anzi ha il merito di aver fatto terminare il campionato del Messina in modo dignitoso, evitando le figuracce alle quali ci stava esponendo la vecchia proprietà, raggiungendo anche la salvezza sul campo, un “miracolo” sportivo se si considerano le condizioni in cui si è svolta la scorsa stagione. Senza il suo intervento, il Messina avrebbe avuto difficoltà non solo a ottenere la salvezza ma persino a concludere il torneo.

Il suo obiettivo, evidentemente, era quello di coinvolgere altri imprenditori che ne avevano manifestato le intenzioni salvo poi ritirarsi. Proto si prende il merito di aver salvato il malato Messina a febbraio, portandolo “in rianimazione” e procedendo “a un intervento chirurgico di altissima complessità con enormi possibilità che il paziente non ce la facesse”.

Però quando si presentò alla città, lo scorso 21 febbraio, pur sottolineando che il Messina era un “malato in rianimazione” che necessitava di “un intervento complesso”, Proto non disse che c’erano “enormi possibilità che il paziente non ce la facesse”. Cioè non disse che c’era addirittura a rischio l’iscrizione al prossimo campionato.

Parlò – è vero – di “società decotta, fallimentare, inesistente” e si augurò l’aiuto degli imprenditori messinesi. Ma disse anche di essere “un uomo di successo”, che gli obiettivi erano quelli “di riportare la normalità”, di tranquillizzare i giocatori, di migliorare il settore giovanile, di “riequilibrare i conti entro tre anni” e di puntare “l’anno prossimo ad un grande campionato”.

Obiettivi tutti falliti, complice il mancato supporto da parte dell’imprenditoria. Ma se questo era un presupposto per “un grande campionato”, in pochi o forse nessuno pensava che, anche se rimasto solo, Proto non sarebbe riuscito neppure ad iscrivere la squadra.

Del resto, e probabilmente è questa la colpa più grande di Proto, nonostante abbia più volte esternato le difficoltà societarie ereditate, non si era parlato chiaramente di iscrizione a serio rischio, tanto da “spingere” sul ritorno al Celeste e da avviare la campagna abbonamenti. Oltre un migliaio di tessere a scatola chiusa, un traguardo ovviamente irraggiungibile se anche solo uno degli abbonati avesse prefigurato il triste epilogo.

Lo scenario si è palesato man mano ma, anche in questi ultimi giorni, dalla società filtrava ottimismo. Il 26 giugno la prima scadenza saltata per il pagamento degli stipendi arretrati, ma il comunicato dell’Acr recitava che “prosegue senza sosta l’attività amministrativa funzionale all’iscrizione al prossimo campionato di serie C secondo condizioni, termini e scadenze previste dalla vigente normativa federale”. Poco male, al massimo un punto di penalizzazione, ma era il primo campanello d’allarme, risuonato più forte alla seconda scadenza del 30 giugno quando, presentata la domanda d’iscrizione, mancavano ancora le liberatorie dei calciatori.

Fallita anche la scadenza del 5 luglio per la fideiussione, che comportava un’altra penalizzazione, ma niente paura perché l’Acr comunicava che “pur in grado da giorni di garantire l’emissione della fideiussione, il pagamento degli emolumenti e delle relative ritenute fiscali e previdenziali relative a un monte ingaggi gravato da oltre cinquanta contratti e l’abbattimento del saldo debitorio con la Lega Pro, non procederà ad alcuno degli adempimenti suddetti fintanto che l’impegnativa opera, volta al rispetto dei parametri patrimoniali fissati dalla normativa vigente, non sarà conclusa”.

Certezze da un lato, nubi dall’altro. Ma le nubi vengono dissolte in positivo il 7 luglio quando il Messina comunica di “avere inviato in data odierna la documentazione richiesta dalla Covisoc, in grado di dimostrare il ripianamento del Pa (acronimo che sta per Patrimonio attività, ndr) entro i parametri richiesti”.

Ed è a questo punto che il meccanismo s’inceppa. Il Messina avrebbe dovuto garantire la fedeiussione e gli stipendi entro l’11 luglio, così come promesso appena sei giorni prima, il 5 luglio, ma questo non avviene. Si punta sul ricorso da presentare entro le 19 del 14 luglio. Ma il ricorso, a sorpresa, non verrà neppure presentato perché non è stata ottenuta la fidejussione. Quella stessa fidejussione che, il 5 luglio, l’Acr comunicava di essere in grado di garantire.

Le prime notizie negative filtrano intorno alle 15.30, tre ore e mezza prima della scadenza delle 19. Poi trovano conferma. Il Messina non ha la fidejussione perché le condizioni societarie non offrono adeguate garanzie e perché persino quella dello scorso anno è finita in un pasticcio, complice la Lega Pro.

“Il Messina è stato ucciso da chi negli anni ha prodotto debiti su debiti, portando scandali, operazioni opache – dice Proto -”. E ha ragione. Ma perché non urlare a chiare lettere, almeno a fine giugno se non prima, che senza aiuti economici esterni la squadra non sarebbe stata neppure iscritta?

(Marco Ipsale)

2 commenti

  1. ANCHE SENZA PROTO ANNUNCI PIU’ O MENO LA SOCIETA’ ERA” MORTA”BARBERA REGALA 4500O EURO SENZA ENTRARE IN SOCIETA’.IL SINDACO NON HA NESSUNA COLPA.
    LA COLPA DI TUTTO CIO’ CHE STA ACCADENDO A MESSINA E’ DEI CITTADINI MESSINESI ,”CLASSE DIRIGENTE,STAMPA,CLASSE POLITICA, TUTTI COMPLICI E COLLUSI PER SBARCARE IL LUNARIO. CRITICHI SEMPRE DISTRUTTIVE E MAI COSTRUTTIVE.RICORDIAMO CHE IL MESSINESE E’ QUELLO CHE LA MANNA ARRIVI DALL’ALTO.I NOSTRI FIGLI SONO ALL’ESTERO OPPURE A CASA SENZA FAR NIENTE.

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  2. Cara signora Brancato chi si candida per reggere le sorti di una Società e/o di una Amministrazione Pubblica non può dare la colpa a Quellidiprima deve avere l’intelligenza (credo che sia Proto che Accorinto abbiano dimostrato con i fatti di non averne) è l’onestà intellettuale (mi scuso con Accorinto e Proto per la parola……) di non “intromettersi”. Tramp pis no uar.

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