Solo così si spiega la mancanza di ricambio nella politica italiana
-Tesoro, qui è tutto una follia-. Così scriveva, nel luglio del 1957, lo scrittore americano John Fante alla moglie Joyce, osservando la situazione di Napoli e Roma, durante il suo primo viaggio in Italia.
Sono trascorsi 52 anni da allora, e sono proprio queste le parole che mi tornano alla mente nel leggere i resoconti dei giornali che trattano delle disfunzioni della politica, nazionale e locale.
Guardando con occhi appena lievemente distaccati, molti aspetti della realtà messinese e italiana appaiono assolutamente paradossali, come se la logica che deve regolare qualsiasi società civile moderna sia stata sovvertita da assurde abitudini, ormai consolidate.
Come se il dovere degli amministratori, dei politici, dei manager pubblici non sia più quello di migliorare la vita dei cittadini.
O l’interesse di questi ultimi non sia più valutare il comportamento di amministratori, politici e manager pubblici, premiando i capaci e punendo gli incapaci.
Siamo circondati da problemi che, solo per il fatto di essere irrisolti, ci appaiono irrisolvibili.
Tant’è che l’eliminazione della spazzatura di Napoli viene assunta a paradigma di straordinaria efficienza, mentre dovrebbe essere valutata come ordinaria amministrazione.
I cittadini sembrano essersi definitivamente convinti che sia eccezionalmente arduo vendere correttamente le case popolari, eliminare le baracche, candidare persone serie e competenti alle elezioni europee, fare conoscere ai cittadini il piano di protezione civile, evitare di indebitare le municipalizzate, impedire che i Tir passino dalla città, avviare un minimo di raccolta differenziata, ridurre il numero dei parlamentari, trovare una discarica vicina e costruire un termovalorizzatore, bonificare Portella Arena, impedire la costruzione di edifici mostruosi negli angoli più improponibili, realizzare parcheggi pubblici, far sì che gli ambulanti lascino puliti i mercati rionali, rendere più rapida la giustizia, …
Da una ventina d’anni non c’è stata un’amministrazione capace di … impedire alle automobili di parcheggiare sui marciapiedi.
Titanica impresa!
A un suo sostenitore che lo incitava al grido di –Mort à les cons!– (a morte i cogl…), il generale De Gaulle rispose: –E’ un programma troppo ambizioso-.
Leggo che “all’inizio degli anni Novanta il numero delle baracche si attestava attorno alle 3 mila unità” e che “oggi, a distanza di ben 19 anni dall’entrata in vigore della legge speciale sul risanamento, la cifra è più o meno la stessa”.
Una simile ammissione del fallimento di generazioni di amministratori pubblici causerebbe un’ondata di sdegno in qualsiasi comunità civile con la coscienza dei propri diritti.
A Messina, scorre sulla pelle di cittadini rassegnati e indifferenti.
Pronti a mettersi in coda per ossequiare coloro che, da destra e da sinistra, hanno dimostrato di essere incapaci di compiere il proprio dovere di amministratori pubblici.
Amministratori ai quali solo dei pazzi autolesionisti possono ancora rinnovare fiducia.
Gli esperti di psicologia di massa sapranno anche trovare infinite spiegazioni a tale schizofrenico comportamento.
In base al quale si ossequia chi, pagato con i tuoi soldi, ti danneggia invece di renderti la vita migliore.
Chi invece psicologo non è, sa darsi come unica spiegazione plausibile quella di Fante, ”… qui è tutto una follia”.
Certo, il problema non è solo messinese.
Passando ai piani superiori, siamo tutti convinti che sarebbe utile al nostro Paese far sedere sui ricercati scranni di Bruxelles dei veri “culi di pietra”. E non le morbide terga di Gianni De Michelis (51% di presenze), Vito Bonsignore (55%) o Iva Zanicchi (23 assenze in 8 mesi).
Per il voto che perorava l’estradizione del pluriassassino Cesare Battisti, i deputati italiani presenti in aula erano 6. Su 78 eletti.
C’è bisogno di persone che sappiano faticare, conoscano le lingue, partecipino ai lavori delle commissioni, abbiano un’elevata competenza dei problemi che andranno a trattare … ma, soprattutto, restino inchiodati a Bruxelles e a Strasburgo tutto il tempo necessario a svolgere bene il lavoro per il quale sono lautamente pagati.
I parlamentari francesi, belgi, tedeschi e spagnoli hanno ripagato i loro elettori (e datori di stipendio) facendo approvare normative favorevoli ai rispettivi Paesi e trasferire straordinarie quantità di risorse.
I nostri sembrano non dover rendere conto a nessuno.
Andiamo a rileggere gli articoli pubblicati nelle settimane precedenti alle elezioni del 2004.
Sono identici a quelli di questi giorni: deputati italiani col record di assenze, no ai doppi incarichi, gli stipendi più alti d’Europa … e così via. Vale per tutti quanto rivelato da un parlamentare francese: “se l’Italia è bistrattata nelle decisioni europee, se le aziende italiane non vincono le gare è molto semplice. Gli Italiani non vanno nelle commissioni, non partecipano ai lavori, non si battono … Si annoiano, non capiscono e non parlano le lingue … Quando smetterete di mandare a Bruxelles i trombati, gli incompetenti e i raccomandati?”.
Dal 2004 è cambiato qualcosa nel modo di scegliere i candidati?
Assolutamente nulla.
Anzi, i criteri di scelta sembrano sempre più basarsi sull’irresponsabilità e sull’incompetenza.
John Fante aveva capito tutto fin dal ‘57: “… qui è tutto una follia”.