Costituita nel 1998, resa pubblica nel 2006 e messa in liquidazione nel 2012 per una situazione debitoria già preoccupante. La partecipata che ha gestito i rifiuti è rimasta operativa fino ad oggi e dal 2015 è iniziato l’incubo del fallimento.
Era il 1998 quando nasceva Messinambiente, all’epoca società mista, trasformata in società pubblica nel 2006, quando il socio privato cedette il 49% delle sue quote a Palazzo Zanca. Una storia lunga e travagliata, fatta di rapporti conflittuali con lo stesso Comune di Messina che proprio dal 2006 ha iniziato a detenere il 99,01% delle azioni, lasciando ai comuni di Taormina e Tremestieri Etneo rispettivamente lo 0,25% e lo 0,75% di quote. Messinambiente che per troppo tempo è stata usata dalla politica come un carrozzone, Messinambiente al centro di pesanti inchieste giudiziarie, Messinambiente che nonostante tutto ha garantito, tra emergenze e difficoltà, la gestione dei rifiuti messinesi.
Il 3 febbraio del 2012 il socio di maggioranza, cioè il Comune di Messina, rappresentato dall’allora sindaco Giuseppe Buzzanca ed il maggior rappresentante di Messinambiente Spa, Armando di Maria, a quel tempo amministratore unico, deliberarono in Assemblea dei soci la liquidazione dell’azienda. Fu Buzzanca a ritenere «indispensabile provvedere alla messa liquidazione della società» sia «sulla scorta della grave situazione patrimoniale», sia per le «rilevanti perdite d’esercizio» e in ultimo, ma non meno importante aspetto, per il «possibile esito negativo del giudizio in corso tra Messinambiente ed Ato Me3». L’ex sindaco propose, quindi, «di sciogliere e mettere in liquidazione» la società di via Dogali, che, nelle more, avrebbe comunque continuato «l’attività, nei limiti delle condizioni previste dalla legge e ciò in considerazione del fatto che la stessa fornisce… un servizio pubblico essenziale» recitano i verbali di quell’assemblea. Ma da allora poco o nulla è cambiato.
Messinambiente è rimasta in liquidazione ma ha continuato a gestire i servizi rifiuti, nel frattempo il debito è cresciuto, i contenziosi sono rimasti aperti. L’amministrazione Accorinti fin da subito si era posta l’obiettivo della grande Multiservizi che alla fine si è trasformata in una semplice nuova società che dovrà prendere il posto di Messinambiente.
Poi nell’ottobre 2015 iniziò il vero incubo quando la Serit fece recapitare sui tavoli degli uffici di via Dogali una cartella esattoriale da quasi 30 milioni di euro. Un maxi debito fatto di cartelle non pagate negli anni, tasse e imposte non versate allo Stato e relativi interessi e sanzioni. La prima cosa che decise di fare all’epoca il vicesindaco e assessore alle partecipate Guido Signorino fu di chiedere un incontro all’Agenzia delle Entrate, “mandante” della cartella esattoriale. La strada che immediatamente si decise di percorrere fu quella della richiesta di sospensiva per scongiurare conseguenze drastiche e provare un percorso che potesse essere il più indolore possibile per Palazzo Zanca, per Messinambiente e per la città. Una scelta dettata anche dalla convinzione che i 30 milioni sarebbero rientrati nel piano di riequilibrio. Messinambiente presentò la richiesta di sospensiva e all’inizio il Comune decise inaspettatamente di non costituirsi, anche tramite intervento “ad adiuvandum”, per supportare le posizioni processuali della sua partecipata. Il giudice respinse la richiesta. E la società ci riprovò presentando il cosiddetto reclamo. Quello però segnò l’inizio di una strada difficilissima.
Il 16 novembre 2016 il giudice Giuseppe Minutoli rigettò il reclamo presentato da Messinambiente per provare a ribaltare il giudizio che due mesi prima il giudice Antonino Orifici aveva emesso sull’opposizione che la società di via Dogali aveva presentato per opporsi al pignoramento milionario da 29.795.039 euro di Riscossione Sicilia. E quello stesso giorno inviò i fascicoli in Procura. Poi il 27 gennaio la mazzata: l’avvio della procedura fallimentare da parte del Tribunale fallimentare. La prima udienza fu fissata per l’8 febbraio, poi slittò tutto al 22 febbraio. Quel giorno Calabrò e i legali si presentarono in Tribunale con la richiesta di concordato preventivo per evitare il fallimento. Il 3 marzo arrivò il responso del giudice Minutoli che accolse la proposta di tentare il concordato avanzata da Messinambiente, concedendo solo due mesi di tempo per confezionare il piano e presentarlo in Tribunale. In quei primi 60 giorni soprattutto il Comune avrebbe dovuto fare la sua parte e dare sostanza finanziaria ad una proposta che altrimenti sarebbe stata solo una richiesta vuota e ovviamente improponibile in sede giudiziaria. Non accadde nulla e il 29 aprile Messinambiente chiese un’ulteriore proroga, ottenendo altri 60 giorni di tempo per presentare la propria proposta di piano concordatario. Così si è arrivati al 29 giugno. Naufragata l’ipotesi di basare tutto sul piano di riequilibrio, nell’ultimo giorno utile, la giunta Accorinti siglò gli atti che servivano per riempire di contenuti, soprattutto finanziari, il piano da portare in Tribunale. Due delibere in cui l’amministrazione Accorinti ha ripercorso le tappe principali di questi ultimi mesi, la situazione economico-finanziaria di Messinambiente, ha illustrato la strada che l’amministrazione ha seguito sul fronte dei rifiuti con la costituzione della nuova MessinaServizi che dovrebbe rappresentare quella garanzia da usare per il concordato “in continuità” e che soprattutto spiegano in che modo il Comune onorerà il maxi debito da 30 milioni di euro che ad oggi rischia ancora di trascinare Messinambiente al fallimento. Le due delibere furono trasmesse ai Revisori dei Conti il 24 luglio, esattamente un mese dopo è arrivato il parere favorevole dell’organo contabile e oggi tocca al consiglio comunale decidere se questa strada, frutto di mesi di lavoro, è quella giusta e merita di avere una chance. Una storia lunga quasi vent’anni che, comunque andranno le cose, lascerà dietro di se conseguenze per l’intera città.
Francesca Stornante
Non ci interessa……abbiamo i marciapiedi più……alternativi d’Europa pieni di rigogliose erbacce da dove sbucano topi, scarafaggi e Company, con il contorno di mutandine usate tazze di wc, buste e bottiglie di plastica e tanta altra…munnizza. Noi abbiamo il sindaco più onesto d’Italia, il sindaco dalla maglietta…..profumata, noi abbiamo Accorinto e guai chi c’è lo tocca (manche e cani signuri). “Trampi pissi no uari”.