“Qui i politici non c’entrano niente e voi sindacalisti che cosa volete? E questo striscione? Perché non ne preparavate uno per Scaletta?”. Rosetta Pagliuca è la moglie di Santino Bellomo, il macellaio che ha perso la vita nell’alluvione del 1 ottobre 2009. E’ uno dei sei dispersi tra le macerie, i detriti, il fango e le lacrime. La macelleria Bellomo nasceva proprio di fronte al torrente Racinazzi, dopo l’alluvione fu demolita, insieme a tantissimi altri edifici. Quel giorno Santino era con il figlio Eugenio. Si erano accorti del pericolo e avevano cercato riparo. Ma per il padre la bomba di acqua e fango che arrivò di lì a poco fu fatale. Lo trascinò via, via e basta. “Mio marito in tre anni non lo avete trovato”. Rimbombano le parole della vedova Bellomo in quella vallata di desolazione. Chi ha vissuto Scaletta prima del 2009, fa ancora fatica a riconoscerla. Quello che ne è rimasto è un territorio stravolto, prima dalla natura, poi dalle ruspe che ancora campeggiano su quel torrente. La donna si dà forza per stare su quella terra, porta occhiali scuri e il nero del lutto. Tiene stretta la mano della nipote piccola e dice: “Anche mia nipote mi ha chiesto perché il nonno oggi non è qui con noi”. Sul torrente Racinazzi, dove comitati e partiti si sono dati appuntamento per discutere della mancata erogazione del Cas (vedi articolo correlato), Rosetta Pagliuca passa a dire quello che pensa e poi se ne va. Gli striscioni a cui fa riferimento sono quelli dei sindacati e del Pcl. C’è scritto No Tav, No Ponte, No Muos. Non le sta bene il pensiero di un secondo fine, dietro le parole di sostegno. “E mio marito in tre anni non lo avete trovato – ripete”. “Questa è Scaletta – tuona con la voce commossa da un pianto che cerca di trattenere mentre tira fuori dalla borsa una vecchia foto – e lì di fronte – indica con la mano – c’era la macelleria. Io sono la moglie del macellaio”. Lo dice con orgoglio e con il tormento di una moglie che ha perso il marito, scorgendo anche il pensiero intimo di chi non la conosce e si sta domandando chi sia. Un marito che non ha potuto seppellire e a cui porta fiori in un posto che non esiste più, accanto a una foto sul ciglio della strada, di fronte le montagne crollate e alle spalle il mare. E poi se ne va. E’ venuta per far sapere che non sarebbe rimasta. E c’è il silenzio dopo le sue domande. Il silenzio di chi non ha il coraggio di azzardare neanche una parola di fronte alla verità. La verità di una donna che rimpiange un marito che non ha potuto accompagnare nel suo ultimo viaggio, a cui non ha potuto tendere la mano o dare l’ultimo bacio o bagnare di lacrime il viso. E l’ultima speranza è che quel viaggio fatto da solo lo abbia portato verso la pace. Lui e gli altri.
Giusy Briguglio