Con San Giacomo alle sorgenti della fede, si è aperto per la parrocchia cattolica di San Giacomo Maggiore un anno giubilare indetto dal parroco, mons. Mario Di Pietro, per celebrare il novantesimo anniversario dell’apertura al culto e il quarantesimo della dedicazione all’Apostolo. Alla messa d’apertura con accensione della Lampada celebrata dallo stesso parroco, sono seguiti svariati eventi, quali una serata di letture e riflessioni condotta da Graziana Trischitta e allietata musicalmente dai maestri Maria Letizia Pallone e Orazio Sturniolo, la messa pontificale presieduta dal vescovo ausiliare, mons. Cesare Di Pietro, per la solennità di San Giacomo, e un convegno dedicato a Storia – Arte – Devozione; e molte altre iniziative seguiranno durante l’anno.
La conferenza ha avuto come scopo l’approfondimento di un culto antico nella nostra città, aperta da mons. Di Pietro con la moderazione della dottoressa Rosaria Di Meo e gl’interventi del professor Franz Riccobono, della professoressa Daniela Pistorino e della professoressa Paola Labadessa.
Il prof. Riccobono ha iniziato raccontando della venerazione per Giacomo Maggiore a Messina. Il Santo è solo uno dei nostri ventuno patroni e ha sempre subito il confronto con l’originario patrono primario San Nicola e poi con la Madre della Lettera e l’Assunta; per influsso degli Altavilla fu costruita la prima chiesa dedicata i cui resti sono ancora visibili a Largo San Giacomo. Più avanti, prima con gli Aragona e poi con gli Asburgo, la devozione fu incoraggiata per irrobustire il legame fra Sicilia e Spagna. Dopo il sisma del 1908 la ricostruzione fu iniziata a Sud delle originarie mura di Messina, abbattendo gli alberi dei numerosi orti e profanando i vecchissimi cimiteri; proprio in quello ch’era divenuto il centro provvisorio di Messina si collocò la nuova chiesa, la prima a essere riedificata in muratura nel 1928.
La prof.ssa Pistorino di seguito ha svolto un’analisi artistica del nostro edificio. Essendo stato trasferito il titolo parrocchiale dalla chiesa medievale alla scomparsa Santa Maria dell’Indirizzo e poi a Santa Caterina di Valverde, c’è incertezza sulla provenienza degli elementi più vetusti: tutt’e tre gli altari sono del Settecento e quello centrale si dice appartenesse a Santa Caterina o addirittura a San Giacomo vecchia, così come l’acquasantiera, mentre il crocifisso ligneo è del Seicento. Sono presenti anche vari arredi novecenteschi, ossia la via crucis, i confessionali e alcuni dipinti. Curiosamente la pianta della chiesa è basilicale ad aula unica, come le primissime basiliche del tardo Impero: il tempio è una vera summa d’arte sacra.
La prof.ssa Labadessa infine ha parlato della devozione al Santo. Giacomo di Zebedeo, uno dei più fidati apostoli di Gesù, predicò nella penisola iberica e fu decapitato sotto re Agrippa I di Giudea; i suoi seguaci riportarono il corpo in Galizia ma fu ritrovato solo ottocento anni dopo a Compostela, con la conseguente fondazione del celebre santuario. La Reconquista accrebbe la popolarità del Santo, immaginato come un cavaliere che combatté a Clavijo contro i musulmani e per questo fregiato dell’appellativo di Matamoros. Il culto si diffuse in Sicilia anche grazie all’arrivo di reliquie e diede vita a confraternite giacobite, variegate credenze e complessi rituali, peculiari della nostra cultura.
È vero che le religioni fanno parte di noi e forgiano il nostro essere; a prescindere dalle personali idee, è sempre bello riflettere su cosa ci ha dato tanta ispirazione per un’arte così sontuosa come la nostra e su quale significato intimamente diamo a figure e simboli.