Dichiara di aver “sentito puzza di bruciato” sin dall’autunno 2014, ma di non aver avuto mai le prove per andare dritto in Procura. Anzi, qualcuno si era detto anche disposto a raccontargli tutto, ma alla sua premessa: andiamo dai magistrati, quel qualcuno si è dileguato nel nulla.
A poche ore dalla notizia del fermo dei dottori Cocivera e Luppino il direttore generale del Papardo Michele Vullo ha convocato una conferenza stampa per dichiarare che lui si era accorto sin dal suo insediamento, nel luglio 2014, che “qualcosa non andava” al Piemonte. Le voci, anche se non ha le prove, erano di aborti effettuati in notturna al Piemonte, spacciati per terapeutici nonché di strani movimenti soprattutto per quel che riguarda l’utilizzo eccessivo di morfina.
“Negli ultimi tempi siamo stati chiamati dai magistrati, perché ci hanno chiesto dettagli relativi a questioni tecniche- spiega Vullo- ma il problema era purtroppo noto anche se non avevamo la prove. Ad ottobre 2014 è venuto da noi un esponente della sanità che ci ha raccontato di aborti effettuati di notte al Piemonte, spacciati per aborti terapeutici. Mi ha anche detto che c’era un medico disponibile a parlare, ma quando ho spiegato che saremmo dovuti andare tutti in Procura non si è fatto più vivo nessuno”.
Nel frattempo la direzione dell’ospedale si è accorta anche di uno stranissimo uso della morfina, con un numero di fiale superiore a quello richiesto per i cesarei (anche questi comunque effettuati in percentuale troppo alta rispetto alla media). Se per un parto cesareo normale occorrono una, due fiale, si erano invece accorti che al Piemonte ne risultavano necessarie 3. Da qui la segnalazione.
Il manager Vullo ha denunciato questi fatti all’allora assessore Borsellino,anche se in mancanza di prove: “Insieme con l’assessore abbiamo pensato di avviare la procedura dell’accorpamento, per porre fine ad un mancato controllo o comunque ad un controllo attenuato riscontrato al Piemonte. Scrissi più volte che occorreva far presto, ma ho incontrato ostacoli da parte della burocrazia. Persino lettere di funzionari regionali che hanno ventilato un mio comportamento poco regolare quando ho preferito fare una selezione per scegliere il nuovo primario per il punto nascite del Papardo. E questo nonostante sia la Borsellino che Gucciardi siano d’accordo con me”.
Vullo ha già sospeso i due medici (che rischiano anche il licenziamento) e si è detto pronto a costituirsi, come azienda, parte civile nel processo.
Vullo ha ricordato come ancora oggi la fusione Irccs-Piemonte non si sia concretizzata con conseguenze disastrose per pazienti e lavoratori. Gravissima, sottolinea, la situazione del Pronto soccorso,con il personale diviso tra due presidi: “Non sono riuscito a chiudere il Piemonte, la gente rischia di morire e lo sanno tutti. La verità è che il Piemonte era un buco nero e molti hanno preferito non sapere”.
Nel dettaglio ha poi chiarito che non esistono liste d’attesa per gli aborti, che sono invece previsti con una certa tempestività dettata dalla stessa legge. La linea scelta con il nuovo primario è quella del totale rispetto della privacy e della riservatezza delle donne che ricorrono all’aborto e si sta ipotizzando anche l’utilizzo della RU, la pillola abortiva.
Dal novembre 2014 ad oggi però, Vullo denunce ufficiali in Procura non ne ha portate perché non ne aveva le prove, che sono arrivate invece dall’inchiesta, peraltro avviata per altri motivi. E’ chiaro che non si può generalizzare, dal momento che il punto nascita del Piemonte, da anni ed anni, è sempre stato il fiore all’occhiello e la culla di mezza Messina. La vicenda Piemonte-Irccs è piena di punti oscuri, di ombre, di ritardi, ambiguità, lotte per poltrone e primariati, beghe di corsia e scontri personali, ma i provvedimenti nei confronti di due medici non possono ricadere su un intero reparto, anche se il direttore generale ipotizza che possano esserci ulteriori sviluppi.
“Mi ha colpito l’ipocrisia della politica messinese. Io queste cose le ho dette a tutti i politici, ma hanno fatto orecchie da mercante. In molti hanno tentato di mettermi sotto scopa, la mia forza è il non essere attaccato alla poltrona. Ringrazio quindi la magistratura e ricordo anche le altre denunce che ho fatto, come quella per il polo oncologico, al centro anche d’interrogazioni parlamentari. Vedremo”.
Rosaria Brancato