Il sindaco Accorinti che utilizza il palcoscenico del G7 per gridare al presidente Trump “peace no war” ha lanciato un preciso atto d’accusa contro l’ipocrisia dei “grandi” che parlano di pace ma fomentano, e praticano, la guerra, o è stata solo la riaffermazione di una banalità da tutti sottoscrivibile?
Il contesto in cui ciò è avvenuto, la maglietta a sostegno anche dei migranti, la storia personale di Accorinti, ci fanno ritenere che la sua sia stata una autentica invettiva, un “J'accuse”, sia pure a suo modo, contro il ruolo dei sette grandi in generale e del presidente Trump in particolare, sia perché a capo della più grande potenza militare del mondo, sia per le sue specifiche posizioni su guerra, clima e migranti.
Siamo d’accordo con questo gesto?
Ne condividiamo il senso, ma francamente ci appare del tutto insufficiente, in linea con lo stile di governo di Accorinti, che si basa su gesti individuali slegati dal percorso amministrativo della giunta.
A nostro avviso il sindaco, se davvero voleva esprimere una critica radicale al G7, avrebbe dovuto declinare l’invito a partecipare a qualsivoglia cerimonia più o meno ludica a esso collegata e produrre un documento, come amministrazione, di adesione alla manifestazione, partecipando attivamente alla sua organizzazione e alla sua riuscita.
Ma questa giunta ha un indirizzo politico complessivo condiviso?
Oppure è, come a noi pare, una compagine di brave persone, più o meno capaci, in cui ognuno segue l’indirizzo politico e amministrativo che più gli è congeniale?
Costruire una giunta, e un governo delle partecipate, politicamente indecifrabile, è stata la premessa della rottura con la maggior parte di quanti lo avevano sostenuto dal primo momento, una scelta nella migliore delle ipotesi incomprensibile, che ha toccato il culmine con le nomine di Eller e della Ursino: non è addebitabile a loro la “colpa” di non aver capito che stavano in una giunta politicamente inconciliabile con la loro cultura, perché in realtà non è dato sapere quale sia la cultura politica di questa giunta, intesa nel suo complesso, ma anzi viene teorizzato che non debba averne nessuna.
In tale contesto, gli atti di protesta eclatanti, per noi in sé condivisibili, del sindaco, appaiono come fughe in avanti, facilmente derubricabili dai critici di diversa estrazione come gesti tra il folkloristico, il narcisista e il propagandistico, persino poco rispettosi, paradossalmente, di quella collegialità delle scelte della giunta che secondo noi dovrebbe essere la base di una amministrazione democratica.
Ci chiediamo, la giunta ha discusso e condiviso gesti come questo al G7?
Liquidiamo tuttavia come ipocrite, provincialotte e arcaiche le speciose lagnanze messe in atto, anche in maniera decisamente sopra le righe, da varie parti politiche e in special modo da alcuni consiglieri, che davvero potrebbero dedicarsi a impegnare più utilmente il proprio tempo.
Ci chiediamo se coloro che hanno criticato il sindaco e altri esponenti della sua giunta perché non avrebbero dovuto partecipare a una manifestazione politica come il corteo anti G7 del 27 maggio in quanto, da rappresentanti istituzionali, dovrebbero rappresentare tutti i cittadini e non solo una parte, abbiano mai rivolto tali critiche agli amministratori di una qualunque forza politica, a cominciare da essi stessi, che vanno alle manifestazioni dei loro rispettivi partiti.
La realtà è che costoro sono appiattiti sul pensiero unico, sul mito di un indiscutibile potere politico ed economico che governa l’unico mondo possibile, per cui chi è dalla parte di questo potere pensa di sostenere una verità oggettiva e in quanto tale neutrale, mentre chi contesta potrebbe al massimo essere “democraticamente” tollerato ma deve in qualche modo essere emarginato.
Loro sono insomma dalla parte dei potenti che Accorinti contesta e immaginano che tutti dovrebbero assumere nei confronti dei nuovi Re Sole un atteggiamento servile, sperando che questi lascino cadere qualche briciola nel piatto della nostra povera città.
Non a caso, sono gli stessi che volevano e vogliono il Ponte senza se e senza ma:
non importa se non aiuta davvero lo sviluppo, se distrugge l’ambiente, se crea molto meno lavoro di altri tipi di investimenti: se siamo dei miserabili dobbiamo prenderci solo e tutto quello che i potenti ci elargiscono, mica immaginare come costruire un futuro migliore e lottare per esso.
E’ una classe dirigente di tale levatura che ha ridotto così la città e continua a fare danno, permettendosi pure di criticare chi osa rompere gli schemi e alzare la testa.
In realtà chi vince le elezioni lo fa non solo sulla base di un programma più o meno dettagliato e realistico: la campagna per le amministrative non è un concorso pubblico.
Chi viene eletto è perché rappresenta una visione politica, e quindi una visione amministrativa.
Anche nel caso di un outsider come Accorinti ciò non solo resta vero, ma lo è ancora di più, perché qui la “visione politica” non è quella di uno schieramento, ma di una sola persona: promana dalla sua esperienza di vita, dal suo modo di essere, dalle battaglie e dai comportamenti ribelli che lo hanno sempre caratterizzato e per cui è stato votato.
Accorinti è il sindaco di tutti, come qualunque sindaco, ma come tutti gli altri lo è a partire da se stesso, da quelle caratteristiche personali, politiche e caratteriali per cui le persone, a torto o ragione, hanno deciso di votarlo, chiedendogli discontinuità e rottura con gli schemi del passato, non certo di rinunciare a essere se stesso e farsi omologare.
E qui invece sta il suo più grande limite intrinseco: non ha mai cessato di essere se stesso e quindi non ha mai cessato di essere un inguaribile individualista, incapace di vedersi dentro un percorso collettivo, di immaginare un processo di coinvolgimento e organizzazione della critica e del dissenso all’esistente, per poter davvero sperare di cambiare le cose.
E così i suoi restano gesti isolati e sporadici, personalistici, che generalmente non sono implementati nell’attività amministrativa, e dei quali non si sa nemmeno quanto siano condivisi dalla sua stessa giunta.
E’ stato questo, per noi, il suo vero grande limite di fondo, al di là di cose pregevoli o criticabili realizzate dall’elezione a oggi.
Alfredo Crupi
segretario provinciale PRC