«Le nomine dei consigli d’amministrazione delle partecipate dimostrano ancora una volta la contiguità fra il primo cittadino di Messina e la vecchia politica che tanto ha fatto finta di osteggiare in campagna elettorale.
Nonostante l’ipocrita posizione anticasta e gli spot propagandistici sui social, le scelte del deputato regionale testimoniano infatti il saldo legame fra l’ex direttore generale della Fenapi, società che assume sempre più un ruolo pregnante all’interno del Palazzo municipale, e volti noti della città legati a doppio mandato ai suoi trascorsi politici.
Risulta inoltre paradossale che, a dispetto della tanto sbandierata riduzione dei costi, un altro dei cavalli di battaglia di De Luca, sia aumentato il numero delle poltrone assegnate, con conseguente crescita degli incarichi politici e delle spese, sebbene lo stesso sindaco avesse inserito fra i punti sostanziali del suo programma elettorale la liquidazione di tutte le partecipate».
Così il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle commenta le designazioni, da parte del sindaco Cateno De Luca, dei nuovi vertici di Atm, Amam, MessinaServizi Bene Comune ed Ente Teatro, “ai quali auguriamo di poter svolgere il proprio lavoro con la massima professionalità e indipendenza, al fine di garantire alla collettività servizi essenziali per la crescita civile, culturale e infrastrutturale della città".
Altre critiche anche dalla consigliera di parità della provincia di Messina, Mariella Crisafulli: "Le nomine sono in violazione della Legge 120/2011 che introduce le quote di genere negli organi delle società partecipate e delle società quotate,garantendo al “genere meno rappresentato” un terzo dei posti nel CdA".
A rafforzare la norma è intervenuto anche il D.lgs. 175/2016 (attuazione Legge Madia) art. 11, comma 4 “Nella scelta degli amministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni assicurano il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessive delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno. Qualora la società abbia un organo amministrativo collegiale la scelta degli amministratori da eleggere deve essere effettuato nel rispetto dei criteri stabiliti dalla Legge 12 luglio 2011, n. 120.”
"Quindi non solo l’equilibrio di genere nel singolo collegio secondo quanto già previsto dalla Legge n. 120/2011 detta anche Golfo-Mosca dal nome delle parlamentari che l’hanno promossa, ma anche equilibrio di genere nel complesso delle nomine nei CdA composti da un solo amministratore. Ricordo, inoltre, che la Legge n. 215 del 2012 impone agli Statuti comunali di “garantire” e non più promuovere, condizioni di parità nelle aziende, enti ed istituzioni ad essi dipendenti.
Ancora una volta – conclude la Crisafulli – si continuano a mortificare competenze e professionalità delle donne, in violazione dei principi di uguaglianza e pari opportunità".