Questa mattina, nonostante il freddo e la pioggia battente, si sono ritrovati sotto la grande porta di piazza Casa Pia, per protestare contro la chiusura del “loro” Centro. Sono i “nonnini” che dallo scorso 1 dicembre, come anticipato in un precedente articolo (vedi correlato), sono stati sfrattati dal “Centro di Aggregazione Casa Pia”, gestito dall’omonimo ente regionale, a causa della mancanza di fondi per il mantenimento della struttura. Ciò anche a seguito della scelta, operata dal Comune, di trasferire in altro stabile (affittato in via La Farina), la sede del centro per l’impiego, privando dunque la Fondazione di una parte cospicua delle entrate necessarie per la gestione del Centro ricreativo.
Non ci inoltriamo ulteriormente nei dettagli tecnici (vedi altro articolo), perché l’attenzione, oggi più che mai, è giusto rivolgerla solo ai tanti anziani (circa 80) che per più di vent’anni a Casa Pia hanno trascorso le giornate e per i quali, proprio per questo, la struttura rappresenta una vera e propria ragione di vita: «Sapere di venire qui – ci racconta la signora Carmela Pino – mi riempiva le giornate. La mattina sbrigavo le faccende di casa e nel pomeriggio mi davo appuntamento con le altre amiche: insieme chiacchieravamo, ci raccontavamo quello che avevamo fatto e realizzavamo anche molti lavori all’uncinetto». Tante le attività organizzate all’interno del centro, come ci hanno raccontano i vecchietti protetti dagli ombrelli e ben coperti con cappelli, sciarpe e cappotti.
«La mattina (apertura dalle 9 alle 12) venivano soprattutto gli uomini e giocavano a carte – aggiunge la signora Maria Croce – nel pomeriggio, invece, venivamo noi signore. I miei figli sapevano bene che nelle ore pomeridiane era inutile chiamare a casa, perché non mi avrebbero trovata».
Gli anziani del “Centro Casa Pia”, tali solo anagraficamente, perché decisamente vivi, attivi e giovanili nello spirito, lamentano però di essersi sentiti presi in giro: «Il primo dicembre (giorno in cui è avvenuta la chiusura, ndr) abbiamo trovato un foglio attaccato alla porta in cui c’era scritto che l’attività sarebbe ripresa dall’11 dicembre – continua il signor Giovanni – Siccome però era domenica abbiamo pensato che si sarebbe ricominciato regolarmente da lunedì 12. Così invece non è stato, ma la cosa peggiore è che nessuno ci ha avvertito». Gli “agguerriti” vecchietti, che ad aver perso quel Centro di ritrovo e di svago proprio non ci stanno, si dicono anche disponibili ad autotassarsi: «Io prendo la pensione sociale da 410 euro – spiega la signora Maria – ma sono disposta a dare una quota mensile, preferisco rinunciare ad altro». Gli anziani, con sincera spontaneità, ritenendo che la chiusura possa anche essere dipesa da quella che definiscono una “cattiva gestione”, puntano il dito contro gli sprechi: «Non servono tutti quegli operatori per gestire la struttura (sei, ndr), ne bastano due, uno la mattina e uno il pomeriggio, per apertura e chiusura, di tutto il resto ci occupiamo noi, anche della pulizia se serve per risparmiare».
Ad unirsi alla protesta degli anziani, il consigliere Nicola Cucinotta, autore, proprio qualche giorno fa (vedi correlato), dell’interrogazione inviata al prefetto, all’Arcivescovo e al sindaco, di cui si è discusso anche in commissione servizi sociali: «Il dirigente De Francesco (da poco trasferito al dipartimento servizi sociali, ndr) – ha dichiarato il consigliere del Pd – è a conoscenza della situazione e a breve se ne occuperà. Speriamo che lo stesso faccia il primo cittadino». Primo cittadino che Cucinotta ha contattato “in diretta”, manifestandogli le richieste degli anziani e il loro desiderio di essere ricevuti a palazzo Zanca. Dall’altra parte della cornetta qualche rassicurazione: «Entro i prossimi sei giorni la situazione verrà risolta». Affermazioni, quelle telefonicamente riferite da Buzzanca a Cucinotta e da quest’ultimo all’ “uditorio”, che sembrano però aver convinto poco i diretti interessati: «Basta che non sia una promessa da marinaio» commenta qualche “vecchio saggio”.
Tiene invece a precisare di non essere stato avvisato da nessuno dell’odierna protesta, il presidente della Fondazione Opera Pia, Paolo Andronaco: «Chi ha organizzato l’assemblea non mi ha messo a conoscenza di nulla e prima di parlare dovrebbe informarsi bene».
Terminato il breve incontro, in cui sarebbe forse stata auspicabile una maggiora partecipazione, innanzitutto da parte dei rappresentanti delle istituzioni preposte, ai vecchietti, infreddoliti ma combattivi, non è rimasto che darsi l’arrivederci: «Adesso torno a casa e sarò costretta a trascorrere un’altra giornata completamente da sola», commenta amareggiata la signora Clelia che nel salutare le sue amiche aggiunge: «Chissà ora quando ci rivedremo». Ebbene sì, chissà. (ELENA DE PASQUALE)