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Alba e Davide, gli “artigiani” del digitale che amano Messina

MESSINA – Non è facile raccontare la storia di Alba Terranova e Davide Panarello, perché la passione che traspare dai loro racconti è semplice da carpire dalle loro voci, ma difficile da rendere allo stesso modo in un articolo. Due storie che partono da punti opposti, con vite diverse e contesti lontani tra loro. Poi il punto di congiunzione, con Messina a fare da fulcro dopo i rispettivi “ritorni” a casa, lei da Urbino e lui da Milano.

E da lì il coraggio di lanciarsi in qualcosa di nuovo, all’epoca ancora da scoprire, e che ora li ha fatti diventare una coppia di esperti nel digital marketing e del mondo social tra le più apprezzate nel panorama non solo cittadino. Una squadra, oltre che una coppia unica nel suo genere, che ogni giorno affianca le aziende, piccole, medie e grandi, e fa scoprire loro un mondo fatto di digitale, di Facebook ads, di post su Instagram e di investimenti da fare, per “avvicinarsi” passo dopo passo a quel mondo globalizzato che non è il futuro, ma il presente.

Andati via e poi tornati. Come nasce la vostra storia professionale e perché investire qui le proprie competenze e risorse?

Alba: Dal mio punto di vista tutto parte dalla carriera universitaria che stavo facendo. Ero insoddisfatta sia perché non mi piaceva il sistema sia perché avevo capito che ciò che stavo studiando non mi avrebbe permesso di trovare un lavoro appagante. In quel momento, supportata da Davide che aveva fatto anche studi diversi, ho cominciato ad avvicinarmi ad economia e al marketing. Ho trovato un corso specialistico, sempre di lingue, che però virava verso questi argomenti. In Italia ce n’erano 3, io ho scelto Urbino. Lì ho capito qual era il settore che mi poteva interessare di più. Ma Urbino è molto piccola e chi non è del posto, pur laureandosi lì, non ha granché chance di restare. Così mi sono trovata a un bivio: vado a Milano o torno a Messina? E sono tornata. Continuavo a formarmi nell’ambito del digital marketing e dei social mentre mandavo curricula. Cercavo di apprendere gli strumenti prima ancora che nascesse un mestiere che te li insegnava. Ma al di là di questo, a Urbino non mi ero trovata bene, studiavo lì ma tornavo qui quando potevo per tornare a respirare. Non ce la facevo, per me è stata anche un’esigenza tornare qui. Ho avuto poi la testa dura di continuare a insistere.

Davide: C’è chi si prepara tutta la vita e ha anche le possibilità di fare qualcosa di importante, come nel caso di Alba. Poi c’è chi come me viene da situazioni diverse ed è fondamentale far passare l’idea che siamo noi stessi coloro che decideranno il proprio futuro, indipendentemente da quello che è il punto di partenza. Alba si è preparata e ha avuto la fortuna di prepararsi per fare una cosa che si sta concretizzando. Io mi trasferisco a Milano e vivo lì da milanese. Mi pago gli studi e ci vivo per più di due anni e mezzo. Capisco i limiti e i pregi del luogo da cui ero partito e i limiti e i pregi del luogo in cui mi trovavo. Ma capisco anche un’altra cosa: quello che noi sappiamo fare fa davvero la differenza. Mi sono sentito impreparato in un contesto come Milano, dal punto di vista culturale e professionale. Lì capisco che devo ricominciare a studiare. Comincio lì e per vicissitudini di carattere personale torno per completarli a Messina. Qui conosco Alba e la nostra storia si intreccia. Ci vorrebbero ore per raccontarlo.

Alba scherza: Diciamo che io sono l’anima più sognatrice, lui quello più pragmatico.

Davide: E ci siamo influenzati a vicenda. Tra competenze professionale e personali. Oggi il lavoro va bene, ma soprattutto siamo rispettati. Andiamo a colloquio con imprenditori che fatturano molto, scambiamo idee, ci dimostrano rispetto per le nostre competenze. Questa è la cosa più bella. Possiamo raggiungere grandi obiettivi indipendentemente dal punto di partenza e soprattutto non bisogna mai piangersi addosso.

Messina sembra sempre essere rimasta indietro dal punto di vista della digitalizzazione, è davvero così? E quanto è difficile “combattere” in questo tipo di mestiere con la clientela?

Alba: Già dal mio primo colloquio in questo settore la persona che mi ha ricevuto cercava proprio persone con esperienze di digital marketing. Ho capito lì che c’era una sponda, lavorando a testa bassa tutto è stato un susseguirsi di passaparola. L’imprenditore X ha parlato con dieci persone, magari ne hai preso uno che ti ha contattato, e poi ha parlato a sua volta. Si è creata una rete praticamente da sola, non abbiamo mai cercato clienti. All’inizio non eravamo smaliziati e bravi forse nel capire che alcuni tentavano solo di “carpire i segreti del mestiere”. Oggi è diverso.

Davide: Non bisogna prendere tutti i clienti, prendiamo solo quei business che ci mettono in condizione di raggiungere alcuni obiettivi. Non vogliamo lucrare sulle persone, ma stabilire un rapporto win to win, in cui si raggiungono gli obiettivi ed è positivo per entrambi. Ma noi non siamo una classica agenzia. Noi ci comportiamo come degli artigiani, cuciamo addosso al piccolo commerciante o anche alle grandi aziende una strategia, una campagna di business basata sui social e sul digitale. Potrei prendere 50 clienti e “sparare” 50 grafiche tutte uguali, ma i risultati?

Alba: La cosa difficile è far comprendere agli imprenditori, indipendentemente dall’età, come funziona questo lavoro. E sempre hanno una certa ritrosia, perché non riescono a capire fino in fondo che c’è il nostro lavoro, più le ads di Facebook, e diventa un ostacolo quando non si capisce questo passaggio. Questo è un problema di alfabetizzazione digitale, che ora stiamo cercando di superare anche raccontando questo lavoro con il nostro canale Rocket Digital. L’abbiamo creato proprio per alfabetizzare, vogliamo che attività e imprenditori si pongano domande e capiscano come funziona, perché se no perdono tempo e terreno.

Voi vivete e lavorate a Messina. L’amore per la città traspare anche da un utilizzo dei social per mostrare agli utenti tante bellezze della nostra terra. Questa passione “collaterale” com’è nata?

Alba: Io sono un “pedilongu”, come si dice in dialetto. Voglio sempre andare in giro, a scoprire posti. Ma tutto è nato mentre ero a Urbino. Tutti i colleghi mi dicevano che la Sicilia era stupenda, citavano posti, dalla Valle dei Templi alla Riserva dello Zingaro. Mi sono vergognata perché da messinese e siciliana non c’ero mai stata. Allora ho deciso che avrei dovuto rimediare e appena tornata abbiamo deciso di andare in giro a scoprire sempre più posti. Poi è nato l’aspetto social. Dovevamo testare alcune strategie e l’algoritmo di Instagram e Davide ha detto di provare così, raccontando ciò che facevamo in questo spaccato della nostra vita. E in quel periodo, soprattutto il 2019, riuscivamo a essere in tre o quattro posti nel weekend. La gente ci seguiva. Tanti. Ci scrivevano anche dall’estero ed è stato molto emozionante.

Davide: Avevamo l’esigenza di dover fare cose con un budget personale abbastanza ridotto, perché non avevamo all’inizio entrate certe. Siamo stati spinti da questa cosa e abbiamo capito che potevamo passare giornate bellissime, facendo cose molto fighe e con poche spese. E sottolineiamo un dettaglio: non c’è stato mai un paese, neanche il più piccolo, in cui non ci sia stata una cosa per cui non valesse la pena andare. Dal gelato artigianale alla chiesa storica, fino a musei e a piatti tipici. Ciò che abbiamo cercato di far trasparire sui nostri profili è che è alla portata di tutti vivere una località con un budget basso ma facendo cose belle e uniche, arricchendosi davvero.

Che messaggio lancereste voi a chi va via o a chi resta o torna?

Davide: Passare una parte della propria vita in una parte diversa, aperta all’influenza di nuove idee, è fondamentale secondo me. Dopo di che è una scelta individuale capire dove possiamo essere più felici. Qualcuno sarà più felice lontano, ma sono convinto che la gran parte tornerebbe. Molti non hanno il coraggio o le risorse per farlo, ma per me è triste, da siciliano, pensare che tanti amici sono lontani e magari vorrebbero invece tornare.

Alba: Io vedo, soprattutto su Instagram avendo riscontro da ragazzi più giovani di me, che sono molto più legati al territorio. Sono generazioni che, forse perché nativi digitali o nati all’interno di un mondo globalizzato, hanno capito che qui si può fare, che ci sono opportunità. Nutro grande fiducia in loro. Andare via, apprendere e tornare è cruciale. Ma anche per capire un passaggio: ciò che non funziona qui non è detto che altrove sia diverso. Siamo vittime di un auto flagellazione, pensiamo sempre che qui non funzioni niente. Bisogna calibrare la propria esperienza in un contesto che va analizzato bene: ci sono cose che potremmo fare meglio tutti, ma tante anche che vanno bene e vanno sottolineate.