Messina, 24 Dicembre 2013, ore 11, con l’indomito coraggio di una kamikaze mi lancio e varco la soglia di Muschio e Miele, la storica boutique di via Giordano Bruno, dove sto per incontrare Fausto Puglisi, il più acclamato giovane designer della moda italiana.
Indossando solo le vertigini, un sorriso e un outfit da perfetta “fashion blogger”, lo saluto con spavalda incoscienza: “Ciao Fausto, spero tanto di piacerti!“
Lui mi stringe la mano, e mi bacia sulla guancia, come se ci conoscessimo da sempre e senza nessun cerimoniale, mi dice: “Che meraviglia! Sei un’apparizione! La mia gonna della collezione resort ti sta benissimo… Davvero!” La leggerezza e l‘entusiasmo con cui mi accoglie smontano all’istante ogni formalità e intuisco che come sempre “è il cuore che conta” e che dunque questo incontro si baserà solo ed esclusivamente sul cuore. Così, per qualche ora, aspettando che arrivino i suoi cari amici, Dino, Lina e Gisella Giuttari, tra un caffè e qualche sigaretta, ho Fausto tutto per me e mi rendo conto di avere una fortuna sfacciata. Chiacchierando dei più disparati argomenti delineo lucidamente il suo profilo: di fronte a me ho un ragazzo molto, molto speciale. Parliamo di moda, di politica, di bellezza, di Made in Italy. Ma parliamo anche della Sicilia, di Messina, del suo futuro e dunque dei giovani messinesi che definisce vecchi. “Li trovo vecchi “, è un’affermazione forte! Forse, molti potrebbero sentirsi offesi, ma a ben guardare, penso che il suo sguardo sui giovani messinesi sia da interpretare piuttosto come un invito a diventare intrepidi sognatori, “perché i sogni son desideri” e i desideri muovono la vita e la spingono oltre ogni limite e in ciò risiede il concetto dell’ eterna giovinezza.
E difatti, l’esperienza di Fausto Puglisi dovrebbe essere fonte d’ispirazione per tutti, soprattutto per i giovani della nostra città. Il Sole 24 Ore recentemente lo ha definito “Orgoglio Italiano”. Io ho aggiunto nel mio blog “Orgoglio Messinese”.
Mentre lo guardo i suoi occhi sono attraversati da una luce particolare, una scintilla, una scossa che trasmette entusiasmo, passione, forza, realizzazione, bellezza.
Arguto, schietto, eroico, epico, seducente, libero, Fausto è un’eccellenza italiana che ispira. Nel suo modo di essere non scorgo alcuna traccia di snobismo o di arroganza, né tantomeno un’inclinazione al compromesso. Scorgo piuttosto una dignità che mi suscita ammirazione e mi contagia. Classe 1976, fin da piccolo, mi racconta, voleva diventare come Armani e Versace. Finito il liceo classico, prepara una valigia con dentro solo il suo sogno e lascia Messina diretto alla volta degli Stati Uniti. Comincia così a lavorare come guardarobiere in un famoso ristorante di New York, il Tribeca Grill di Robert De Niro. Il locale è frequentato dal jet set internazionale e lì conosce Patti Wilson, famosa stylist di molte star, che gli commissiona un abito per Whitney Houston. Successivamente, in California, l’incontro con Arianne Phillips, la stylist di Miss Ciccone, determina la sua fama tra le Celeb ed i suoi abiti cominciano ad essere venduti in alcuni Department Stores americani. Ma non è tutto oro quel che luccica: così come ogni percorso che conduce alla realizzazione di un sogno, anche quello di Fausto è irto di ostacoli, superati solo grazie al coraggio con cui ha raccolto la sfida, alla grande tenacia e all’eroica pazienza. “La forza del desiderio rende tollerabili le fatiche e i dolori”, diceva Sant’Agostino, e con questo spirito indomito inciso nel cuore, tra insuccessi e impedimenti di ogni tipo, vissuti paradossalmente proprio in Italia, finalmente arriva la svolta. Nel settembre 2010 Domenico Dolce e Stefano Gabbana lo ospitano nel Concept Spiga Due, spazio dedicato ai nuovi talenti della moda e da lì, infinitamente grato per l’opportunità datagli, spicca il volo.
Anne Wintour, l’onnipotente direttrice di Vogue America, imperatrice indiscussa del regno della moda, ormai famosa al più vasto pubblico anche per il film “Il Diavolo veste Prada”, lo celebra e lo stima; le Star di Hollywood, da Madonna a Kate Perry, lo adorano. L’eccentrica e travolgente fashion editor di Vogue Japan, Anna Dello Russo, fa girare in tutto il web i suoi outfit griffati Fausto Puglisi ispirando blogger e fashion addict di mezzo mondo. Nel settembre 2012 lo storico Concept Store di Firenze, Luisa via Roma, gli dedica l’intera vetrina con i capi della collezione autunno inverno 2013, consacrandolo cult designer della stagione. Intanto Parigi gli consegna le chiavi della Maison Ungaro di cui diventa il nuovo direttore creativo.
Il prossimo aprile le sue creazioni saranno esposte al Victoria and Albert Museum di Londra, all’interno della mostra THE GLAMOUR OF ITALIAN FASHION 1945-2014; me lo annuncia fiero, orgoglioso e dorato come il leone del campanile della cattedrale quando ruggisce nel mezzogiorno messinese scuotendo la città.
Eclettico e poliedrico, Fausto è un ossimoro vivente. Le sue creazioni creano un campo magnetico fortissimo, il loro DNA è carico di storia, una storia antica ma anche personalissima. La storia che scorre nelle vene di Fausto è quella raccontata dal vento che soffia impetuoso sullo Stretto di Messina e che volteggia cambiando direzione di continuo, depositaria di quegli strani fenomeni, gorghi e vortici vertiginosi, che si ripetono da tempo inenarrabile nelle acque dei mitologici Scilla e Cariddi, per l’incontro e lo scontro di opposte correnti. Il racconto di questa storia è nelle sue collezioni e la loro narrazione è un mix esplosivo di culture e controculture che s’intrecciano in maniera orgiastica, spaziando dall’Impero Romano a Maria Antonietta, dalla Vara di Messina al glamour Hollywoodiano. La sintesi di questi elementi dona ai suoi capi un’estetica pura, geometrica, scultorea, da cui emerge prorompente l’ideale assoluto di bellezza e senso della perfezione espresso, nel suo massimo splendore, da una statua greca. La definirei, la sua, una NeoClassic-PopCouture, una moda che crea un’inedita, intrigante e cosmopolita modernità. Una novità assoluta nel mondo della moda che fa riaccendere i riflettori su un Made in Italy da troppo tempo bisognoso di una scossa vigorosa e Fausto Puglisi che il terremoto lo ha nel sangue, adempie devoto alla sua missione. Grazie Fausto
Nel concordare il nostro incontro mi è stato chiesto che si tenesse da Muschio e Miele. Ho intuito che ci fosse una ragione particolare, è così?
“Come designer sono nato letteralmente in questo negozio e per l’intera famiglia Giuttari nutro un affetto straordinario. In città la mia collezione è in vendita in un'altra boutique e i proprietari sono imprenditori eccezionali che hanno creduto nel mio progetto e con i quali ho un rapporto commerciale di enorme stima e rispetto reciproco. Al contrario, il legame con Muschio e Miele è un legame puramente affettivo che ha le sue radici nell’amore che provo verso ciascuno dei componenti della famiglia Giuttari che insieme alla mia famiglia sono il motivo per cui periodicamente torno in Sicilia. Sono legato a loro in maniera straordinaria e Lina e Gisella sono per me un punto di riferimento. Io mi sono formato qui nel loro negozio e devo tutto a loro. Avevo quindici anni e proprio passando davanti al negozio rimasi folgorato dallo strepitoso abito di Giannni Versace esposto in vetrina. Ho un ricordo nitido di quell’abito: aveva il top ricamato e una gonna con la crinolina sulla quale c’era scritto Picasso, pittura… Sembravano pennellate… Stupendo! Rimasi per un’ora ad ammirarlo! Ero scioccato da cosi tanta bellezza. Dopo due giorni ebbi il coraggio di entrare in quel negozio che per me, ragazzino, rappresentava un vero e proprio tempio. In un’intervista a Vogue British ho dichiarato che io vedevo Muschio e Miele come un forziere, un tempio inavvicinabile e non per il costo degli abiti ma piuttosto per quello che ai miei occhi rappresentava:“era una sacralità!” Qui nel negozio ho incontrato Gianni Versace, la persona che ha segnato il mio modo di intendere la moda, e due donne, Lina e Gisella, che hanno influenzato potentemente la mia estetica. Per me loro erano infatti ambasciatrici di un’estetica modernissima. Ricordo ogni loro outfit: da un abito di ottoman viola indossato da Gisella con tronchetti neri con le spille da balia, alla giacca rossa con grandi bottoni di metallo dorato e perle indossata da Lina.
Cominciai così a frequentare assiduamente il negozio e loro pazientemente sopportavano questo ragazzino che non comprava nulla ma che soggiornava tra crinoline e clienti. (“Fausto era tenerissimo, un amore,”esclama Gisella commossa!)
Loro per me erano la modernità, erano oltre era il futuro e rappresentavano Versace e il suo concetto. Versace è stato il futuro! L’unico stilista moderno! L’unico contemporaneo che ha espresso un concetto di moda davvero moderna!
Perchè lo hai scelto come maestro?
“Perché mi faceva sognare! Il suo era un lusso spavaldo, come quello di una Ferrari! Ma al contempo Gianni era uno del popolo, non aveva la borghesia in testa e non aveva paura di niente”.
Cosa risponderesti a chi dice che Fausto Puglisi copia Versace?
“Chi lo dice? Sicuramente non le persone giuste. A me interessa cosa dice Anna Wintour, Suzy Menkes, Emanuelle Alt di Vogue Paris… A me interessa cosa pensa chi fa la moda, non le persone invidiose. Anche Gianni Versace, all’epoca, veniva chiamato Copiace. A Milano alcuni “benpensanti,” quelli che oggi per generazione diversa sono i miei detrattori, ai tempi erano i detrattori di Gianni e lo chiamavano Copiace. Quando aprì il suo Store nel cuore di Milano gli invidiosi dicevano somigliasse ad un cimitero e invece era un capolavoro, un posto incantato, un mausoleo stupendo. Disprezzavano il suo lavoro e urlavano “veste le puttane”!
Versace invece era coltissimo in fatto di moda e aveva come punti di riferimento Chanel, i bottoni dorati di Chanel! E poi Paco Rabanne e le sue maglie di metallo! Courrèges e i suoi abiti di sbieco in crèpe di lana! Questi erano i designer ai quali si ispirava e che poi traduceva in uno stile tutto suo. In occasione della pubblicazione di un articolo dedicato a Versace sulla rivista Amica, la direttrice Cristina Lucchini mi ha chiesto a quale titolo pensassi, io ho risposto con un convinto “Grazie Gianni”. Ho sempre detto con estrema franchezza che il mio punto di riferimento è stato ed è Gianni. Ogni designer, così come ogni regista, fotografo o artista, ha i suoi riferimenti. Un regista potrebbe avere come miti Pasolini o Antonioni, o meglio come maestri, o come suggestioni. In una storica intervista insieme a Karl Lagerfeld, Gianni dichiarava di non sopportare più taluni giudizi che definivano le sue creazioni volgari. Ma un abito che oggi è considerato volgare probabilmente tra venti anni sarà considerato il capostipite di quest’era. Quanti rimpiangono quel mondo creato da Versace e che nessuno è stato più in grado di rappresentare?
Oggi mi trovo in una situazione analoga. Tuttavia io sono tra i designer di cui Anna Wintour ha parlato nell’ultima conferenza stampa di Milano. A me interessa apparire su Vogue America perchè Anne Wintour è una delle donne che hanno costruito la moda. A me fa piacere scoprire che una giornalista di Le Figaro rintracci nel mio lavoro qualcosa che le ricorda lo stile di Elsa Schiapparelli degli anni venti, quel particolare tipo di immaginario ripreso poi da Dior e tramandato a Courrèges e Versace. Questo è ciò che mi piace sentire ma dire che copio Versace è troppo da stupidi! In questo momento sono il numero uno nelle vendite tra i nuovi designer italiani. Al primo fashion show di Milano era presente tutto il gotha della moda internazionale e in questo momento sono l’unico designer emergente ad essere dentro la fortezza inespugnabile di Vogue America. Queste sono le persone che fanno la moda e parlano di me, il resto può dire ciò che vuole perchè non mi interessa”.
Chanel diceva la moda passa lo stile rimane. Cos’è lo stile per Fausto Puglisi?
“Per me stile è una parola vuota, così come lo è la parola chic che trovo sia la parola più vecchia del mondo. Ciò che conta è l’esperienza personale di ciascuno di noi, le nostre sensazioni, il nostro gusto, il nostro modo di vedere e percepire la vita.
Per me lo stile è Lina Giuttari con i suoi occhiali da sole neri che indossa anche la sera, i suoi gioielli e il suo modo unico di portarli. Lo stile è la propria unicità che non può ripetersi. Alla fine quel che conta è quello che tu sei e ciò che fai per essere felice.”
A proposito di stile, da marzo scorso sei il nuovo direttore creativo della Maison Ungaro. Cosa hanno in comune Fausto Puglisi ed Emanuel Ungaro?
“E’ un’esperienza straordinaria e Ungaro corrisponde totalmente al mio mondo. Ungaro ha cominciato la sua carriera da Balenciaga e Courrèges e, nelle sue creazioni, il barocco, l’opulenza, il colore, la femminilità sono il tratto distintivo. Ho studiato approfonditamente il lavoro di Emanuel Ungaro e, mantenendone l’essenza, ho voluto renderlo contemporaneo, così, ho eliminato alcuni elementi, i fiocchi li ho trasformati in farfalle e le ruches in orchidee e libellule.
L’abito maculato con le farfalle d’oro è strepitoso. Lo ha indossato Katy Perry ai VMA Awards e Coco Rocha, nella versione lunga, il 6 maggio scorso sfilando con me sul red carpet del MET Gala”.
Spesso quando parli della donna Puglisi utilizzi l’espressione essere sessuale.
Che differenza c’è tra essere sensuale ed essere sessuale?
“Infatti odio la parola sensuale! O sei sexy o non sei sexy. Sensuale è come chic, non ha senso. Essere sexy non vuol dire tirare fuori il seno o altre parti del corpo, puoi essere completamente coperta ed essere molto sexy. Uno sguardo può essere sexy, una grande energia può essere sexy. Sessuale e sexy sono la stessa cosa, gli americani sono avanti, gli inglesi anche ed hanno studiato questa parola. Sensual non si usa mai! Si usa invece sexy e sexy viene da sex che vuol dire sesso. Essere sessuale significa far nascere un desiderio fortissimo, suscitare una sensazione strong, un pugno nello stomaco, un qualcosa che ti prende le budella e te le tira fuori. Io amo le emozioni forti e non le emozioni deboli ed essere sexy o essere sessuali è un’emozione che ti scuote, come quella provocata dalla musica, dall’arte o dalla persona di cui ti innamori. Nel costruire la mia estetica, il fine che mi prefiggo è suscitare un’emozione forte, fare sognare, creare desiderio”.
Da quali altri elementi è costruita l’estetica di Fausto Puglisi?
“A me interessa la bellezza ed ho un’idea di bellezza molto personale. Odio i concetti di bello dentro, bello fuori. Io come designer sono chiamato a creare estetica e per me l’estetica non ha a che fare con l’etica. Poi scorgo una bellezza che ha che fare con l’etica e la lego alla bellezza dei medici, dei ricercatori, degli scienziati, che con il loro lavoro si preoccupano di salvare le vite umane. Stamane ho visto le immagini degli immigrati che in segno di protesta si sono cuciti la bocca e mi sono commosso. I loro occhi erano di una bellezza strabiliante e non rimandavano nè ai muscoli nè alla moda; esprimevano solo disperazione ed era una bellezza aulica, divina. Noi regaliamo sogni, creiamo estetica e l’estetica ha a che fare con le foto di Helmut Newton, Kate Moss e non stiamo a preoccuparci di altro. Non prendiamoci troppo sul serio! Noi designer siamo qui a far stracci, i veri eroi sono coloro che salvano le vite umane. Noi costruiamo estetica e dobbiamo solo far sognare.
Non credo che la moda sia portatrice di un messaggio sociale. Odio che la moda venga strumentalizzata come ad esempio tutto quel gran parlare di anoressia e bulimia. Alcuni vedono modelle bellissime e quello che riescono a dire è solo che somigliano a delle “grucce” ed io penso allora “fossimo tutti grucce a quel modo!” Vorrei anche aggiungere che la magrezza non è data solo dal mangiare e vomitare ma da uno stile di vita sano ed equilibrato che rende sicuramente più belli. La bellezza è la bellezza e, per quanto io sia un appassionato sostenitore dell’ideale di bellezza ellenica il concetto“kalòs kagathòs” non credo di poterlo applicare al mio lavoro di designer. Nell’atto creativo non posso pensare di perseguire sia il bello che il buono perché mi sentirei perdente fin dall’inizio. Il bello e il buono lo crei senza saperlo e senza volerlo. La bellezza arricchisce lo spirito e viceversa. Noi italiani siamo così belli anche di spirito perchè siamo stati cresciuti e allevati tra le cose belle. Se vivi vicino alla bellezza, ti evolvi e diventi bello naturalmente. I greci erano belli perché erano un popolo evoluto e nell’evoluzione hanno raggiunto la bellezza con più facilità. Lo spirito deve nutrirsi di cultura. Quando creo mi concentro sul mio ideale di bellezza. Ho scoperto che i templi greci e anche quelli romani erano multicolor e immaginarli così mi emoziona moltissimo. Penso che se dovessi scorgere di fronte a me un tempio d’oro, rosso, arancione, turchese, verrei sopraffatto da quel senso di vertigine, da quel pugno nello stomaco che solo la bellezza ti fa sentire. Per questo motivo uso tantissimo oro, nero assoluto e colorblocking. Io trovo che la cosa peggiore per un designer è pensare di fare una collezione con l’obiettivo di venderla, in questo caso è certo che non vendi nulla. Al contrario, io parto sempre dall’idea di fare ciò che sento e che mi rende felice e quella sarà la collezione che riuscirà meglio e venderà di più. Alla fine sarà il futuro a decidere se con il mio lavoro avrò creato bellezza, bruttezza, orrore, desiderio, spirito, sogno…
Sogno, perchè Fausto, ci fai sognare!