La casa dei gladiatori muore di cemento armato

Tutto era nell’aria, non passava giorno senza che qualcuno ci ricordasse come l’Italia custodisca la maggior parte dei beni artistici e archeologici del pianeta. Ma meritiamo davvero un simile onore? Il dubbio probabilmente sorgeva in tutti ma nessuno ne parlava, né tanto meno ne scriveva, qualche voce eletta e sporadica come quella di Sergio Rizzo che sul Corriere della Sera si poneva questa e altre domande in un contemporaneo confuso.

L’editorialista infatti aveva scritto manca al solito a Pompei il titolare che dovrebbe sovraintendere le operazioni di restauro in corso che sono risultare mostruose. Il Ministro dei Beni Culturali è impegnato in altro.

Sergio Rizzo scrive in un suo editoriale che è perfino inutile interrogarsi sui motivi di questa paralisi: Il massimo dello sconforto, il perpetrarsi di una domanda senza risposta. Viene addirittura il sospetto che nella stanza dei bottoni nessuno si renda conto di avere fra le mani una risorsa economica enorme in una regione che ha disperato bisogno di lavoro e sviluppo. Per dare un ‘idea dell ‘attenzione riservata a questa materia basterebbe ricordare che dal 2004 a oggi il governo non è stato nemmeno in grado di mettere in piedi un portale nazionale di promozione turistica degno di tal nome. E poi c’è chi si lamenta che con il 70% delle bellezze artistiche e naturali di tutto il mondo continuiamo a scivolare in basso nelle classifiche internazionali del turismo, poi dal Colle Napolitano afferma: e’ l’incuria umana a provocare dissesti e morti.

Tutto vecchio, troppo vecchio per destare interesse, il nuovo viene solo dopo l’ emergenza e dopi I crolli con altre visuali.

A Pompei, Patrimonio dell’Umanità, la casa dei gladiatori crolla sotto il peso del cemento armato.

Ignoranza, politica e professionale si abbracciano in un connubio mortale che ci trangola e ci stravolge facendoci arrivare al fatidico zero in attesa del sottozero.

La solita betoniera omicida assieme ad inimmaginabili mezzi pesanti circolava impunita e baldanzosa tra le rovine di Pompei.

Testimonianze e ricordi che si sovrappongono a quelli del cantiere della casa dei casti amanti, trasformato per volontà del commissario in un “cantiere evento” visitabile. Per allestirlo, sul terrapieno alle spalle di via dell’Abbondanza erano state portate gru e pale meccaniche. Poco dopo iniziò la seria di crolli.

Per i quali secondo il sito stop killing Pompeii Ruinis “il ministro, che aveva commissariato il sito, non può non assumersi la responsabilità”.

Ma torniamo alla casa dei gladiatori e ai lavori di restauro della copertura, parte di un lotto da 297.253 euro, affidati alla ditta Caccavo srl. E’ la prova fotografica riprodotta da Gerge Street View, che negli ultimi lavori al tetto della Schola Armatorum, crollata il 6 novembre, non furono negli anni 50, come sostenuto dal Ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi, ma di un anno fa: durante la gestione commissariale di Pompei.

Una verità sconvolgente , ma soprattutto amara che dichiara a chiare lettere la sopraffazione politica e l’ignoranza professionale contro cui si sono scagliati sempre in ritardo i 17 sovrintendenti archeologici su 19, compresa quella ad interim di Pompei e Napoli: Jeannette Papadopoulos.

In una lettera inviata al Ministro Bondi, loro scrivono: È tempo che la cultura dell’emergenza ceda il pas¬so a quella della manutenzione, or¬dinaria e straordinaria, a cura delle strutture e degli staff tecnico-scien¬tifici che quei monumenti, quei si¬ti, quei musei conoscono e tutela¬no.

In aperta polemica con il mini¬stro che aveva parlato della necessi¬tà di affiancarli ai manager, i so¬vrintendenti aggiungono che la valorizzazione come concetto me-diatico non può sostituirsi al pa¬ziente e faticoso lavoro di monito¬raggio, consolidamento e restau¬ro . Puntano il dito contro i pe¬santi tagli accompagnati da pe¬santi riduzione del personale, so¬prattutto di tecnici specializzati e un appesantimento nelle proce¬dure di spesa. E citano come caso emblematico Pompei: commissa¬riata con figure diverse dai tecnici (un prefetto in congedo e un fun¬zionario della Protezione civile) ha sortito questi effetti.

Replica Bondi con tre motivi: In primo luogo perché alimenta e cer¬ca di accreditare la convinzione di una responsabilità politica nel cedi¬mento di una ricostruzione in ce¬mento armato a Pompei; in secon¬do luogo perché i fondi a Pompei ci sono sempre stati ed è mancata la capacità di spenderli in maniera adeguata; infine perché i commissari hanno sempre operato in tota¬le sintonia con i sovraintendenti.

Giustificazioni che possono bastare a a rasserenare il clima, cosi’ dice gondolandosi il Ministro.

Secondo me giustificazioni che seguono un operato fuori da ogni buona anche del costruire in zona sismica ove occorre tenere conto non solo dei pesi che sono stati fatali ma anche delle spinte sismiche.

Come non affiancarsi alle dichiarazioni del siciliano Fabio Granata quando in parlamento tuona: solo la crisi di governo salverà Bondi dalla sfi¬ducia individuale; lui e’ convinto che ciò che emerge conferma la sua pesante e diretta responsabilità politica. Patrimo¬nio e attività culturali non possono essere lasciate ancora nelle mani del peggior ministro di sempre.

L’architetto Antonio Irlando, dell’Osservatorio Patrimo¬nio culturale spiega perché: Que¬sta foto fa sobbalzare. Perché indi¬ca che i lavori del 2009 prevedeva¬no il restauro del solaio in cemento armato che è stato finora indica¬to, assieme alla pioggia, come il re¬sponsabile principale del crollo de¬vastante della Schola Armaturarum di via dell’Abbondanza. Ma noi non sappiamo cosa stessero fa¬cendo lì quegli operai. Nessuno finora ce ne aveva parlato. Eppure il ministro ha parlato più volte di quel crollo. Perché quei lavori so¬no stati taciuti?.

La prova fotografica questa volta non riguarda le escort ma un edificio che ci inorgoglisce e che fa parte dell’umanità anche se nel napoletano.

Arginare l’ignoranza e l’incompetenza che si aggira nelle stanze dei Palazzi è un dovere che viene troppo spesso bypassato dagli interessi di cordata politica, che mettono nel cassetto i capisaldi della competenza professionale.

Cosi tutto muore e cade e i nostri giovani non hanno più futuro e gli studi professionali sono soggiogati dagli interessi delle betoniere che sono anche il simbolo del malaffare e delle forze trasversali che turbano gli equilibri non solo statici nel nostro Paese imbarbarito.

Gli ordini professionali tacciano, i sindacati dei liberi professionisti pensano a permettere agli iscritti di sopravvivere in assenza assoluta di concorsi di progettazione e con tariffe che non hanno più un minimo garantito.

Tutto gioca in quella direzione che ha permesso l’uso del cemento armato nel sacrario dei “beni culturali” negando il significato stesso di questa parola magica e vitale.

Uno schiaffo mortale, Jorge Luis Borges, in Metamorfosi della tartaruga da Altre inquisizioni scriveva C’e’ un concetto che corrompe ed altera tutti gli altri. Non parlero’ del Male, in cui il limitato impero e’ l’etica; parlo dell’infinito.

Poi nel messinese l’infinito della politica crea i consulenti del fango a bolla d’aria, si e’ l’aria che se ben confezionata galleggia sicuramente sul fango e resta sempre indenne ad auto proteggersi con affermazioni unilaterali che non hanno contraddittorio, tutto va bene, l’emergenza crea ricchezza e i morti sono morti e non se ne parli piu’.

Achille Baratta