A quasi cento anni dal sisma del 1908, di grandi terremoti della Sicilia si parlerà oggi nel corso di un incontro previsto per le 17 alla caserma Ainis, sede del 24° reggimento artiglieria “Peloritani.
All’importante appuntamento sarà presente Domenico Macaluso, Ispettore Onorario dell’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Sicilia, che terrà una conferenza sul tema “L’Isola Ferdinandea e la scoperta del vulcano Empedocle. I grandi terremoti in Sicilia nel centenario del terremoto del 1908-.
Una tematica importante quella che sarà affrontata nel pomeriggio, della quale Macaluso ci ha parlato con la passione che contraddistingue la sua attività
“Inizieremo a sviscerare l’argomento partendo proprio dalla scoperta del grosso edificio vulcanico, denominato Empedocle, responsabile, nel corso degli anni, di singolari sconvolgimenti geologici.
Questo, infatti, ha dato luogo ad eruzioni e formazioni di isole, come quella Ferdinandea, della quale parleremo a lungo-.
– Quella dell’isola Ferdinandea è una storia singolare. Ce la vuole ricordare?
“Nel 1831, a largo delle coste di Sciacca, in seguito ad una scossa tellurica, il vulcano sottomarino aprì la sua bocca eruttando scorie e lapilli, formando una piccola isola di circa quattro chilometri di circonferenza e sessanta metri d’altezza, la quale suscitò subito l’interesse dei Borboni (che in quel periodo erano i regnanti nelle due Sicilie), nonché di alcune potenze straniere, che nei mari cercavano punti strategici per gli approdi delle loro flotte, sia mercantili che militari. Il suo nome si deve al fatto che il re Ferdinando II, constatando l’interesse internazionale che l’isoletta aveva suscitato, inviò sul posto un suo delegato per piantare la bandiera borbonica. L’isola fu battezzata -Ferdinandea- in onore del sovrano.
L’isoletta, però, essendo composta prevalentemente da materiale eruttivo facilmente erodibile dalle onde, si inabissò dopo soli cinque mesi dalla sua comparsa, “beffando- tutti coloro che avevano pensato di impossessarsene-.
– Torniamo al vulcano Empedocle. Cosa ha significato la sua scoperta?
“Prima si riteneva che questo, come altri vulcani, fosse isolato, mentre adesso si è compreso che le numerose eruzioni sottomarine, ma soprattutto i relativi crateri identificati in questa area, altro non sono che coni eruttivi accessori di un unico complesso vulcanico, dal quale, con probabilità si generarono i terremoti storici della Sicilia, da quello del 305 a.C. che rase al suolo i templi di Agrigento, a quello devastante che colpì Messina nel 1783, all’ultimo del 1908-.
– La sua attività ricognitiva dei fondali marini si svolge prevalentemente nel Canale di Sicilia, ma nello Stretto come si è modificata la geofisica?
“Ci sono studi molto attenti in merito; ho avuto più volte modo di parlare con il Gianni Lanzafame dell’l’I.N.G.V. di Catania che studia i movimenti che avvengono nelle acque dello Stretto. Certamente il fenomeno nei secoli passati è stato talmente imponente da indurre, nel corso del sisma del 1908, addirittura un innalzamento della costa calabra e, così come affermato dagli ematologi di Sciacca, ad una modifica del dna dei messinesi, ma se la domanda è relativa alla possibilità che si ripeta un evento del genere, possiamo dire che il sisma del secolo scorso ha rappresentato la fase conclusiva di un fenomeno cominciato nel 1884 e che in soli 24 anni provocò ottantamila vittime.
Quella fase è, dunque, terminata ma…se ci saranno o meno altri terremoti devastanti lo sa solo Dio-.