Da sempre, il vento, è uno dei fenomeni atmosferici più imponenti, e a volte devastanti, per l’uomo.

Hanno origini mitologiche, infatti, i racconti e le leggende sulla furia dei venti che devasta tutto ciò che trova sulla propria strada.

Altr volte, però, proprio grazie alle brezze, il caldo estivo viene mitigato, e quindi il vento è piacevole e ben considerato.

Ma da che cosa è causato, come si origina, e perché soffia in una determinata direzione e non in un’altra ? Scopriamolo insieme …

I venti sono causati dagli spostamenti dell’aria e si muovono nella direzione del gradiente barico, cioè dal rapporto tra la differenza di pressione che c’è tra due punti del pianeta e la distanza che li separa.

Tanto più è elevata la differenza di pressione tra questi due punti, tanto più forte è il vento: infatti sui modelli meteorologici è proprio la vicinanza tra le isobare a far capire che tipo di velocità del vento ci potrà essere.

La direzione del vento, in teoria, dovrebbe essere sempre diretta verso il centro di bassa pressione, ma in realtà questo non avviene perché proprio la direzione è influenzata dagli ostacoli naturali, orografici e morfologici, e dalla forza di Coriolis.

Identifichiamo i venti, solitamente, in base alla direzione da cui provengono: nella Rosa dei Venti a corredo dell’articolo è possibile notare appunto la corrispondenza di un determinato vento con ogni direzione.

Il vento di Nord è quello di tramontana, Nord/Est è grecale, Est è levante, Sud/Est è scirocco, Sud è austro, Sud/Ovest è libeccio, Ovest è ponente, Nord/Ovest è maestrale.

E’ importante poi, in ogni situazione, determinare il tipo di componente per capire se un Nord/Ovest è in realtà più Nord o più Ovest e per questo le migliori misurazioni dei venti sono fatte in gradi, da 0 a 360.

Possiamo inoltre classificare i venti in altre categorie in base alla loro frequenza: sono detti costanti quando tendono a soffiare per lunghi periodi di tempo nella stessa direzione (ad. es. gli alisei), sono detti periodici quando soffiano alternandosi con regolarità in direzioni opposte (ad. es. i monsoni ), e si possono anche chiamare variabili tutti gli altri venti che non possono essere inseriti nelle due categorie.

Una classificazione ulteriore e, bisogna dirlo, abbastanza recente, considera anche i venti in base ai volumi d’aria interessati dal fenomeno, in 4 categorie: i movimenti su grande scala (venti planetari) sono quelli che abbracciano i movimenti d’aria più ampi e che interessano vaste regioni del globo; i movimenti su media scala (perturbazioni cicloniche) sono quei venti generati dallo scontro di grandi fronti caldi e freddi; i movimenti su piccola scala (venti locali) interessano aree geografiche limitate, e infine i movimenti su scala minima (turbolenze atmosferiche) sono i venti che agiscono su piccolissime porzioni di territorio.

I venti sono quei movimenti (sia ascendenti che discendenti) che, all’interno della troposfera, compongono la circolazione atmosferica generale.

A livello microclimatico, sono proprio i venti locali che hanno un’importanza fondamentale nel determinare le precipitazioni.

I venti locali, infatti, sono dovuti principalmente alle interferenze della morfologia del territorio sui venti a larga ed a media scala, sono venti variabili che dipendono dalle condizioni bariche di una determinata zona e sono fondamentali nella distribuzione delle precipitazioni poiché causano i fenomeni di stau e fohn, addossando precipitazioni e nubi su una determinata dorsale, dando vita a caldi venti di caduta sull’altra parte del rilievo.

I venti locali comunque non sono determinati solamente dalle interferenze orografiche: anche le forti escursioni termiche possono determinare i venti locali, che per questo sono spesso imprevedibili e affascinanti.

In Francia e in Costa Azzurra, il maestrale è noto per aver raggiunto velocità superiore agli 80 nodi. Negli U.S.A. e in Canada, il chinook è un vento caldo che soffia a raffiche lungo i versanti orientali delle Montagne Rocciose. In California, il rovente e spesso carico di polvere “santa ana- porta il deserto sulla costa, scatenando numerosi incendi devastanti.

In Italia per fortuna non abbiamo fenomeni così estremi dovuti ai venti forti che, comunque, sono fondamentali nel nostro paese, molto impervio e pieno di rilievi, per determinare gli apporti pluviometrici al suolo.

Proprio i venti locali, nel nostro Paese, causano i differenti regimi pluviometrici. Infatti le zone più piovose d’Italia sono quelle Tirreniche proprio perché i venti soffiano solitamente in modo prevalente da ovest verso est, dall’Atlantico verso l’Europa Orientale, dal Mediterraneo Occidentale verso i Balcani, infatti i venti più frequenti in Italia sono Maestrale e Ponente.

I venti in quota si differenziano in questo dai venti al suolo: un’ulteriore classificazione dei venti si può fare in base alla loro altitudine, all’interno della troposfera.

I venti in quota sono quelli che non hanno ostacoli morfologici o interferenze di escursioni termiche, e che quindi soffiano solo in base al gradiente termico ed alla forza di Coriolis, verso il nucleo di bassa pressione. Sono quelli che determinano lo spostamento delle nubi.

I venti al suolo, invece, sono determinati da fattori locali e possono essere differenti da quelli in quota: in alcuni casi si possono creare delle turbolenze che danno vita a fenomeno vorticosi, a contrasti ed fenomeni violenti, ma in Italia questo è abbastanza raro.

Sono proprio i venti al suolo a determinare le zone in cui le precipitazioni colpiscono in modo particolare: molto spesso infatti le precipitazioni abbondanti colpiscono le Regioni Tirreniche ( Toscana, Lazio e Campania, ad esempio) con venti di ovest – sud/ovest al suolo, eppure le nubi arrivano da Nord o da Nord/Est in base alla rotazione ciclonica.

Così può capitare molto spesso che un osservatore vede, guardando il cielo, le nubi che arrivano da una determinata direzione, mentre in realtà al suolo il vento soffia completamente da un’altra parte: quest’ultimo è decisivo sulla determinazione dei fenomeni precipitativi, mentre il primo è decisivo sulla direzione e il movimento delle nubi in quota.