Nelle intenzioni di Comune e Autorità Portuale, è la soluzione a tutti i mali, presenti e futuri, la risposta ai continui insabbiamenti, l’unico modo per fronteggiare l’emergenza tir. L’ampliamento dovrà trasformare il porto di Tremestieri da enorme fonte di problemi in enorme fonte di benessere e sviluppo commerciale. Pensarlo nel momento in cui l’approdo è rimasto chiuso per 120 giorni negli ultimi 145 potrebbe sembrare folle, ed è opinione di molti. Non della Coedmar, l’azienda di Chioggia, nel veneziano, che si è aggiudicata l’appalto e adesso vuole certezze sui tempi. Si è presentata a palazzo Zanca con una quindicina di suoi rappresentanti, in testa l’amministratore Albino Boscolo, ed ha incontrato il sindaco Renato Accorinti, il segretario Antonio Le Donne, l’assessore Sergio De Cola e la capo di gabinetto Silvana Mondello. Alla riunione erano presenti anche la direttrice dei lavori, del Provveditorato Opere Pubbliche, Carla Macaione, uno dei dirigenti dell’Autorità Portuale, Ettore Gentile, ed il segretario della stessa, Francesco Di Sarcina.
La società veneziana, specializzata nella costruzione di porti, ha illustrato il modo in cui verrà affrontata la problematica del trasporto solido ed ha convinto tutti con un progetto, già studiato e verificato, che entro dieci giorni diventerà definitivo, adeguato alle prescrizioni della Valutazione d’impatto ambientale. Una volta presentato il progetto definitivo, l’ovvia domanda conseguente è: quando inizieranno i lavori? Una domanda alla quale deve rispondere il Comune, che adesso ha totalmente la palla in mano. Il sindaco Accorinti punta ancora sui poteri speciali e ha ricordato che il sottosegretario Del Rio li ha promessi. Il problema è che il tempo passa e non arrivano buone nuove, soprattutto sul fronte dei finanziamenti e del mutuo da 35 milioni con la Banca Dexia. Il segretario Le Donne ha chiesto un mese di tempo per capire se è possibile arrivare ad un accordo o se sarà lite. In quest’ultimo caso sarebbero dolori e il fatto che la banca franco-belga non abbia ancora risposto non è di buon auspicio. Non solo. Gli unici fondi certi sono i 15 milioni dell’Autorità Portuale, mentre bisognerà spingere sul piano politico per ottenere i 20 milioni previsti dalla Regione e non si hanno notizie dei 10 milioni stanziati dal Cipe.
Entro il mese di maggio, l’idea è quella di presentare il progetto alla città, dimostrandone i benefici, con la speranza di avere contemporaneamente i finanziamenti a disposizione o, almeno, di avere la certezza che arriveranno secondo scadenze temporali definite. Buone notizie sono attese anche sul fronte dei poteri speciali, la cui attribuzione non è indispensabile ma servirebbe a facilitare il percorso in modo enorme, velocizzando i tempi per l’approvazione del progetto e la firma del contratto.
Se, invece, non dovessero arrivare novità neppure a fine maggio, non è detto che l’impresa pazienterà ancora e potrebbe persino scattare un contenzioso, con conseguenti guai seri.
Il riferimento è alle diverse critiche piovute da parte dell’assessore alle risorse del mare, Sebastiano Pino, che aveva lamentato i ritardi sugli studi, poi spinto sull’installazione di un impianto di dragaggio fisso e infine caldeggiato l’acquisto di una draga. Già nei giorni scorsi l’Authority aveva spiegato i motivi per cui lo studio dell’area è stato affidato solo adesso al Dhi (vedi correlati), adesso Di Sarcina risponde anche sulle altre due questioni. “I problemi non sono così semplici da risolvere come forse potrebbe sembrare – dichiara –. Nessuna delle soluzioni proposte è valida, era chiaro sin da subito ma abbiamo comunque voluto approfondirle. Gli unici due casi di impianti di dragaggio fisso sono stati realizzati nei porti di Rimini e Riccione, dove comunque c’è una sabbia fine e non la ghiaia che si trova nelle nostre acque. Ho contattato le società Portoverde e Geat, che hanno adoperato questi impianti, e mi hanno raccomandato di starne alla larga. Anzi lì sono stati smontati perché non funzionano. Tra l’altro, hanno un costo di 2 milioni oltre a quelli ancora più alti per la manutenzione, visto che devono restare accesi h 24 per evitare il rischio che la sabbia si sedimenti. Per non parlare dei costi per l’acquisto di una draga, altro che quelli per i dragaggi, a parte il fatto che, per legge, non si può neppure fare”.
(Marco Ipsale)