I ballottaggi di Milazzo e Barcellona si sono conclusi con una serie di messaggi e di riflessioni. La Sicilia, con le vittorie a Gela ed Augusta del M5S e la sconfitta ad Enna di Crisafulli ha mandato la sua buona parte di messaggi a Renzi. In provincia di Messina Milazzo e Barcellona consegnano due realtà politicamente diverse ma messaggi simili tra loro. Il più “corposo” di tutti è che un Pd unito vince, un Pd dilaniato da lotte intestine e scontri per il potere, perde. Ma le urne consegnano anche una realtà politica in continua evoluzione che fa traballare vecchi equilibri e consolidati orticelli.
Chi ha vinto e chi ha perso: ha perso il Pd diviso, ha vinto il Pd unito, hanno perso D’Alia e Rinaldi, ha vinto Picciolo, hanno perso i sindaci uscenti, Collica e Pino, ed infine ha perso la politica perché l’astensionismo è ancora un dato allarmante.
1)Il primo dato: i sindaci uscenti, Carmelo Pino e Maria Teresa Collica sono stati bocciati dai cittadini. Entrambe le amministrazioni evidentemente non hanno realizzato i risultati auspicati dai cittadini. Eppure la giunta Pino ha portato Milazzo fuori dal dissesto in meno di 3 anni e la giunta Collica era quella della “primavera” sulla quale tutti, sia a Barcellona che fuori, avevano riposto le speranze di un cambiamento di rotta. Invece sono stati gli stessi elettori a bocciare entrambe le amministrazioni, peraltro con un risultato netto. Materia con il suo 56,4% ha superato di oltre 13 punti Maria Teresa Collica e Formica a Milazzo ha battuto con il 62,17% l’uscente Carmelo Pino, con un divario di 25 punti e nonostante l’uscente fosse sostenuto dalle truppe di Rinaldi e di D’Alia intervenuto al secondo turno. La stessa Barcellona che 2 anni e mezzo fa aveva incoronato “sola contro tutti” la Collica affidandole la guida della cittadina, adesso le ha voltato le spalle, in un certo senso “confermando” quel voto di sfiducia che ha votato l’Aula due mesi fa.
2) Il Pd- I risultati di Milazzo e Barcellona sono speculari ed i messaggi vanno tutti indirizzati al Pd. Là dove il partito, pur dopo un inizio travagliato, si è ricompattato tra le varie aree, come avvenuto a Milazzo, il risultato è stato raggiunto. A Barcellona invece, con un Pd già diviso al momento della mozione di sfiducia e subito dopo letteralmente sfaldato in tanti rivoli, il candidato ufficiale Turrisi non ha superato il primo turno. La stessa scelta di un candidato non tesserato, vista come una “fuga” dalla responsabilità, ha comportato il primo strappo con i Democratici riformisti di Picciolo che hanno uscito dal cilindro il nome di Materia portandolo alla vittoria. Mentre il Pd ufficiale sosteneva Turrisi, i renziani e l’area riformista erano con la Collica ed una terza parte con Munafò. Risultato: Pd fuori dal ballottaggio, uno striminzito 7% alla lista ed un solo consigliere eletto.
3) Picciolo- Chi ha già vinto al primo turno ed ha stravinto al ballottaggio è il gruppo Picciolo, portando entrambi i suoi candidati alla vittoria sia a Milazzo che a Barcellona, risultando determinante nei numeri e mandando chiari messaggi alla leadership del Pd: da Rinaldi a Laccoto e Panarello. Nel primo caso, Milazzo, le percentuali delle liste ed i 4 consiglieri portati a casa dai Dr la dicono lunga sul peso del gruppo che ha anche comportato il sostegno delle truppe di Nino Germanà (che ha incassato 3 consiglieri). Lo scontro con l’area genovesiana ha comportato la vittoria degli “anti”. A Barcellona lo strappo dei Dr con il Pd ancora impantanato tra divisioni e nomi ha portato alla candidatura di Roberto Materia, voluto proprio dai Democratici riformisti e schierato con una coalizione trasversale e la “strana coppia” Beppe Picciolo- Santi Formica,(Dr-Forza Italia. Il Pd a Barcellona ha registrato un solo consigliere, diventati 2 solo per i “residui” dell’assegnazione dei seggi con il premio di maggioranza. Il presidente regionale del Patto dei riformisti non ha sbagliato un colpo, ha riempito tutte le caselle ed ha appena spedito un messaggio nella bottiglia al Pd….
4)D’Alia, Rinaldi- L’Udc non è più l’ago della bilancia, si è presentato sfilacciato a Barcellona e senza simbolo ufficiale nè lista. Scelta diversa a Milazzo, dove al primo turno il sostegno è andato a Carmelo Formica ed al ballottaggio a Carmelo Pino. D’Alia ha lanciato frecciate ai rivali parlando di “vecchi poteri”, scordando dove sono state le truppe democristiane negli ultimi 20 anni. D'Alia ha scelto di puntare tutto sulla ricostruzione dell'Udc a Milazzo, portando comunque a casa 3 consiglieri non di "vecchia data" il più giovane dei quali ha 30 anni e Maria Magliarditi, la più votata della lista, ne ha 32. Ed è da questo dato che intende ricostruire il partito nel milazzese, ribadendo la scelta di non essersi voluto schierare in quell'ampia coalizione Formichiana che ha visto dentro un pò di tutto. Tra chi ha perso, nel Pd, c’è anche Franco Rinaldi che ha preso le redini dell’area genovesiana puntando tutte le sue carte su Carmelo Pino. Soprattutto a lui Picciolo ha mandato il messaggio nella bottiglia destinata via posta ai vertici di un Pd dello Stretto rimasto ibernato senza possibilità di "scongelamento".
5) Molti ritengono che la sconfitta della Collica potrebbe avere ripercussioni anche a Messina. Il caso, per la verità rarissimo, di un Consiglio comunale che presenta la mozione di sfiducia a 2 anni e mezzo dall’elezione, perdendo quindi la poltrona insieme al sindaco, è sembrato a tanti un banco di prova per “tastare il terreno” su possibili repliche a Messina nei confronti di Accorinti. Difficile al momento dire in che termini e in che tempi questo possa accadere, certo la sconfitta della Collica suona come un campanello d’allarme per la giunta Accorinti soprattutto alla luce dei numeri. A dire no al sindaco della primavera infatti il 14 e 15 giugno non sono stati i consiglieri d’opposizione ma i barcellonesi che le hanno preferito un politico di lungo corso ed una stranissima coalizione-laboratorio. Resta da capire cosa intenderanno fare i partiti in riva allo Stretto proprio tenendo conto di questi risultati che registra perdenti e astri nascenti. Nel mezzo, al di là di una mozione di sfiducia che non è detto appassioni i 40 consiglieri di Palazzo Zanca,che potrebbero non “immolarsi” come i colleghi di Barcellona, c'è anche il verdetto sul Piano di riequilibrio bis, sia da parte del Ministero che successivamente della Corte dei conti.
Rosaria Brancato