Il 60% di messinesi che non hanno votato al ballottaggio e le oltre 4mila schede nulle e bianche rappresentano un’ampia fascia di elettori che non si sono riconosciuti in nessuna delle due candidature, dal momento che entrambe erano candidature di centro destra.
Di errori l’area di centro sinistra nonché il M5S e l’area che fa riferimento ad Accorinti ne hanno fatte tanti. Sicuramente chi più deve riflettere sulle cause della sconfitta è il centro sinistra perché è arrivato ad un soffio dal ballottaggio, a dimostrazione di una vitalità della coalizione, nonostante la situazione nazionale, regionale e locale pregressa, ma che non è bastata.
I 1.800 voti mancati a Saitta per arrivare al ballottaggio sono figli di questi errori e probabilmente c’è un filo conduttore che unisce centro sinistra, M5S e Accorinti, dovuto senza dubbio ad una sottovalutazione dell’avversario e sopravvalutazione delle proprie forze.
In nessuno dei 3 campi politici si è cercato un dialogo con gli altri due per provare una candidatura unitaria, un fronte unico che potesse rappresentare la valida alternativa al centro destra. Si è pescato nello stesso elettorato mentre nel frattempo anche il disgiunto a favore di Cateno De Luca (al primo turno) ha pesato notevolmente.
IL CENTRO-SINISTRA
Anche il centro sinistra, così come il centro destra, ha sopravvalutato l’effetto trascinamento e sottovalutato il voto disgiunto. Delle sei liste presentate solo 3 hanno superato la soglia del 5%, compresa quella del candidato sindaco Antonio Saitta. Unire più liste o potenziare quella del sindaco avrebbe comportato invece una maggiore presenza di consiglieri comunali. La scelta di Saitta come candidato, nome di spessore e di qualità e che rivendica il ruolo dei partiti (in questo caso il Pd) è arrivata troppo tardi rispetto alle altre candidature. Il nome di Saitta peraltro era già dato per scontato sin dalla chiusura delle urne delle Politiche. Il fatto che dopo due mesi di discussioni si sia ritornati alla casella di partenza ha nuociuto sotto il profilo dell’immagine (facendo passare il messaggio “se era già tutto deciso perché perdere tempo?”) che soprattutto sul fattore tempo. Iniziando prima la campagna elettorale si sarebbe recuperato quel margine che è venuto a mancare. Come correttamente osserva il professore Limosani nella sua odierna analisi la candidatura dell’ex pro Rettore è risultata debole sotto il profilo dell’impatto sull’elettorato, nonché “distante” da una serie di ambienti. E’ stata vista come il frutto di decisioni prese da segreterie di partiti, nonché legata ad equilibri interni e troppo caratterizzata dalla cosiddetta corrente accademica. Anche l’elettorato “fidelizzato” del centro sinistra l’ha vissuta come una forzatura, soprattutto dopo due competizioni che hanno visto l’elezione di due esponenti della corrente accademica. La scelta degli assessori designati, ed in particolar modo l’indicazione di Lucy Fenech (fino a quel momento capogruppo di Renato Accorinti sindaco) ha irritato una buona fetta di centro sinistra. Morale della favola il voto disgiunto ha fatto la differenza ed in buona parte è andato verso Cateno De Luca, visto come l’anti-casta e una rivincita “di classe sociale”. Con De Luca sindaco il centro sinistra ha la maggioranza in Aula (13 consiglieri) ma si affilano già i coltelli per la resa dei conti interna al Pd tra le diverse anime (Dem storici e corrente accademica) anche in vista della scelta del Presidente del Consiglio comunale.
ACCORINTI
Il sindaco uscente al primo turno è arrivato quarto, con notevole distacco da De Luca e da Saitta. Un risultato che attesta come in 5 anni, a dispetto delle premesse, non sia riuscito ad “aprire” alla partecipazione ed alla condivisione, senza ampliare la base del consenso. Strada facendo ha perso i suoi elettori della prima ora e neanche gli ultimi due mesi di una frenetica campagna di atti e provvedimenti “last minute” hanno potuto cambiare le cose. I messinesi non hanno visto la rivoluzione annunciata nel 2013. La mancanza di auto critica o di capacità di accettare qualsiasi osservazione ha sicuramente allontanato parte della città all’ormai ex amministrazione. A queste considerazioni vanno ad aggiungersi altri errori, primo tra tutti la presentazione di 3 liste, con la conseguenza che nessuna ha raggiunto la soglia del 5% e l’amministrazione uscente non ha alcun consigliere comunale. Nonostante poi i più vicini a lui avessero suggerito un “cambio” di candidatura, puntando sull’ex vicesindaco Cacciola o avviando un dialogo con i 5stelle, Accorinti e i fedelissimi hanno tirato dritto. Cambiamo Messina dal basso continuerà un percorso già avviato, ma non è affatto detto che il leader sia l’ex sindaco. Indietro non si torna era già “evaporata” con il passare degli anni e con ogni probabilità seguirà altri percorsi.
M5S
Il movimento ha fatto l’errore opposto rispetto agli altri: ha presentato una sola lista contando sull’effetto simbolo. In realtà le elezioni comunali sono di gran lunga diverse dalle Politiche e l’ aver limitato ad una il numero di liste ha sicuramente nuociuto ai pentastellati, come ammesso dagli stessi leader del partito. Ha sottovalutato De Luca, facendosi sfidare nel proprio terreno, anzi in tutti e 3 i terreni del M5S: la protesta, i social e il territorio. Rispetto a Gaetano Sciacca inoltre Cateno De Luca ha iniziato la campagna elettorale un anno prima e il dirigente dell’ispettorato del lavoro non è riuscito a colmare il gap.
A urne chiuse c’è quindi un dato di fatto: un’intera fascia di elettorato messinese, quello di centro sinistra è rimasto “fuori” dal ballottaggio trovandosi quindi il 24 giugno a non vedersi rappresentato in nessuna delle due candidature. Questo è un punto d’inizio per una riflessione che deve essere critica e senza sconti né alibi. Né il fatto che ci sia una maggioranza numerica in Aula deve far dormire sogni tranquilli al centro sinistra, perché spesso in Consiglio comunale, i numeri non corrispondono affatto ai comportamenti. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Rosaria Brancato